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SCUOLA, che educare?

da | 15 Set 2022 | Cesp, Cesp Padova, Discussione

Qui sotto vi proponiamo lo stralcio della parte finale di uno stimolante articolo prodotto per doppiozero da Girolamo De Michele, nel quale si riflette sulle proposte elaborate dal basso per la scuola e la sua funzione sociale e su quanto imposto dai Governi in rapida successione. G.Z.

SCUOLA, che educare?

di Girolamo De Michele

Così come sono complesse le finalità di un sistema educativo che durerà tutta la vita: ma con gli strumenti approntati nella sua sola sezione iniziale di tale vita. Che la scuola debba fornire le competenze per l’ingresso nel mondo del lavoro è un’altra semplificazione di un problema complesso: per cui l’occupabilità, per quanto precaria, è presentata come condizione preliminare della futura occupazione. Se non ché, fuori dalla narrazione dominante – quella del capitalismo finanziario e della managerialità estesa a ogni ambito pubblico, dalla sanità alla scuola –, esiste un mondo reale nel quale coesistono un capitalismo basato su intelligenze e linguaggi artificiali, algoritmi, messa a valore di stili di vita e relazioni umane, creazione di reti e piattaforme connettive; e un capitalismo che trae valore da forme sempre più sofisticate e violente di controllo sociale, di frammentazione dei tempi lavorativi, di catene sempre più lunghe della logistica. Non si tratta di due modelli concorrenti, ma di due aspetti che coesistono e si appoggiano l’uno sull’altro: due mondi distinti solo in apparenza, in realtà correlati, come il sottosopra di Stranger Things.

Per il mondo di sotto non è necessaria alcuna occupabilità, alcuna formazione, alcun apprendistato in entrata: è un mondo per il quale il farsi-impresa della scuola non ha alcuna funzione formativa, se non per l’educazione all’assoggettamento. Per il mondo di sopra sarebbe invece richiesta quella fantasia, creatività, capacità critica, quelle logiche divergenti che la scuola dovrebbe contribuire a sviluppare, e che invece vengono amputate dalla sottrazione di spazi e tempi scolastici. In entrambi i casi, cittadine e cittadini sono di fronte all’alternativa, già delineata con chiarezza nella prassi e negli scritti di don Milani (ma anche Franco Basaglia, Lea Melandri, Elvio Fachinelli, Alberto Manzi e tanti altri), fra servitù e libertà. Una scuola servile è una scuola in cui la vita si annoia: e una scuola in cui la vita si annoia, scrive Raoul Vaneigem, educa solo alla barbarie.

Una scuola in cui la vita non si annoia è, per citare ciò che scrisse un bravo collega pochi mesi prima di morire, Valter Binaghi, una scuola che è luogo vitale «quando i ragazzi hanno la percezione non di affettarsi giorno per giorno un diploma, ma che lì dentro si forgiano un carattere, un patrimonio irrinunciabile e un destino. Se no meglio chiuderla».

Qualche proposta pratica

In calce a questo programma scolastico, alcune indicazioni immediate e di buon senso, che potrebbero essere inserite in un decreto legge da approvare entro l’anno solare. In primo luogo, la restituzione immediata alla didattica di tutto il tempo-scuola disponibile, sia per recuperare il tempo perso nelle didattiche a distanza, integrate, blended degli ultimi 3 anni scolastici, sia per liberare la scuola dall’invasiva occupazione degli spazi didattici da parte del settore privato variamente mascherato. Dunque, l’abrogazione dei Percorsi per le Competenze Trasversali e per l’Orientamento (PCTO) e dei Patti Educativi Territoriali. In secondo luogo, la cancellazione dell’art. 38 del DL 9 agosto 2022 n. 115 che introduce la figura del “Docente esperto”. La didattica è una prassi collegiale, un agire in relazione: è questa orizzontalità che va rafforzata, con la restituzione dei tempi necessari al confronto, alla progettualità, al con-dividere, piuttosto che illudersi che una direzione dall’alto sia in grado di sostituirsi al gruppo di lavoro. Al contrario, una figura inedita come quella del docente esperto veicola di fatto una profonda ristrutturazione, in senso gerarchico e verticale, del sistema educativo, come fu con la creazione del preside-manager con la Buona Scuola. Di conseguenza bisogna anche abrogare le norme verticistiche che rendono il dirigente scolastico onnipotente e insindacabile: non solo la riforma-Renzi, ma anche quelle parti della riforma Brunetta della dirigenza nella pubblica amministrazione (DL 150/2009 e successiva circolare 88/2010) che già prima della riforma Renzi rafforzava i poteri dei dirigenti scolastici in un quadro di privatizzazione della dirigenza pubblica.

Si può fare: basta volerlo. Se vi dicono che non si può, è perché non vogliono farlo.

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Cobas Veneto

Pubblicato da: Cobas Veneto

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