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VERSO L’APARTHEID

da | 25 Set 2018 | Materiali

La Regione Veneto contribuiva fino allo scorso anno scolastico al rimborso – totale o parziale – del costo dei libri scolastici sulla base della certificazione ISEE, ora una nota prevede per l’anno 18/19 che tale aiuto economico vada dato solo agli italiani. Infatti la Regione ha deciso di introdurre un elemento di novità: ora chiede agli studenti di origine straniera, per concedere quel rimborso, oltre alla dichiarazione Isee, anche un documento che certifichi e attesti i beni che possiedono nel Paese da dove sono emigrati. Il documento le famiglie di origine straniera lo possono richiedere solo ai Paesi che hanno una convenzione specifica con l’italia. Tutti gli altri Paesi sono esclusi da questa documentazione che diventa così fondamentale per ottenere il buono libri. La lista dei Paesi? La Regione non l’ha fornita.

VERSO L’APARTHEID

di Augusto Illuminati da dinamopress -361.jpg Prima con la restrizione della platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza ai soli italiani, poi con le misure discriminatorie e incostituzionali contenute nel poco urgente DL accorpato su sicurezza e migranti, la “coppia di fatto” Salvini-Di Maio stabilisce un doppio regime legale per cittadini italiani (e, obtorto collo, comunitari) ed extra-comunitari, garantendo solo ai primi i diritti pieni di cittadinanza (accesso ai servizi e all’assistenza, tutela in tutti i gradi di giudizio) che vengono erogati ai secondi in misura ridotta e revocabile oppure del tutto negati. Qualche esempio (fondandosi sulle bozze di un DL approvato in CdM ma soggetto a ritocchi contrattati in sede di conversione). Chi ha ottenuto asilo o protezione, nel caso in cui commetta violenza sessuale, furto aggravato, detenzione e spaccio di droga, violenza a pubblico ufficiale (sanzionati solo in primo grado) perde ogni diritto – al contrario di quanto accade per gli italiani che si macchiano dei medesimi delitti ma attendono il terzo grado, fiduciosi nella prescrizione, e magari se ne vanno a comodi domiciliari. Per non parlare della “resistenza e offesa” accollata generosamente a qualsiasi manifestante o semplice fermato. La protezione (sia politica che umanitaria) è revocata – ed è il caso più assurdo – anche se si rientra temporaneamente per qualsiasi motivo nel paese da cui (per qualsiasi motivo) si è fuggiti. Perfino chi ha conseguito la cittadinanza, dopo un iter che si prevede ancora più lungo del presente (48 mesi invece di 24 per matrimonio e residenza) e dopo aver dimostrato di non avere, lui e i familiari conviventi, procedimenti amministrativi e giudiziari in corso né pendenze fiscali e di avere “condotta irreprensibile”, può vedersela revocata per condanna per terrorismo – ciò che non accade a terroristi e mafiosi nostrani, neppure ai bombaroli neri e di Capaci. Insomma, il migrante delinque potenzialmente per fattispecie di “tipo d’autore” e deve sempre stare in guardia, anche dopo anni, e “filare dritto”, senza farsi coinvolgere in proteste sediziose… In via ordinaria sono abrogati i permessi di soggiorno per motivi umanitari, sostituiti con permessi (molto più restrittivi) per meriti civili, calamità naturali nei paesi di origine o per cure mediche: in attesa di una definizione del loro status tutti i migranti non ammessi ai Cara possono essere trattenuti nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr ex-Cie) o in locali della Questure per tempi doppi di quelli attuali (da 3 a 6 mesi), con modalità segregative e ridotte possibilità di gratuito patrocinio. Non soltanto è liquidato il sistema di accoglienza e integrazione Sprar, ma si instaura un meccanismo di detenzione amministrativa senza giudizio riservata ai non italiani. Insomma, questa è la vera “megavendetta”, ben più che gli sproloqui merdosi di Rocco Casalino. A ciò si aggiungono pratiche locali di discriminazione particolarmente