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L’anno scolastico che verrà

da | 12 Set 2018 | Materiali

L’anno scolastico che verrà

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di Roberto Ciccarelli dal manifesto.it

I 469.799 maturandi del 2019 sono stati graziati. Nel decreto milleproroghe sono stati inseriti due emendamenti che hanno svincolato i quiz Invalsi e l’alternanza scuola lavoro dall’esame di Stato. L’applicazione delle norme della Buona Scuola renziana è stata rinviata di un anno, ma non cancellata.

Sull’alternanza scuola lavoro il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti ha annunciato un dimezzamento delle 200 ore obbligatorie per i licei e una maggiorazione delle 400 previste per gli studenti degli istituti tecnici. «Non voglio che sia un apprendistato occulto» ha detto. Lo sarà anche per quest’anno per 100 ore per i licei – che saranno obbligati a farle – e per le 400 già previste per i tecnici-professionali. L’alternanza resta, anche se perde l’illusoria «uguaglianza» tra liceali e professionali, così come resta la «scuola a quiz» dell’Invalsi, pilastro della pedagogia neoliberista. È il governo delle mezze misure, non delle decisioni prese in ragione di una visione globale. E dire che i 5 Stelle – che avrebbero la quota di maggioranza nel governo «del cambiamento» – avevano addirittura promesso l’abolizione della Buona scuola.

Insieme alla direttiva propagandistica «legge e ordine» di Salvini «anti-spacciatori», sono le principali novità dell’anno scolastico, al via nelle principali regioni italiane, con quasi 8 milioni di studenti: 2.635 milioni liceali, 2.498 milioni bambini della primaria, 1.629 milioni studenti delle medie, 919 mila negli asili statali. Inizia la scuola dove un istituto su tre non è a norma ed è a rischio. Il nuovo governo ha promesso 7 miliardi di euro per «le certificazioni degli edifici». Sempre che siano spendibili, ne servirebbero il doppio: 14 miliardi . «Lo sblocco dei fondi è fumo negli occhi» sostiene Giulia Biazzo dell’Uds, che scenderà in piazza il 12 ottobre e rivendicherà anche il «reddito di formazione per tutti».

Ricomincia la scuola delle diseguaglianze dove i docenti hanno gli stipendi più bassi. Secondo il rapporto Ocse «Uno Sguardo all’Istruzione», nel 2016 gli stipendi degli insegnanti corrispondevano al 93% del loro valore rispetto al 2005. Netto è il divario con la retribuzione dei dirigenti scolastici: sono il doppio. Restiamo il paese che investe meno in istruzione: il 3,9% del Pil contro il 5% medio dei Paesi industrializzati e il 4,6% della Ue.

Ricominciano anche le proteste dei docenti precari. Ieri a Montecitorio Anief, Cobas, Cub e Sgb hanno manifestato con 500 insegnanti precari. Sul tavolo c’è la salvaguardia di 7 mila diplomati magistrali ante 2001-2 e di 45 mila prof inseriti con riserva nelle Graduatorie a Esaurimento (GaE). Hanno chiesto «l’inserimento nelle Gae di tutti gli abilitati» e la «modifica delle regole sui trasferimenti per sanare gli effetti nefasti della Buona Scuola» dice Piero Bernocchi (Cobas).

In estate era passato un emendamento di Liberi e Uguali al milleproroghe che avrebbe risparmiato il licenziamento tra un anno. Il governo lo ha cassato e ora la fiducia impedisce la discussione. «Lo riproporremo nella legge di bilancio» annuncia Nicola Fratoianni. Di parere opposto i 5 Stelle: «Avrebbe accresciuto il precariato – sostengono Alessandra Carbonaro e Lucia Azzolina – Vogliamo esaurire le graduatorie e bandire nuovi concorsi». «Il problema non è esaurire le graduatorie ma riempirle appena esaurite – replica Marcello Pacifico (Anief) – Se al termine delle immissioni in ruolo, il 60% delle cattedre restano deserte non è perché non abbiamo insegnanti giovani ma perché la politica li lascia invecchiare tra i banchi senza assumerli».

Cobas Veneto

Pubblicato da: Cobas Veneto

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