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Il cammino inarrestabile della pessima legge sull’autogoverno della scuola

da | 2 Ott 2012 | News

Il cammino inarrestabile della pessima legge sull’autogoverno della scuola

di Mauro Boarelli

La Commissione cultura della Camera ha ultimato l’esame in sede legislativa della proposta di legge sull’autogoverno delle istituzioni scolastiche statali. Come ha già fatto notare Anna Angelucci, le modifiche rispetto all’ultima versione sono del tutto marginali (http://www.retescuole.net/contenuto?id=20120926204354).

Una ferrea alleanza Pd-PdL ha respinto in blocco tutti gli emendamenti provenienti dagli altri partiti. La commissione si è dedicata sostanzialmente a qualche aggiustamento lessicale. Ad esempio, nella definizione dell’autonomia scolastica la “professionalità della funzione docente” è sostituita dalla “libertà professionale”, mentre nel descrivere i compiti del Consiglio dei docenti le parole “programmare” e “programmazione” sono state sostituite da “progettare” e “progettazione”. Forse si tratta di risposte (involontariamente comiche) alle preoccupazioni dei docenti di perdere una parte della loro autonomia, preoccupazione suffragata dalla vocazione esplicitamente accentratrice di una proposta di legge che attribuisce un potere molto esteso e incontrollato al dirigente scolastico. Le uniche modifiche che riguardano la sostanza (ma che non scalfiscono l’impianto complessivo) riguardano le modalità di approvazione dello Statuto dell’istituzione scolastica (che viene vincolato a una maggioranza di due terzi), l’integrazione del Consiglio dell’autonomia con un rappresentante del personale tecnico e amministrativo, una diversa disciplina della presenza nello stesso Consiglio degli esterni al mondo della scuola (ora privati del diritto di voto e il cui ingresso è anch’esso vincolato a una maggioranza di due terzi), la partecipazione di uno studente al nucleo di autovalutazione nelle scuole superiori, e – infine – la reintroduzione del Consiglio di classe, che era stato cancellato nella versione originaria. Ma questa reintroduzione avviene in modo estremamente confuso: è inserita nell’articolo dedicato al Consiglio dei docenti, senza alcuna coerenza con la altre parti del testo, e non vengono specificate le competenze. Si tratta evidentemente di un’aggiunta precipitosa e non meditata, messa in atto da chi – preso con le mani nella marmellata (ovvero nell’atto di decidere l’abolizione secca di tutti gli organi collegiali) – cerca di dare un contentino per poter atteggiarsi a vittima di attacchi ideologici e nostalgici nel caso in cui qualcuno continui a indicarlo come responsabile dello smantellamento della partecipazione democratica al governo della scuola. Il vittimismo e la delegittimazione dei punti di vista dissenzienti sono una malattia contagiosa, e il Pd – stretto in questa vicenda in un abbraccio appassionato con il PdL – non possiede gli anticorpi per rimanere indenne dai virus che il berlusconismo ha inoculato nella società.

In definitiva, il testo di legge cambia poco o nulla rispetto a quello già analizzato nel mio precedente intervento sull’argomento, a cui rinvio per un’analisi più dettagliata (http://www.retescuole.net/contenuto?id=20120502151218).

Si tratta – come dicevamo allora – di una amichevole rivisitazione della proposta di legge Aprea, prima avversata ed ora accolta con entusiasmo dal Pd, epurata dalla trasformazione delle scuole in fondazioni, ma aggravata dall’autonomia statutaria di ogni singola istituzione scolastica. (Della chiamata diretta degli insegnanti – prevista nella proposta originaria – riparleremo presto: si tratta con ogni evidenza di uno stralcio, perché tutto il dibattito spinge in realtà verso quella direzione). La nuova proposta Aprea (vale la pena continuare a chiamarla con il nome giusto, tanto per chiarezza) è stata concepita in un clima di segretezza: una volta assegnata alla commissione in sede legislativa – scelta di per sé discutibile perché sottrae all’aula la discussione su una legge di grande rilevanza per l’esercizio della democrazia – tutto si è svolto in fretta, senza pubblicità, sfruttando il periodo di chiusura delle scuole per adottare il testo base. Agli inizi di maggio un nutrito gruppo di associazioni e comitati per la scuola pubblica ha inviato una lettera aperta al segretario del Pd, Bersani (http://www.retescuole.net/contenuto?id=20120504130834).

Chiedevamo di essere ascoltati, ma non ci ha neanche risposto. Abbiamo mandato la lettera anche alla responsabile scuola del Pd, Francesca Puglisi, e a tutti i membri Pd delle commissioni cultura e istruzione della Camera (Giovanni Bachelet, Maria Coscia, Emilia Grazia De Biasi, Rosa De Pasquale, Maria Letizia De Torre, Manuela Ghizzoni – nel frattempo diventata presidente della Commissione al posto della dimissionaria Aprea – Ricardo Franco Levi, Giovanni Lolli, Eugenio Mazzarella, Giovanna Melandri, Caterina Pes, Sabina Rossa, Antonino Russo, Alessandra Siragusa, Walter Tocci), e del Senato (Vincenzo Vita, Andrea Marcucci, Mauro Ceruti, Vittoria Franco, Mariapia Garavaglia, Giovanni Procacci, Antonio Rusconi, Albertina Soliani). Non spettava a loro rispondere a una lettera indirizzata al segretario del partito, ma era lecito aspettarsi una disponibilità all’ascolto, un’apertura al dialogo e al confronto, quel dialogo e quel confronto che a parole tutti pongono alla base del loro mandato ma che – nei fatti – tutti rifuggono come la peste. Nessuno di questi ventiquattro dirigenti politici e rappresentanti dei cittadini nelle istituzioni ha dato alcun cenno di vita. Ma forse in quelle istituzioni di vita (di vita politica, intendo, fatta di relazioni forti con la società) non ne rimane davvero più.

Cobas Veneto

Pubblicato da: Cobas Veneto

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