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“PER UNA BUONA SCUOLA DELLA REPUBBLICA”

da | 8 Giu 2014 | Proposte

“PER UNA BUONA SCUOLA DELLA REPUBBLICA”

1. ASCOLTARE?

Negli ultimi tempi abbiamo assistito ad altisonanti dichiarazioni di voler ascoltare il mondo della scuola. L’ex ministra Carrozza: “Non ho una mia idea di riforma, consulterò il Paese per una grande riforma condivisa”.

Renzi nella mozione per le primarie era ancor più ambizioso e dettagliato:

“Gli insegnanti sono stati sostanzialmente messi ai margini, anche dal nostro partito. Abbiamo permesso che si facessero riforme sulla scuola senza coinvolgere chi vive la scuola tutti i giorni. Si tratta di un errore strategico: abbiamo fatto le riforme della scuola sulla testa di chi vive la scuola, generando frustrazione e respingendo la speranza di chi voleva e poteva darci una mano.

Il PD che noi vogliamo costruire cambierà verso alla scuola italiana, partendo dagli insegnanti, offrendo ascolto alle buone idee, parlando di educazione nei luoghi in cui si prova a viverla tutti i giorni, non solo nelle polverose stanze delle burocrazie centrali.

Casa per casa, comune per comune, scuola per scuola, da gennaio 2014 i nostri insegnanti, i nostri assessori alla scuola, i nostri circoli, i nostri ragazzi saranno chiamati alla più grande campagna di ascolto mai lanciata da un partito a livello europeo….

Chiameremo il Governo, il Ministro, i suoi collaboratori a confrontarsi sulle proposte e sulle idee. E daremo risposte alle proposte degli insegnanti, non lasciandoli soli a subire le riforme, ma chiedendo loro di collaborare a costruire il domani della scuola”.

A Febbraio, Renzi, nella sua relazione introduttiva alla Direzione Pd,riannunciava per i primi giorni di marzo l’inizio della “campagna d’ascolto degli insegnanti”.

Ad aprile, la “grande campagna” veniva riannunciata per i primi di maggio…

Siamo a giugno, a sei mesi dal primo annuncio, e ancora niente…

Forse Renzi non lo sa ma noi vorremmo, e non tanto sommessamente, ricordare che qualora vi fosse davvero un interesse reale all’ascolto – e non soltanto proclami propagandistici- il mondo della scuola una riforma l’ha in mente e presentata da anni: “La legge di iniziativa popolare per una buona scuola per la Repubblica”. Una proposta di legge discussa per mesi, condivisa da centinaia di insegnanti, genitori e studenti, sottoscritta da 100.000 cittadini.

2. DEL VALORE AGGIUNTO, DEL METODO

Ecco, prima ed ancor più dei contenuti della legge, vorrei partire da qui, dal metodo seguito, che costituisce il vero valore aggiunto di questa legge.

Vi leggo alcuni passaggi della relazione introduttiva alla Lip.

La proposta di legge che vi proponiamo rappresenta l’esito di un percorso che ha coinvolto in modo democratico migliaia di genitori, docenti e studenti di varie parti d’Italia, che hanno avuto così l’opportunità di riflettere e condividere un’idea di scuola composita e complessa.

Un percorso articolato, lungo, onesto e sofferto che ha visto ciascuno fare i conti con le idee e i bisogni dell’altro, nella ricerca della migliore mediazione possibile. L’esito finale è la proposta che vi presentiamo, riconosciuta come propria da tutti quelli che hanno partecipato a costruirla.

Non abbiamo la presunzione di interpretare, nel suo contenuto, il sentire di tutto il paese, ma siamo convinti che questo sia il metodo da seguire per avviare un cambiamento, partecipato e condiviso, che produca effetti positivi e di lungo respiro sul Sistema Scuola. Un tale metodo è sempre mancato nell’intervenire sulla scuola. Esso rappresenta quanto di rigidamente irrinunciabile è presente nel codice genetico della nostra proposta.

Il metodo, dunque, quanto di rigidamente irrinunciabile nel codice genetico della Lip. Ripercorriamola allora, brevemente, questa genesi.

