Come docente di Storia e Filosofia in un Liceo di provincia del Mezzogiorno, di quelli che solitamente non fanno notizia se non per l’inspiegabilmente palesarsi – secondo i media – tra le studentesse e gli studenti di qualche genio inatteso oppure per spiacevoli episodi di cronaca, sono profondamente in imbarazzo in questi giorni a spiegare le vicende che avvennero all’indomani del primo conflitto mondiale e quelle che si verificarono subito dopo la catastrofe nazifascista.
Ciò che dovrei raccontare ai ragazzi e alle ragazze in relazione agli inizi del secolo scorso è che la corsa al riarmo insieme al logoramento dell’equilibro internazionale generato dalla competizione imperialistica e dal nascente nazionalismo spinsero inesorabilmente verso l’ampliamento di conflitti secondari e periferici, “guerre per procura” come quella marocchina ad esempio, che diventarono lentamente di portata mondiale.
Ciò che dovrei spiegare è che le velleità autoritarie e le mire espansionistiche di un paio di discutibili personaggi, su cui dovrei anche esprimere un’inoppugnabile e contrita condanna morale, sebbene uno fosse stato votato democraticamente dal popolo e l’altro sostenuto da papi e da sovrani, gettarono l’Europa e poi il mondo intero in una totale miseria corredata da un’inutile carneficina.
Ai miei studenti e alle mie studentesse dovrei raccontare, inoltre, con sdegno e commozione, dei folli progetti dei nazifascisti, che furono comunque sostenuti dalla maggior parte del popolo, vuoi con consapevolezza vuoi per indifferenza, che condussero poi alla depredazione, alla colonizzazione, alla deportazione di popolazioni intere, allo sterminio di interi gruppi di persone largamente riconducibile a categorie razziali, culturali, etniche e religiose.
Eppure, mi sono sentito profondamente in imbarazzo nei giorni passati a raccontare che alla fine della carneficina operata in modo sistematico e deliberato dai nazifascisti, quando i sovietici scoperchiarono il vaso di Pandora e scoprirono i campi di concentramento, si pensò che una Corte Penale Internazionale potesse definire in maniera chiara i termini di un genocidio perpetrato ai danni di una popolazione, affinché non potessero più avvenire tali disegni abominevoli per l’umanità.