odiose un esempio per tutti, il rifiuto della refezione e le mense separate per i bambini delle famiglie migranti di Lodi, che non possono autocertificare il loro reddito (come gli italiani doc, che possono pure inventarsi le vaccinazioni) e tanto meno ottenere certificati consolari dai paesi da cui sono fuggiti. Anche se non mancano le farneticazioni razziali e suprematiste (non caso il governatore della Lombardia aveva esaltato la “razza bianca” all’atto del suo insediamento), la discriminazione riguarda per lo più i migranti in quanto poveri e precari, tanto che alcune misure del calderone securitario Salvini colpiscono con incredibile durezza (fino a 4 anni di carcere) gli occupanti “abusivi” di case, che sono il parallelo dei “clandestini”, il volto misto (italiano e migrante) della povertà estrema e della marginalità. Qui davvero siamo all’eguaglianza, nel senso della vecchia battuta di Anatole France, per cui la legge fa divieto a ricchi e poveri, autoctoni e alieni, di dormire sotto i ponti e di occupare locali dismessi. Sul trattamento dei nomadi stendiamo un velo pietoso. Sono del pari aumentate spropositatamente le sanzioni per un tipico reato di manifestazione, il blocco stradale, equiparato a quello delle ferrovie – reato non a caso spesso associato alle occupazioni e ai cortei. La differenziazione dei diritti configura un vero e proprio apartheid giuridico e socialmente rafforzato per i migranti in prima battuta, in seconda anche per gli italiani poveri, cui si applicano pene specifiche più elevate (qualora vengano sanzionati con maggiore asprezza reati tipici di marginalità) e misure amministrative non soggette a controllo giudiziario (Daspo sportivo esteso alla pericolosità sociale). Ciliegina sulla torta è infine la giustizia fai-da-te, anticipata dalla liberalizzazione della vendita delle armi e che culminerà con la revisione della legittima difesa, cioè sul diritto di sparare, con minimi controlli giudiziari a posteriori, su chiunque ti entri in casa, giardino o negozio. Con annessa fioritura di ronde e guardie private con licenza di uccidere. Parafrasando e aggiustando una nota analisi di Étienne Balibar sulla “paura delle masse”, potremmo parlare oggi di una “paura dei poveri” – nelle due accezioni di genitivo soggettivo e oggettivo: i poveri e ancor più gli impoveriti di recente hanno paura dei più poveri e degli ultimi arrivati, i benestanti e gli apparati statali hanno paura di tutti i poveri, salvo a utilizzarli come massa di manovra per votare e linciare. La soluzione più semplice sarebbe separare due regimi istituzionali, magari utilizzando la linea del colore che imperfettamente coincide con quella di estrema vulnerabilità. Ma assai più funzionale e meno eversivo della Costituzione formale è puntare più che sulla segregazione dei poveri sulla loro divisione, come del resto si è sempre fatto distinguendo fra poveri “vergognosi” e sottomessi e poveri insolenti. Il regime discriminatorio vale non per tutti i migranti ma per i “clandestini” (quindi una piccola parte viene riconosciuta e tenuta sotto ricatto e al minimo salariale, mentre gli altri sono sospinti a parole verso l’espulsione, nei fatti verso il lavoro nero e il caporalato), non per tutti i poveri italiani ma per quelli insubordinati, che occupano le case e violano per necessità la legge (per gli altri funziona o dovrebbe funzionare il reddito di inclusione o il futuribile reddito di cittadinanza). Così lo schieramento è spartito, litigioso e le quote di legalità oscillano secondo le esigenze produttive e le combinazioni politiche e governamentali. Anzi, aumentano i “clandestini” non espellibili e i “daspati” alle periferia delle città e del sistema, manodopera per lo sfruttamento selvaggio e la microcriminalità, combustibile per ogni emergenza e campagna elettorale. Siamo nell’Italia del cambiamento, mica in Metropolis di Fritz Lang!

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