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SCUOLA: La trasformazione è in atto da tempo

da | 13 Gen 2025 | Cesp, Discussione, Materiali, Primo piano

di Gianluca Coeli*

Questo testo non intende riprendere analisi approfondite sulle politiche globali e locali che da decenni investono il mondo dell’istruzione. Molti studiosi e attivisti hanno già investigato l’intreccio tra le elaborazioni teoriche degli economisti neoliberisti (Friedman e scuola di Chicago e, prima di loro, von Hayek e von Mises), le proposte di organismi internazionali come WTO e UNESCO e le politiche dell’UE e di singoli stati (Italia compresa) in materia educativa. In sintesi, le trasformazioni della scuola pubblica possono essere riassunte in questi punti: (a) istruzione pubblica come mercato da inondare di prodotti tecnologici per la didattica, (b) luogo privilegiato dove costruire la soggettività necessaria al nuovo mercato del lavoro e alla nuova società e (c) ambito dove sperimentare la trasformazione del pubblico in privato.
Per comprendere come questo processo si declini concretamente, intraprendiamo un breve viaggio dentro gli spazi e la vita quotidiana di un istituto tecnico, dove la sperimentazione neoliberale è più avanzata.

La formazione dei docenti: consumatori di merci educative e addestratori di competenze
Dal 2015, i docenti sono obbligati a seguire attività formative. Dopo la pandemia COVID-19, ingenti fondi pubblici sono stati destinati alla formazione. Il Ministero dell’Istruzione ha creato la piattaforma Scuola Futura, che offre corsi di formazione online e in presenza.
La piattaforma è pubblica, per cui i corsi sono visibili a chiunque, mentre l’iscrizione è consentita solo ai docenti. Andiamo a guardare l’elenco dei corsi e soffermiamoci, ad esempio, su un percorso formativo dal titolo accattivante: METALEARNING Education. Modelli di didattica innovativi: esempi applicativi[1]. Il nome generale del ciclo formativo rivela l’orientamento della formazione verso il meta-learning ovvero imparare ad imparare, una delle competenze chiave globali. Apprendere ad apprendere, ovviamente, è un aspetto importante del complesso processo di apprendimento di una persona, ma lo è se non viene separato dai contenuti. Questo approccio sposta l’attenzione dal contenuto alla forma, concentrandosi sulle strategie di apprendimento cognitivo dello studente. Per questo, come afferma Moos nel suo saggio Neo-liberal Governance Leads Education and Educational Leadership Astray[2], non servono più i libri di testo. E, al limite, non serve neanche più l’insegnante.
Il corso specifico, Modelli di didattica innovativa, si focalizza su tecnologie digitali e metodologie, includendo temi come Learning Management System, hackathon, gamification e piattaforme basate sull’intelligenza artificiale. L’enfasi sugli strumenti tecnologici, sulle metodologie aziendali come l’hackathon e l’uso di linguaggio imprenditoriale (recruitment) esplicitano una chiara impronta neoliberale.

La didattica: il supermercato, il mercato del lavoro e l’imprenditore di se stesso
Negli istituti tecnici, si assiste a una trasformazione significativa della didattica. Le discipline tradizionali cedono ore a formatori esterni, spesso dipendenti di aziende private, per attività finalizzate all’acquisizione di competenze di base. Questa modifica, chiamata curvatura (“flessibilità nell’adeguamento dell’offerta formativa” è scritto all’art. 26 del DL n. 144)[3], riflette un cambiamento nell’impianto pedagogico della scuola verso una didattica delle competenze orientata alle necessità del nuovo mercato del lavoro.
Le competenze chiave promosse dall’UE includono: competenza alfabetica funzionale, multilinguistica, matematica e in scienze/tecnologie/ingegneria, digitale, personale/sociale e capacità di imparare a imparare, in materia di cittadinanza, imprenditoriale, e in materia di consapevolezza ed espressione culturali. Analizzando alcune competenze chiave (imprenditoriale, personale, sociale e la capacità di imparare a imparare) alla luce della Raccomandazione del Consiglio dell’UE del 28 maggio 2018, emerge l’intento di orientare l’istruzione verso un obiettivo specifico. Come evidenziato da ricercatori come Consoli e Ciccarelli, il sistema educativo non solo mira a fornire competenze essenziali per un mercato del lavoro precario e in rapida evoluzione, che richiede conoscenze minime e abilità di base, ma anche a formare individui come imprenditori di se stessi, promuovendo una visione di sé come capitale umano. Questo approccio enfatizza anche l’acquisizione di competenze emotive, quali resilienza, adattabilità e empowerment.
L’alternanza scuola-lavoro, ora Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento (PCTO), presenta una drammaticità che gli studenti del triennio conoscono bene. Nel 2022, tre giovani (Giuliano De Seta, Lorenzo Parrelli e Giuseppe Lenoci) sono morti in incidenti sul lavoro durante questa “formazione”, mentre i casi non mortali sono stati 641 (dati dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza). Negli istituti tecnici, le 150 ore di PCTO, descritte come formative, spesso si riducono a lavoro gratuito, sottraendo tempo ad altre discipline (come la storia) che potrebbero promuovere una critica consapevole alla società invece di un adattamento passivo al mercato del lavoro.
La scuola si è trasformata in un vero e proprio supermercato dell’educazione, con l’acquisto di dispositivi digitali, piattaforme di e-learning e altri strumenti tecnologici. L’ampio uso di piattaforme come Google Classroom e Microsoft Teams solleva preoccupazioni sulla privacy e sull’estrazione di dati personali.
Infine, l’orientamento scolastico, guidato da docenti formati come tutor, si concentra sulla costruzione di un portfolio delle competenze degli studenti, finalizzato a indirizzarli verso settori lavorativi specifici, rafforzando ulteriormente il legame tra istruzione pubblica e impresa.
Riassumendo: le studentesse e gli studenti sono visti dalla governance educativa neoliberale che riforma i sistemi educativi come individui isolati dai quali può essere estratta ricchezza facendogli consumare prodotti educativi ma soprattutto facendoli vivere in maniera attiva (cioé creativa, coinvolta, ma non critica) come soggetti-imprenditori dentro le regole dell’economia della promessa contemporanea (Bascetta)[4].

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Pubblicato da: Cesp Veneto

Centro studi per la Scuola Pubblica

Via Monsignor Fortin 44 – Padova

Il CESP, Centro Studi per la Scuola Pubblica di Padova, è nato nel luglio del 2004. In questi anni, oltre a promuovere dibattiti, presentazioni di libri, rassegne cinematografiche e spettacoli teatrali inerenti al mondo dell’istruzione, ha sviluppato decine di convegni sul territorio.

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