E’ risaputo che il cinema è la fabbrica dei sogni: di come nello scuro della sala ciascun3 – più o meno – si cala nella parte e diventa coprotagonista della storia che scorre sullo schermo.
Su questo si sono scritti montagne di saggi e un mare di libri, compreso su quanto i messaggi subliminari, sperimentati in svariate pellicole, siano in grado di influenzare le scelte degli umani che li hanno inconsciamente ricevuti.
Altrettanto si può affermere sul mezzo telivisivo e sulle trasmissioni da esso propalate. Si può tranquillamente affermare – senza scomodare illustri3 semiolog3 e semiotic3 – che i “media” plasmano l’umanità ad immagine e somiglianza di chi ne governa i contenuti (e li possiede).
Quanto importante siano le produzioni, la diffusione, il controllo, la critica, la destrutturazione dei contenuti, di quello che ci viene propinato quotidianamente e che noi acconsentiamo ci venga inoculato, viene da se. E quanto infinitamente debole sia la capacità/possibilità degli insegnant3 (e in generale della scuola) di trasmettere strumentie valori diversi o divergenti da quelli dei “media” è un corollario evidente.
Ovviamente nel flusso ormai perpetuo di trasmissioni di messaggi – con tutti vari “media” – se ne insinuano alcuni perturbanti la monotonia del rumore di fondo: sono quelli in cui noi, che ci consideriamo esenti dalla modificazione indotta, ci riconosciamo e, quindi, siamo sospinti a considerare che in fondo si trasmette (e se si cerca) anche qualcosa di buono: c’è qualcosa da salvare.
Come lo può essere “Squid Game”, come lo è stato il “Bella ciao” della pluriserie “La Casa di Carta”, dove i nostri eroi ce l’hanno fatta in barba al dominio dei potenti. Come queste anche molte altre serie, nonchè molti, molti film …..
ma un dubbio feroce e atroce presto ci attanaglia: non è che così facedo pasturano la nostra passività ed impotenza verso tutto quello che ci sta accadendo?!? Ridott3 a spettator3 pagant3 e appagat3..
Postiamo qui di seguito uno stralcio di una recensione di Mario Sesti (MicroMegaa.net) e di un’analisi di Salvatore Cingari (roars.it)
“Però è vero che in questa serie, dominata da colori, tessuti e design dall’aria tarocca asiatica, la sindrome da reality a eliminazione (il virus che ha infettato la televisione dal Grande Fratello in poi), è portata a una brutalità simbolica che si fonde in modo piuttosto geniale con la rabbia del conflitto di classe e l’odio per il capitalismo predatorio (come viene chiamato in inglese) che agita un pianeta di condizioni sempre più ineguali.”
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“La vita sociale diventa quindi il teatro di una spasmodica corsa alla perfor-
mance: una società della prestazione (Chicchi-Simone 2017) i cui tratti erano
stati anticipati e denunciati da Herbert Marcuse in Eros e civiltà (1955) e oggi
tornano di grande attualità con gli studi sulle conseguenze psico-patologiche
del dilagare di misurazioni e valutazioni con cui le persone sono chiamate a
svolgere un perenne rendiconto di se stesse (Dardot e Laval 2013).”
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