Ieri mattina in piazza Santi Apostoli, a Roma, la preside del liceo romano Virgilio, Isabella Palagi, ha convocato una «manifestazione silenziosa», partecipata da non più di una trenta persone, contro l’occupazione del suo istituto, ricevendo la solidarietà del ministro leghista dell’Istruzione (e merito) Giuseppe Valditara. Nel pomeriggio, invece, trecento persone (tra studenti e genitori) si sono ritrovati in un’assemblea pubblica nel cortile della scuola occupata per discutere delle motivazioni della protesta e della bizzarra iniziativa della dirigente . Così da fatto di cronaca romana l’occupazione del liceo Virgilio, storico istituto del centro della Capitale, è diventato affare nazionale, e cartina tornasole della partita che Valditara sta giocando sulla scuola italiana.
VENERDÌ NOTTE gli studenti hanno occupato l’edificio, protestando contro le politiche del governo, scolastiche e non solo, e la gestione dell’istituto da parte della preside Palagi. Le parole d’ordine del documento pubblicato dal collettivo della scuola sono state «autoritarismo scolastico», «ddl Sicurezza», «spazi» e «fondi scolastici». Di risposta la preside ha convocato la manifestazione di ieri mattina, davanti la prefettura di Roma, per «riavere indietro la scuola». Al presidio erano convocati docenti, personale Ata, studenti e genitori contrari all’occupazione, un «tentativo di cercare il dialogo con gli studenti, ribadire il valore della scuola pubblica e che l’occupazione escludente lede il diritto allo studio». Per farlo si era servita del registro elettronico, diramando una circolare con l’invito a partecipare. Un atto che è sembrato una chiamata alle armi, ma che al momento del dunque si è rivelato essere senza esercito: in piazza si sono presentate nemmeno trenta persone. Sui numeri bassi ha sviato un professore di matematica presente, che ha chiosato: «non è una gara». Pochi, ma sufficienti ad attirare il plauso del ministro, che ha descritto in una nota il fatto come un «segnale di grande importanza civile ed educativa», descrivendo le occupazioni come uno «stanco, illegittimo e dannoso rito». Nel pomeriggio poi ha telefonato alla preside per esprimerle la propria solidarietà.
L’ACCREDITAMENTO di Palagi come prima linea della lotta alle occupazioni (chiodo fisso del ministro che ha firmato una legge di riforma sul voto in condotta considerata repressiva e punitiva) non è un fatto nuovo. Lo scorso anno, dopo un’occupazione durata 14 giorni, convocò ognuno degli studenti che avevano preso parte alla mobilitazione: una sorta di maxiprocesso su oltre cinquecento di loro. Alla fine le sospensioni furono centinaia e venne chiesto a tutte le famiglie di versare un contributo di 20 euro per riparare i danni causati dagli studenti. Dei fondi, tuttavia, riferiscono anche i genitori, non vi è mai stata una rendicontazione per sapere come siano stati spesi.
LA RISPOSTA ieri è arrivata pronta da parte degli studenti. Ma anche da genitori: in 308 hanno firmato un documento in cui vengono spiegate le ragioni della propria diserzione alla manifestazione. «Consideriamo improprio l’invito della Dirigente a manifestare in piazza, abbandonando di fatto i luoghi e i tavoli in cui si esercita il dialogo con gli studenti» hanno scritto. Poi nel pomeriggio hanno raccolto l’invito degli occupanti ad aderire all’assemblea pubblica nel cortile della scuola.
NELL’ISTITUTO sono arrivate oltre trecento persone: «penso che siamo un po’ più di trenta» ironizzano gli studenti. «La manifestazione era convocata davanti alla prefettura appositamente per mettere pressione sullo sgombero», dice uno di loro, «noi sappiamo che la componente anti occupazione è anche più grande di così. Ma sappiamo anche che hanno disertato perché l’unico scopo della preside era legittimarsi sul piano politico, il dialogo con gli studenti di cui parla non le interessa veramente». «Anche sui docenti pesa un clima di repressione sempre più forte. A maggior ragione dopo il caso Raimo del mese scorso c’è una difficoltà ad esporsi», dicono riguardo ai professori che hanno firmato il documento della preside. Sul valore della mossa della preside interviene anche la madre di una studente: «Ha parlato di maggioranza silenziosa, richiamando un movimento conservatore e reazionario degli anni ’70. Con quell’aggettivo il posizionamento politico è chiaro». «Sbandierano il dialogo solo quando gli fa comodo – commenta uno studente – dimostrando che l’unico modo per ottenerlo è questo. Dicono di essere i democratici, poi al loro presidio non va nessuno e noi siamo trecento: chi è chi?».
*da ilmanifesto.it