Il bullismo non è un problema giudiziario
di Daniele Novara*
Puntuale come le stagioni ritorna il tormentone sul bullismo. Si tratta di un problema molto serio confuso dentro tanti equivoci e luoghi comuni.
Anzitutto l’utilizzo del termine in senso metaforico al pari dei litigi, dell’aggressività infantile e di ogni sorta di comportamento sbagliato fra i ragazzi. In realtà nella letteratura scientifica il bullismo ha dei contorni molto chiari e precisi riferendosi unicamente a situazioni di vessazione prolungata e intenzionale nei confronti di ragazzi sostanzialmente incapaci di difendersi. Si tratta pertanto di un comportamento grave, fortemente patogeno e di carattere sadico compulsivo. Non va assolutamente confuso con gli inevitabili episodi di prepotenza che da sempre si registrano fra bambini e ragazzi.
La seconda confusione riguarda l’età di riferimento di questo grave fenomeno. Si nota la tendenza a parlare di bulli anche alla Scuola Materna se non nei Nidi, di frequente alla Scuola Elementare. In realtà l’epoca tipica del bullismo è quella preadolescenziale e adolescenziale quando le nuove capacità cognitive possono essere usate per accanirsi consapevolmente verso qualche compagno o compagna, specialmente usando gli strumenti digitali e dei social network (il cosiddetto cyberbullismo). Parlare di bullismo tra bambini piccoli è un vero atto di terrorismo culturale che crea un inutile allarme e impedisce di occuparsi in modo serio del problema.
Infine negli ultimi anni sempre più le Forze di Polizia sono state invitate nelle scuole a parlare di questo argomento. Fortunatamente il bullismo resta un problema educativo e non giudiziario: non si tratta di cercare dei presunti colpevoli ma di educare bene i ragazzi che fanno un cattivo uso delle loro emozioni e dei loro comportamenti. In particolar modo le scuole dovrebbero impegnarsi nell’aiutare gli alunni a litigare ossia a imparare l’ascolto reciproco delle rispettive versioni dei fatti sviluppando successivamente capacità autoregolative di accordo.
Anche la didattica ha un peso. Quella tradizionale basata su lezioni frontali favorisce i comportamenti clandestini dei bulli, mentre una didattica sociale basata sull’interazione e sul lavoro di gruppo favorisce l’emergere di eventuali problemi fra gli alunni stessi. I bulli non sanno litigare scrivevo in un libro del 2006, edizioni Carocci. Non posso che ribadire quella felice intuizione ricordando che imparare a vivere vuol dire imparare ad affrontare.
.
* Direttore del Centro psicopedagogico per la pace e la gestione dei conflitti, cppp.it (dove è stato pubblicato questo articolo)
Co.bas. Scuola
Via Monsignor Fortin 44 – Padova
Email: [email protected]
Per urgenze chiamare il 347 9901965 (Carlo)
I comitati di base della scuola sono un sindacato di base nato negli anni ’80 e che da allora opera nel nostro territorio e nel territorio nazionale, con docenti e A.T.A. volontari – precari e non – disposti a mettersi in gioco.