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Scuola, Italia deferita alla Corte Ue

da | 4 Ott 2024 | Autodifesa, Cobas Scuola, Senza categoria, Webpress

dal corriere.it + ilmanifesto.it

* La Commissione europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia Ue perché non ha posto fine all’utilizzo abusivo di contratti a tempo determinato e a condizioni di lavoro discriminatorie. Bruxelles ritiene che l’Italia non disponga delle norme necessarie per vietare la discriminazione in relazione alle condizioni di lavoro e l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato. Secondo la Commissione, la legislazione italiana che determina la retribuzione dei docenti a tempo determinato nelle scuole pubbliche «non prevede una progressione salariale incrementale basata sui precedenti periodi di servizio. Ciò costituisce una discriminazione rispetto ai docenti assunti a tempo indeterminato, che hanno invece diritto a tale progressione salariale». 

Inoltre, contrariamente al diritto Ue, l’Italia non ha adottato provvedimenti efficaci per prevenire l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato ai danni del personale amministrativo, tecnico e ausiliario nelle scuole pubbliche. Ciò configura una violazione del diritto europeo in materia di lavoro a tempo determinato. La Commissione ritiene che gli sforzi profusi finora dalle autorità siano stati «insufficienti».

Il ricorso in Corte di Giustizia è l’ultimo passaggio di una procedura di infrazione che la Commissione aveva avviato, con l’invio di una lettera di costituzione in mora alle autorità italiane, nel luglio 2019. Una seconda lettera di messa in mora era stata inviata dalla Commissione nel dicembre 2020, seguita da un parere motivato (secondo stadio della procedura d’infrazione) nell’aprile 2023. La decisione di oggi di deferire il caso alla Corte di giustizia dell’Ue, spiega la Commissione, «dà seguito ai rilievi formulati nel parere motivato, in quanto la risposta dell’Italia non ha risolto in misura sufficiente le preoccupazioni della Commissione», che riguardavano la mancanza di misure efficaci per sanzionare e compensare l’abuso dei contratti a tempo determinato e la discriminazione dei lavoratori a tempo determinato non solo nella scuola ma anche in altri ambiti del settore pubblico.

IL PUNGOLO

** Alessio Giaccone è il docente risultato idoneo nella graduatoria relativa al concorso tenutosi nel 2020. Ad agosto scorso ha scritto alla Ue per chiedere quale fosse la ratio alla base della decisione di bandire nuovi concorsi, dato che ci sono almeno 30mila precari idonei, in graduatorie pregresse e in attesa di assunzione. E la Commissione ha risposto.

Cosa le hanno scritto?
Mi ha informato che il Pnrr prevede l’adozione di una riforma progressiva del processo di selezione e qualificazione e che questa riforma andrà nella direzione di ridurre la portata dell’uso di contratti a tempo determinato nel sistema scolastico italiano, sottolineando che il diritto dell’Ue impone agli Stati membri di introdurre misure efficaci per prevenirne l’abuso. Il punto più destabilizzante della risposta è però verso la fine, quando la Commissione scrive di non avere nessuna prerogativa diretta sulle metodologie con cui gli stati membri, in questo caso l’Italia, decidono di assumere gli insegnanti. E questo è un dato politico da sottolineare.

Quindi non lo chiede l’Ue?
No. La propaganda basata sul “ce lo chiede l’Europa” in questo caso non ha senso. L’accanimento su persone che hanno già superato prove concorsuali non dipende dalle nome Ue, è l’Italia che decide poi come e quanti reclutare, fatti salvi numeri concordati. Il governo non può continuare a scaricare le colpe su Bruxelles e deve prendersi le sue responsabilità. Nella risposta non c’è scritto che sono una manica di cialtroni, ovviamente, però fra le righe io ho letto questo. Di certo è evidente che le cose si sarebbero potute gestire in un altro modo. E la notizia del deferimento alla Corte Ue lo conferma.

Perché hai deciso di compiere questa azione?
Era un tentativo di far emergere la contraddizione che è il governo italiano davvero a decidere della nostra sorte, non pensavo mi rispondessero. Però ci tengo a precisare che io credo nell’azione collettiva e questa non è una rivendicazione personale, che secondo me non funzionano. Nelle scuole c’è una guerra fra poveri dovuta alle diverse stratificazioni del precariato ma penso che dovremmo unirci perché ogni rivendicazione è in ogni caso migliorativa per tutti. Dovremmo condividere le istanze sia dal basso che con l’aiuto dei sindacati, serve una mobilitazione collettiva.
*dal corriere.it
** da ilmanifesto.it

Pubblicato da: Cobas Veneto

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