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RENZI E LA SCUOLA, UN PATTO COL DIAVOLO

da | 4 Set 2014 | Cobas scuola di Padova

SINTESI DI CRITICITA’

di Marina Boscaino

In attesa che nella Legge di stabilità – come previsto – vengano indicate le risorse disponibili per procedere a quello che Renzi ha definito “il più grande investimento sulla scuola degli ultimi 20 anni” (e, se queste cifre venissero confermate, il premier avrebbe ragione), ecco i punti critici del documento. Si tratta di una sorta di scambio: prendere o lasciare. In cambio della stabilizzazione dei precari delle graduatorie ad esaurimento la scuola dovrebbe accettare:


la rinuncia agli scatti di anzianità, per passare ad un sistema di valutazione-promozione, in cui i dirigenti scolastici diventerebbero i sacerdoti unici che cooptano la casta degli eletti. I docenti, valutati dai dirigenti, si renderanno disponibili al momento dell’assunzione alla mobilità non solo fuori dalla provincia, ma – se necessario – anche fuori dalla regione. Il tutto in una professione che ha indici di femminilizzazione altissimi.

Creazione di un Registro nazionale del personale, che riporterà le abilità di ciascuno, fissandole in un portfolio individuale su cui verranno conteggiati i presunti “crediti” professionali dei singoli. Portfolio e crediti daranno la possibilità ai dirigenti di cooptare nella propria scuola i nuovi assunti, ma anche di premiere il 66% dei “migliori”, che ogni 3 anni potranno così accedere ad uno scatto stipendiale di 60 euro.

Entrata a regime del Sistema Nazionale di Valutazione, per il quale si prevede un aumento del corpo ispettivo, indicato come funzione strategica (anche per questa spesa non sono indicate le risorse)
per realizzare, la “piena autonomia” scolastica, serve “schierare la squadra con cui giocare la partita dell’istruzione”, cioè chiamare presso la propria scuola docenti ed Ata che il dirigente manager, dopo “consultazione collegiale”, riterrà più adatti.

Ogni scuola dovrà sviluppare un piano triennale di miglioramento; il Mof ed altre fondi di finanziamento pubblico saranno legati all’esito del piano di miglioramento, in proporzione del quale i dirigenti scolastici riceveranno un aumento salariale.

È prevista una revisione degli Organi Collegiali (alla quale il Pd aveva già pensato, considerando la stesura del ddl Aprea-Ghizzoni)

Viene riproposta, secondo ilo stesso progetto Aprea-Ghizzoni, la scuola fondazione: la scuola “non ce la fa”. Quindi entrata delle risorse private per contributi alla scuola statale. L’entrata dei privati viene massicciamente favorita: laboratori (negli istituti professionali, ad esempio) non solo finanziati da privati, ma addirittura posseduti e gestiti da privati nell’ambito dell’istruzione pubblica.

Si sterza definitivamente verso il “saper fare”, molto più economicamente conveniente del “sapere”. Stages lavorativi (gratuiti) obbligatori alle superiori per tutti gli indirizzi. Sistematizzazione della “didattica lavorativa”: la scuola azienda, quando non la scuola fabbrica. “Scuola fondata sul lavoro” è il contraddittorio titolo di un capitolo del documento: certamente le richieste del mercato e delle imprese non saranno irrilevanti, se viene prevista la possibilità di un curriculum basato sulle esigenze del territorio. Pertanto, fine del concetto di apprendimento disinteressato e della cultura come viatico di cittadinanza consapevole.

Per la prima volta – p. 66 “il sistema di valutazione sarà operativo dal prossimo anno per tutte le scuole pubbliche, statali e paritarie” – la scuola paritaria viene promossa al rango di scuola pubblica. Meditiamo.

