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ASSOLUTISMO ANTISEMITA (Gasparri – Del Rio)

da | 24 Dic 2025 | Discussione, Materiali, Senza categoria, Webpress

di Alessandra Algostino

Gli interventi di censura nelle scuole e nelle università si stanno moltiplicando da Roma a Bologna, da Torino a Vicenza. Gli insegnant* rispondono con lettere e petizioni, gli student* protestano dentro e fuori le scuole e le università. Ma non basta. E’ auspicabile un salto di qualità che connetta le singole indigazioni perchè non abbiamo di fronte solo una ottusa censura e malafede ma un vischioso disegno di sistematico autoritarismo guerrafondaio.[GZ]

L’antisemitismo ha un posto d’onore nel vocabolario delle parole distorte: la sua condanna come pratica e tesi aberrante, oltraggio alla dignità e all’uguaglianza, diviene mezzo per giustificare violazioni e repressione dei diritti; esecrato, in quanto asse razzista del nazifascismo, è piegato, con una eterogenesi dei fini, allo scopo di screditare e delegittimare chi oggi critica violenze perpetrate su base razzista e coloniale. Sintetizzando, il contrasto all’antisemitismo, appartenente allo spazio dell’antifascismo, diviene strumento per una repressione fascista.

È una contorsione particolarmente odiosa, in quanto sfrutta crimini contro l’umanità compiuti nella storia per chiudere la possibilità di agire contro atrocità e soprusi del presente. Ed è una distorsione dai molteplici benefici per chi la pratica. Possiede una notevole forza culturale: la condanna dell’antisemitismo è tra le radici del moderno sistema dei diritti umani, che molto deve al «mai più» dello sterminio degli ebrei; evoca, dunque, forti sentimenti negativi (l’orrore della Shoah) e, parallelamente, in reazione, positivi (i diritti).

È chiaramente paradossale la qualifica di «antisemita» attribuita ad organi internazionali che applicano il diritto internazionale a tutela dei diritti umani, come alle piazze per Gaza, ma è un nonsense che, in virtù del valore del contrasto all’antisemitismo, è particolarmente insidioso nel denigrare e squalificare.

Da un lato, dunque, l’antisemitismo è mistificato per delegittimare le critiche a Israele (e ai suoi complici): la storia che evoca e il suo ripudio come elemento costitutivo del discorso dei diritti sono sfruttati per contrastare la limpidezza delle critiche incardinate nel diritto; dall’altro lato, è usato come mezzo per criminalizzare le proteste e scardinare la garanzia dei diritti.

La distorsione funge da agente revisionista: si riscrive il senso storico del concetto, lo si ricontestualizza in un tempo e in un campo politico diversi occultando radici storiche pesanti; oppure, quando la proposta proviene «da sinistra», si conferisce aura di intoccabilità a politiche (genocidiarie, di apartheid, coloniali), che solo gravi miopie, o, più facilmente, malafede, possono ascrivere a espressione di ostilità contro gli ebrei in quanto tali.

Indiscutibile, certo, resta l’esigenza di contrastare l’antisemitismo, in quanto tale e in quanto paradigma delle violenze perpetrate nel nome di razze, etnie, religioni, che siano islamofobia o disumanizzazione dei migranti, ma proprio questo esige che si demistifichi la distorsione: strumentalizzare l’antisemitismo si riverbera sulla sua sostanza e sulla lotta effettiva alla sua esistenza.

I recenti disegni di legge sull’antisemitismo (in specie il ddl Gasparri, n. 1627, e il ddl Delrio, n. 1722), che recepiscono la definizione dell’Ihra, con la sovrapposizione fra odio per gli ebrei e critiche a Israele, ne corrodono il concetto per aggredire la libertà di manifestazione del pensiero e, in particolare, la libertà di ricerca e di insegnamento. Scuola e università si rivelano i nuovi nemici, forse perché, nonostante anni di aziendalizzazione, privatizzazione, burocratizzazione, si mostrano ancora luoghi dove le parole vivono nel loro senso proprio (genocidio, militarizzazione); dove si discerne fra chi garantisce i diritti e chi li viola, chi opprime e chi è oppresso; dove esiste ribellione ad un presente ripiegato in un neoliberismo autoritario e bellicista.

E allora arrivano il disciplinamento (i corsi di formazione del ddl Gasparri), la delazione (che sia la segnalazione prevista dal ddl Gasparri, pena sanzioni, o gli organi di vigilanza e monitoraggio del ddl Delrio), sino all’ennesima espressione di populismo penale (ddl Gasparri) e ad una panottica sorveglianza digitale, ampia come la definizione dell’Ihra (di nuovo il ddl Delrio), affidata (sic!) a futuri decreti legislativi del governo.

E poi come non pensare che la fedeltà richiesta, occultata dietro la condanna, incontestabile, dell’antisemitismo, non sia che il primo passo verso un «credere, obbedire, combattere»? Le proposte Gasparri e Delrio si inscrivono in una democrazia svuotata da una sicurezza come ordine pubblico ideale, in una società militarizzata e inclinata verso l’abisso della guerra, nel filo nero della criminalizzazione del dissenso, nel processo globale di repressione della divergenza e di espulsione, quando non eliminazione, di chi è considerato eccedenza (come è tragicamente nel laboratorio Palestina).

Denunciare la distorsione e opporsi ai disegni di legge Gasparri e Delrio è necessario, per mantenere, a partire da scuola e università, la libertà di critica dell’esistente e la prospettiva della liberazione.

da ilmanifesto.it

Pubblicato da: Redazione

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