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DIDATTICA PER ‘COMPETENZE’

da | 6 Mar 2025 | Cesp, Discussione, Materiali

di Luca Malgioglio*

Le competenze sono un risultato chiuso, previsto a priori e in astratto; a pensarci, sono l’esatto opposto della cultura e del pensiero critico, che portano a conoscenze, scoperte e aperture sul mondo davvero nuove.

L’ideologia delle competenze è frutto di un rovesciamento: si parte dal risultato anziché da ciò che ci si trova davanti; e ciò che ci si trova davanti quando si istruisce e si educa sono le persone in carne e ossa e il mondo praticamente sconfinato della conoscenza, precipitato di tutta l’esperienza storica dell’umanità, all’interno del quale bisogna trascegliere alcuni contenuti, corrispondenti a delle finalità educative e culturali. La triangolazione sapere/insegnanti/studenti è alla base di qualunque processo di conoscenza, che si sviluppa attraverso le preziose relazioni educative che si creano col tempo nelle classi e con gli studenti. Ma, a parte ciò che accade per alcune abilità fondamentali, finalità educative non significa poter prevedere integralmente cosa il contatto con certe conoscenze produrrà in un determinato gruppo classe; altrimenti avremmo di fronte delle macchine da programmare o, come dice Tomaso Montanari, pezzi di ricambio per il mondo così com’è.

Competenza, al singolare e non al plurale, il diventare competenti in qualcosa, è il risultato di una stratificazione temporale di conoscenze, di esperienze, di processi cognitivi, emotivi, relazionali, di pensiero e rielaborazione di pensiero, consapevoli e inconsci. Non si può inoculare direttamente un risultato che è la conseguenza di un processo non integralmente prevedibile a priori, proprio perché gli esseri umani non sono macchine

Per fare un solo esempio: posso insegnare l’abilità della scrittura ma non insegnare direttamente la “competenza” del “saper scrivere” bene; posso invece aiutare e stimolare gli studenti a leggere (senza lettura difficilmente si crea una capacità linguistica e ideativa avanzata) e posso farli esercitare a scrivere. La capacità di scrittura che verrà fuori da questi atti educativi e didattici non è del tutto sotto il mio controllo.

Controllo tra l’altro è una parola chiave: notoriamente, quello sulle conoscenze è un lavoro aperto, che insegnanti, classi e studenti fanno insieme, con risultati spesso sorprendenti; un lavoro, un’abitudine a pensare anche l’imprevedibile e a scoprire quello che non si sa che gli studenti porteranno poi avanti per tutta la vita; l’opposto del “lifelong learning”, che è addestramento e adeguamento perenne alle esigenze di “flessibilità” richieste dal “mercato”.

La cosa migliore che noi insegnanti possiamo lasciare ai nostri studenti è l’abitudine a pensare, che a ben vedere è la condizione fondamentale della libertà; e si insegna a pensare non trasmettendo una presunta competenza astratta del “pensiero critico” o del “problem solving” fondata sul nulla, ma attraverso l’abitudine a lavorare e a pensare insieme attorno a dei veri contenuti culturali.

La cosiddetta “didattica per competenze”, in sintesi, nella sua astrattezza e spinta a una formalizzazione vuota, burocratica e standardizzante, chiude gli spazi del pensiero anziché aprirli; e l’ideologia delle competenze esclude per definizione la capacità della cultura e del sapere di sorprendere e di rinnovare la visione del mondo, cosa che sola può appassionare le persone in crescita – in cerca di risposte a domande di senso – e appagare la loro insopprimibile curiosità.

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Pubblicato da: Cesp Veneto

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Il CESP, Centro Studi per la Scuola Pubblica di Padova, è nato nel luglio del 2004. In questi anni, oltre a promuovere dibattiti, presentazioni di libri, rassegne cinematografiche e spettacoli teatrali inerenti al mondo dell’istruzione, ha sviluppato decine di convegni sul territorio.

Mozione per la pace e la difesa dei diritti umani in Palestina  Collegio docenti dell'IIS Giovanni Valle

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Come docenti impegnati nella promozione dei valori democratici, del pluralismo, della cittadinanza attiva e della difesa dei diritti umani, sentiamo l’urgenza morale di prendere pubblicamente posizione in merito alla tragedia umanitaria che si sta consumando in Palestina, che coinvolge decine di migliaia di vittime innocenti, tra cui un numero senza precedenti di bambini e di civili. Le notizie e le immagini di interi quartieri rasi al suolo, di ospedali bombardati e resi inagibili, di bambini mutilati e insanguinati, di medici, infermieri e giornalisti presi di mira e trucidati, di centinaia di civili affamati e uccisi mentre aspettano un sacco di farina, meritano attenzione, non indifferenza, anche e soprattutto ora, di fronte a un nuovo, spaventoso teatro di guerra in Medioriente che rischia di occultare quelle immagini, fino a farcele dimenticare.

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