Soprassiedo sulla pastella in salsa modernista sul tema più tecnologia (sebbene noti un positivo mea culpa sugli investimenti per la Lim) e inglese: i livelli delle competenze dei quindicenni alfabetizzati nella comprensione del testo e in letto-scrittura continuano ad essere tra i più bassi d’Europa. E’ di oggi il dato che il 63% dei 16-18enni nel nostro Paese sono a rischio di abbandono e poco più bassa è la percentuale relativa agli studenti dai 14 ai 16 anni.

La contropartita rispetto alla presunta (ed auspicabile) stabilizzazione del precariato, come è evidente, è particolarmente pesante. Del resto il Pd non ha mai fatto mistero, da quando è nato, di quali fossero le proprie intenzioni rispetto alla funzione che attribuisce alla scuola. L’accesso al lavoro per più persone comporterebbe dunque una rinuncia di fatto ad una serie di principi e di diritti di e per tutti e – soprattutto – una modifica sostanziale al progetto di scuola della Costituzione.

COMUNICATO STAMPA DEI COBAS DELLA SCUOLA

Il furbone Renzi promette assunzioni di massa on-line ma non in Consiglio di Ministri. Altro che consultazione democratica! Non sa dove trovare i soldi e non osava dirlo a Padoan

E intanto rilancia la scuola dei presidi-padroni, liberi di assumere e di licenziare, e la concorrenza tra docenti ed Ata per qualche spicciolo, con i contratti bloccati per l’eternità

Sabato 6 il nostro Esecutivo Nazionale deciderà le forme di lotta in difesa della scuola pubblica e dei suoi lavoratori/trici

Ma che gran furbone il Renzi, che colossale venditore di fumo, altro che il Berlusca! Cancella il CdM strombazzato da settimane che doveva decidere provvedimenti “epocali” per la scuola e mischia, on-line tanto non costa niente, promesse mirabolanti a ignobili proposte per scuole dominate da presidi-padroni liberi di assumere e licenziare e per scatenare lotte concorrenziali tra docenti ed Ata per qualche spicciolo in più, mentre i contratti restano bloccati a vita. Il furbone pensa che, grazie alla promessa di assunzioni di massa di precari, tutto il resto passerà in cavalleria. Le assunzioni di tutti i precari (che non sono solo i 150 mila delle GAE, ma molti di più) sarebbero la compensazione doverosa per tanti anni di discriminazioni e aleatorietà di vita, tanto più che nel prossimo triennio circa centomila docenti ed Ata andranno in pensione. Perché, invece di nascondersi dietro una fantomatica discussione per due mesi, Renzi non è andato in CdM, rendendo realtà la promessa e richiedendo i circa 4 miliari annui necessari per attuarla (un precario costa in media un 30% in meno di uno “stabile”) nella Finanziaria di novembre? Perché avrebbe dovuto avere il via libera di Padoan e di Draghi, nonché subire l’assalto degli altri ministri che avrebbero richiesto somme analoghe. Così, invece, potrà a gennaio fare marcia indietro, dando la colpa alle ristrettezze finanziarie. Ma, coperte da questo fumo, le 130 pagine nascondono le seguenti “chicche”, citando solo quelle che risaltano di più ad una prima rapida lettura:

1) In futuro le assunzioni avverranno solo per concorso, quel meccanismo corrompente che nessuna garanzia dà veramente sulle competenze; e solo per gli abilitati mediante una sorta di laurea abilitante che andrebbe anche bene (almeno sulla carta) se non fosse a numero chiuso e se non servisse anche ad accorpare enormemente cattedre e competenze, mischiando materie “affini”.

2) Finalmente i presidi otterrebbero il potere assoluto mediante l’assunzione diretta (e conseguenti licenziamenti) di docenti ed Ata). E’ scritto che, per realizzare, la “piena autonomia” scolastica, serve “schierare la squadra con cui giocare la partita dell’istruzione”, cioè chiamare a scuola i docenti e gli Ata che il preside-padrone, dopo “consultazione collegiale”, riterrà più adatti.