2003-2004. Da mesi un movimento forte e reale si batte per l’abrogazione della riforma Moratti. Nel sentire di quel movimento non c’era nulla di salvabile nell’idea di scuola pensata e imposta dai vertici del governo di destra dell’epoca. Ci veniva spesso obiettato: sapete solo dire dei no, non sapete proporre nulla. Ma siccome non c’era proprio nulla che potesse essere rabberciato qua e là con un ritocchino, un aggiustamento, (un “cacciavite” per chi si ricorda del successivo Fioroni), siccome non c’era nulla che potesse rendere accettabile quell’idea di scuola, pensata da pochi, con lo strabismo palese verso la scuola privata e l’intento di spendere sempre meno in istruzione, accettammo una sfida che allora sembrava utopica e irrealizzabile: entrare nel merito, non solo sul piano pedagogico didattico e organizzativo ma addirittura giuridico ed elaborare un’idea di scuola il più possibile unitaria e didatticamente innovativa. Non più scrivere semplici volantini, ma inoltrarci nel terreno sconosciuto di articoli e commi, reinventarci “legislatori”.

L’idea di LIP nacque durante un’Assemblea Nazionale dei Coordinamenti in Difesa della Scuola Pubblica che si tenne a Venezia il 30 gennaio del 2005 e ci mise quasi 6 mesi a prendere una forma preliminare.

Si partì da un gruppo di un 100naio di persone, un insieme eterogeneo non solo sotto il profilo della provenienza (Nord, centro, sud e isole) ma anche della eventuale appartenenza politico-sindacale, che aveva però come collante un metodo di lavoro, dal basso, senza deleghe a partiti, sindacati o associazioni. Proprio questa stella polare del metodo, non legato a deleghe di sorta, ha guidato e reso possibile lo svolgimento e la maturazione della discussione, ha fatto sì che potesse accadere questo piccolo “miracolo”.

Si cominciò a dibattere, dividersi e ricomporsi, in rete, al telefono, nelle scuole finchè, tra giugno e luglio di quell’anno quel 100naio di, insegnanti, genitori e studenti si ritrovarono quattro volte per gettare le basi della bozza che sarebbe stata proposta alla discussione di tutti coloro che avessero a cuore le sorti della Scuola Statale e come faro la Costituzione.

Il 9 luglio la terza versione della bozza iniziale segna la partenza della consultazione sul territorio nazionale, un percorso di discussione che volevamo più diffuso possibile. La bozza venne infatti costantemente rivisitata in 53 Comitati Buona Scuola che si costituirono in giro nella penisola e che misero in comune le proprie esperienze, i propri sogni, le proprie competenze.

Inizialmente l’assemblea nazionale per il varo della legge emendata era prevista per il novembre 2005, ma poi fu spostato a gennaio per dare più tempo alla discussione, nella convinzione che la democrazia non può essere una gara di velocità, ma ha suoi tempi che devono essere rispettati.

Il 21 e 22 gennaio 2006 si tenne a Roma l’assemblea finale per il varo del testo definitivo della LIP.

Quell’assemblea fu un’esperienza molto significativa – faticosa e rigenerante allo stesso tempo – che attraverso la forte condivisione portò ad un testo che alla fine tutti sentivano come proprio, perché ogni parola del testo finale, persino ogni virgola, ebbe il massimo della condivisione.

Partì quindi la fase organizzativa più impegnativa e onerosa: la promozione, la raccolta e la certificazione delle 50mila firme necessarie.

I Comitati Buona Scuola divennero oltre 120, da Aosta a Cagliari: genitori-insegnanti e studenti che, senza l’appoggio organizzativo di nessuna forza organizzata, seppero raccogliere oltre 100.000 firme che furono depositate alla Camera il 4 agosto 2006.

Vi leggo alcuni passi del comunicato stampa di quel giorno:

La proposta di legge, la prima di iniziativa popolare sulla scuola nella storia repubblicana, delinea con chiarezza quali debbano essere gli assi portanti per una “buona scuola” ispirata ai principi sanciti dalla Costituzione.

