Tra le procedure di infrazione avviate dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia c’è anche quella che riguarda il precariato scolastico. La Commissione, ancora una volta, ha trovato «discriminante» l’attuale legislazione italiana perché non concede agli insegnanti a tempo determinato di ottenere una progressione salariale in base all’anzianità maturata. Ha quindi inviato una lettera di messa in mora al governo per non aver adeguato la legislazione nazionale alla direttiva sul lavoro a tempo determinato.
Il governo ha ora due mesi di tempo per rispondere alle carenze sollevate dalla Ue che, in assenza di una risposta soddisfacente, potrà decidere di emettere un parere motivato. Non è bastato evidentemente quanto fatto dall’esecutivo solo pochi mesi fa con il Decreto Salva Infrazioni. Nel testo veniva raddoppiato l’indennizzo spettante ai docenti in caso di abuso di contratti a termine, ma la Commissione ora torna a chiedere spiegazioni.
La questione riguarda oltre 250 mila precari, su un totale di 943 mila docenti. La maggior parte di loro ha in media 45 anni e vive appesa ai contratti a termine. Nonostante i proclami e i concorsi a raffica, le azioni di Valditara non hanno avuto impatto su questi numeri. Hanno contribuito invece ad alimentare le divisioni tra precari e a rendere ancora più accidentato l’ingresso in ruolo, non avendo previsto graduatorie a scorrimento per i concorsi del Pnrr. Inoltre, è stato alimentato il mercato privato dei crediti che costringe i docenti che ricevono lo stipendio, quando va bene, solo da giugno a settembre, a spendere soldi per i corsi di formazione.
Unica soluzione sensata è la stabilizzazione per tutti coloro che hanno cumulato 3 anni di precariato, come da 30 anni richiedono i Cobas della Scuola: si può e si deve fare.