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SOSTEGNO, DIRITTO NEGATO

da | 24 Dic 2010 | Materiali

La scelta dell’integrazione Il modello italiano dell’integrazione scolastica degli allievi disabili e la prospettiva pedagogica che ormai da più di 40 anni ha guidato l’elaborazione di leggi a favore della loro inclusione nelle classi comuni rappresentano un esempio avanzato di civiltà. La scelta in tal senso della scuola pubblica italiana risale alla fine degli anni Sessanta quando, sull’onda dei fermenti più innovativi, democratici e libertari propri del movimento di contestazione, cominciò a diffondersi un clima favorevole alla deistituzionalizzazione e alla “liberazione” dei soggetti deboli. Sull’esempio delle esperienze e delle sperimentazioni più avanzate che in quegli anni misero alla prova un sistema scolastico fino ad allora ancora chiuso e monolitico, si cominciarono a mettere in discussione quelle classi differenziate per i disabili che si erano dimostrate veri e propri ghetti, sorta di ospedali psichiatrici per bambini. Risale al 1968 la prima legge che mirava a reinserire nel circuito sociale le persone disabili insieme ad altre categorie relegate negli istituti speciali (orfani e persone con difficoltà di apprendimento). Fino a quel momento la vita scolastica degli allievi disabili veniva gestita in maniera separata; di lì in poi iniziava il percorso dell’inserimento nelle classi comuni, con entusiasmo e motivazione da parte degli operatori del settore, anche se spesso con pochi mezzi e competenze, e ancora con normative incerte. La legge 118 del 1971 sancì poi per la prima volta il principio secondo il quale per gli allievi in situazione di handicap «l’istruzione dell’obbligo deve avvenire nelle classi normali della scuola pubblica». Il processo di integrazione venne ulteriormente sancito nel 1977 (legge 517) in maniera definitiva per i vari livelli di scolarità e per tutti, per poi essere ribadito da una legge-quadro completa, la 104 del 1992, che stabiliva una volta per tutte tutti i diritti dei disabili. vedi allegato

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