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I ROM SPESSO DIMENTICATI NELLA SCUOLA

da | 5 Dic 2023 | Materiali, Webpress

di Marica Fantauzzi da editorialeDOMANI.IT

La dispersione scolastica in Italia è da capogiro (oltre11% risulta l’abbandono dopo la 3^media): i giovani lasciano la scuola, o la frequentano in modo irregolare, anche per motivi socio-economici. Povertà della famiglia o del territorio di origine, differenze culturali o di genere, incertezza delle prospettive occupazionali, scarsa efficacia dell’istruzione ricevuta in passato sono solo alcuni esempi. i giovani lasciano la scuola, o la frequentano in modo irregolare, anche per motivi socio-economici. Povertà della famiglia o del territorio di origine, differenze culturali o di genere, incertezza delle prospettive occupazionali, scarsa efficacia dell’istruzione ricevuta in passato sono solo alcuni esempi.
La condizione – per scelta o meno – di assoluta precarità economica e abitativa dei Rom fanno della frequenza scolastica un optional sia in Italia che in Europa. Riportiamo qui di seguito uno stralcio dell’articolo dal quotidiano “Domani” che ne da conto. G.Z.

I ROM SPESSO DIMENTICATI NELLA SCUOLA
La discriminazione dei bambini rom nel Sud Italia è uno scandalo inimmaginabile che non ha documentazione. L’Unione europea ha denunciato questo genere di discriminazione nei confronti degli studenti rom, ma in Italia la situazione – soprattutto in Calabria – non ha ricevuto alcuna attenzione da parte delle istituzioni

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B., nato a Roma e cresciuto nel campo monoetnico di Candoni, aveva 17 anni quando vide per la prima volta un documentario su un prete («anche se a me non me pareva tanto prete», insisteva B.) che aveva aperto, a fine anni ’60, nella periferia della capitale una scuola per alcuni ragazzi baraccati. Quel prete che non sembrava un prete era Don Roberto Sardelli e il documentario che B. guardava con inusuale curiosità era “Non tacere”, che raccontava l’esperienza della Scuola 725 all’Acquedotto Felice.

Secondo B. era normale che realizzassero un documentario su quella storia, perché quei baraccati erano romani ed era ovvio che non dovessero vivere lì, in quelle condizioni. Per cui, proseguiva B. con consueta serenità, «il caso nostro è diverso per tre ragioni: 1) noi siamo zingari; 2) a scuola prima o poi loro ci vanno; 3) le nostre baracche so’ fatte meglio». B. era solito concludere ogni discorso con una risata fragorosa che finiva per confondere l’interlocutore: quanto di quello che diceva era vero?

A distanza di anni penso che il punto non fosse capire quanto B. credesse in quei tre punti, ma quanto ci credessero le persone e i luoghi attorno a lui.

Quand’è che la diseguaglianza meriterebbe un documentario? Quand’è, insomma, che la diseguaglianza diventa scandalosa? Secondo B. l’attenzione attorno a una forma specifica di discriminazione, quella che per esempio viveva lui, era condizionata dal fatto che la sua esistenza non sarebbe mai stata considerata assimilabile a quella di un ragazzino romano gagé (non rom). Quella che poteva indurre la sua condizione, insomma, era al massimo un’attenzione intermittente e tutto sommato mediocre.

Lo scorso ottobre il Parlamento Europeo ha votato una risoluzione in cui si afferma che negli Stati europei «la segregazione nel settore dell’istruzione assume forme diverse, tra cui la frequentazione da parte di un numero sproporzionato di bambini rom di scuole speciali per bambini con disabilità intellettive, la presenza di classi o sezioni segregate per gli alunni rom all’interno di scuole ordinarie miste e la prevalenza di scuole-ghetto».

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Pubblicato da: Cobas Veneto

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