Sarebbero state sufficienti 50.000 firme, ne sono state raccolte il doppio per lanciare un messaggio forte e chiaro che confidiamo venga accolto dal governo dell’Unione: abrogare la legge Moratti e da lì ripartire per progettare insieme a tutta la società una scuola rispettosa dei tempi di apprendimento e dei bisogni delle bambine e dei bambini e, delle ragazze e dei ragazzi e attenta alla relazione tra le generazioni. Una scuola aperta, laica, pubblica e inclusiva, la sola capace di dare motivazione allo studio, costruire cittadinanza attiva e dare sostanza al diritto all’istruzione sancito all’articolo 3 dalla nostra carta Costituzionale e dalla Convenzione Internazionale sui Diritti dell’infanzia sottoscritta dal nostro paese.

Per una scuola di tutte e di tutti, per tutte e per tutti, perché si ritorni ad usare il linguaggio della pedagogia e si abbandoni quello del mercato, perchè l’istruzione diventi un bene comune,

La legge ebbe il n. 1600 nella XV legislatura. La VII commissione ne iniziò la discussione ad aprile 2007. L’opposizione del PDL e del Pd e la crisi del governo Prodi del 2008 e ne interruppero l’iter. Nella XVI legislatura prese il n. 1, ma non fu mai discussa, né considerata ai fini dell’emanazione della Legge Gelmini. E siccome dopo due legislature le leggi popolari decadono, ora giace impolverata in qualche cassetto della Camera.

3° DELLA POLVERE E DEI “CONTENUTI”

Dal 2006 sono ormai passati otto anni. Pochi mesi fa, chiedendo alla senatrice Francesca Puglisi (Pd) se fosse disponibile a ripresentarla, mi rispose che si trattava di cosa vecchia, proponendomi di ritrovarci invece intorno ad un tavolo per ridiscutere tutto daccapo. E’ logico che cronologicamente Francesca abbia ragione, ma noi crediamo che invece occorra proprio rispolverare quella legge, che questa legge sia di un’attualità e di una necessità impressionante e il perché è presto detto.

Quella legge partiva da una scuola che faticosamente, lentamente, ma linearmente aveva fatto dagli anni Sessanta passi avanti enormemente significativi: si pensi, solo per stare ad alcuni esempi, alla scuola elementare che col tempo pieno ed i moduli era diventata una delle prime al mondo, alla media unificata, agli innovativi programmi del 1985, all’integrazione dell’handicap.

Quella legge, questa legge, partiva proprio da lì, per consolidare ed estendere quei principi, per avvicinare ancor di più quella scuola a quella delineata dalla Costituzione.

E invece cosa è successo? Esattamente il contrario: da allora, con la Gelmini (e non solo), si è pervicacemente perseguita la direzione opposta, volta alla svalutazione della scuola pubblica ed alla sua strisciante privatizzazione.

Vi invito caldamente ad andare a leggere integralmente la Legge. Io ve ne citerò solo alcuni punti. Mentre li leggo, confrontateli direttamente, nelle vostre teste, con la situazione che vedete, davanti ai vostri occhi nelle scuole oggi e capirete perché sosteniamo la sua attualità e necessità.

Principi: la Legge di Iniziativa Popolare ha come riferimento potente la nostra Carta Costituzionale: è plurale, laica, finalizzata alla valorizzazione della persona, alla rimozione degli ostacoli economici, sociali, culturali e di genere che limitano libertà e uguaglianza, con un’attenzione costante all’interazione interculturale.

Finalità: l’acquisizione consapevole dei saperi, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva, anche tramite attività laboratoriali e lavoro cooperativo (ndr: in una società sempre più avviata sulla strada della competizione selvaggia).

Risorse: il 6% del Pil, perché con le “razionalizzazioni” non si costruisce ma si taglia il futuro dei nostri ragazzi e quindi della nostra società, perché il 6% è la media europea mentre noi oggi siamo al penultimo posto per la spesa per l’istruzione.