3) Riparte la geremiade sul presunto “merito”, quel quid che nessun ministro o governo è mai riuscito a spiegare cosa sia esattamente per i docenti e gli Ata. Avvio dal prossimo anno del Sistema di valutazione nazionale, con la sedicente autovalutazione delle scuole che in realtà significherà l’imposizione dei criteri degli Invalsiani, quelli della scuola-quiz, nonché l’intervento assillante degli ispettori ministeriali. E in aggiunta, verrà imposto dal 2015-6 il Registro nazionale del personale, che farà lo screening delle sedicenti “abilità” di ognuno/a, fissandole in un Portfolio individuale su cui verranno conteggiati i presunti “crediti” professionali dei singoli. E sulla base del Portfolio e dei crediti i presidi assumeranno ma anche premieranno, perché per gli scatti stipendiali si procederebbe in parte per anzianità ed in parte per presunto merito con graduatorie di istituto, in base alle quali il 66% dei “migliori” (data l’aleatorietà dei criteri, sarà il preside ad avere la parola decisiva) avrà uno scatto ogni 3 anni (sempre con il permesso di Padoan e di Draghi).

4) In questo quadro finisce per preoccupare persino l’annunciata “eliminazione della burocrazia scolastica” (un’altra “rottamazione”?) se significherà, come scritto, lasciare carta bianca alla decisionalità dei “presidi in rete”, trasformati in Amministratori delegati alla Marchionne, possessori delle scuole e del personale.

5) C’è poi un’accorata sollecitazione agli investimenti privati, in un quadro di potenziamento “dei rapporti con le imprese”, non solo alle aziende vere e proprie, a cui si promettono forti sconti fiscali, ma anche al “microcredito” dei cittadini, con raccolte “popolari” di soldi, visto che il finanziamento pubblico da solo “non ce la fa”. E toccherebbe ai genitori farsi avanti con altri quattrini. E la fuoriuscita per stages lavorativi (gratuiti) in azienda dovrà divenire la regola alle superiori. La “didattica lavorativa” sarà resa “sistemica”, verso una scuola-fabbrica.

5) Per incentivare al massimo la concorrenza tra docenti, si torna ai “formatori” contro cui nacquero i Cobas. Si chiameranno “innovatori naturali” coloro che invece di insegnare si occuperanno della formazione e dell’aggiornamento, che diverrà obbligatorio e conterà molto per i “crediti”. Ovviamente i tizi otterranno meriti e soldi in più. Cosa che accadrà anche per il “docente mentor” un supervisore della valutazione della scuola e del singolo, nonché per le attività di “formazione”.

Insomma, in attesa che, sull’unico punto potenzialmente positivo del programma -, e cioè l’assunzione al 1 settembre 2015 di 150 mila precari – un CdM prenda un preciso impegno legislativo a investire nella imminente Finanziaria i 4 miliardi annui necessari, ci apprestiamo a respingere al mittente il resto, con l’aiuto dei tanti docenti, Ata, studenti e cittadini che non si lasceranno ingannare dal novello Berlusconi. Quindi, sabato 6 settembre riuniremo il nostro Esecutivo nazionale per decidere le iniziative di protesta e di lotta in difesa della scuola pubblica e dei suoi lavoratori/trici, anche tenendo conto della decisione già presa da molte organizzazioni studentesche che hanno convocato per il 10 ottobre uno sciopero nazionale degli studenti.

Piero Bernocchi portavoce nazionale COBAS

3 settembre 2014

qui il documento

Cobas Veneto

Pubblicato da: Cobas Veneto

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Per urgenze chiamare il 347 9901965 (Carlo)

I comitati di base della scuola sono un sindacato di base nato negli anni ’80 e che da allora opera nel nostro territorio e nel territorio nazionale, con docenti e A.T.A. volontari – precari e non – disposti a mettersi in gioco.

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