Queste risorse permetterebbero: l’obbligatorietà dell’ultimo anno di scuola dell’infanzia (al contrario dello anticipo, scellerato come ogni maestra sa, della scuola primaria a 5 anni introdotto dalla Moratti e che oggi la Giannini pare voler rendere obbligatorio). L’estensione dell’ obbligo a 18 anni. Classi di 22 alunni, il ripristino e l’estensione del modulo e del tempo pieno nella scuola elementare e prolungato nella media (proprio poche ore fa…, poi si ha il coraggio di parlare di lotta alla dispersione…) perché per fare una buona scuola, per avere attenzione vera per tutti, per applicare una didattica improntata sul lavoro di gruppo e sulla sperimentazione, è necessario tempo ed un numero gestibile di allievi. Dotazioni organiche aggiuntive stabili e adeguate per il sostegno, l’alfabetizzazione, l’integrazione, la lotta alla dispersione e al disagio.

Una scuola che in nome della continuità didattica dei docenti e della qualità del sistema educativo affronta la questione del precariato, con l’assunzione a tempo indeterminato su tutti i posti vacanti.

Una scuola superiore che rimanda la scelta delle proprie attitudini a 16 anni (e non a 13 come accade oggi disorientando le scelte dei ragazzini) con un biennio unitario e un triennio di specializzazione, ma che fino a quell’età offre a tutti i suoi cittadini l’opportunità di “assaggiare” tutti gli ingredienti necessari per una buona riuscita nella vita, che sa vedere oltre la necessità del mercato del lavoro, e antepone ad esso lo sviluppo delle capacità critiche di ogni individuo.

E ancora: trasparenza e costante autovalutazione delle scuole a partire dall’ascolto degli alunni e dei loro genitori e col contributo di figure professionali esterne, obbligo per gli insegnanti alla formazione e all’aggiornamento. Il rilancio, rafforzamento ed estensione degli organi collegiali; l’apertura pomeridiana delle scuole, un piano straordinario di edilizia scolastica.

E ancora… insomma, andate a leggerla tutta per farvi una vostra idea, ma soprattutto perché è bellissima e potrebbe venirvi la voglia di adottarla.

4) DELL’ADOZIONE E DELLA RIPROPOSIZIONE

Dunque il metodo, i contenuti, la convinzione che la Lip sarebbe addirittura più necessaria ora di allora ci spingono a tentare di farla conoscere e riconoscere oggi.

Per questi motivi abbiamo lanciato la campagna “Adotta la LIP”, costruendo un sito http://adotta.lipscuola.it/ dove la legge può essere conosciuta e, se condivisa, adottata, scegliendone e colorandone una parola.

Ad oggi oltre 300 persone ne hanno evidenziato una, spiegando il motivo della scelta e dell’affetto.

Per questi motivi, per questo affetto, con questa spinta, non potendo più ripresentarla come “legge di iniziativa popolare”, il 12 giugno, presso la sala stampa della Camera lanceremo un appello ai parlamentari della Repubblica affinché sottoscrivano e ripresentino a loro nome la legge, compiano un gesto di democrazia, di rispetto e riconoscimento nei confronti del percorso che è stato fatto, che va al di là della condivisione puntuale dei contenuti di questa proposta. Proprio perchè si tratta di una proposta, non può e non vuole avere nessuna presunzione se non quella di essere una traccia concreta e strutturata sulla quale avviare oggi un confronto vero sulle sorti della scuola italiana cominciando davvero dall’ascolto vero (e non solo annunciato) di coloro che la vivono ogni giorno, che giorno dopo giorno ne conoscono e ne rappresentano il respiro, un respiro oggi purtroppo sempre più in affanno.

Il Gruppo di lavoro dell’Assemblea delle scuole di Bologna

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Cobas Veneto

Pubblicato da: Cobas Veneto

Co.bas. Scuola

Via Monsignor Fortin 44 – Padova

Email: [email protected]

Per urgenze chiamare il 347 9901965 (Carlo)

I comitati di base della scuola sono un sindacato di base nato negli anni ’80 e che da allora opera nel nostro territorio e nel territorio nazionale, con docenti e A.T.A. volontari – precari e non – disposti a mettersi in gioco.

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