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di Antonio Mazzeo (da comune-info.net)

Il coinvolgimento italiano dentro gli scenari di guerra viene da lontano, dal nostro essere parte attiva dell’allenza militare geopololitica NATO.
La presenza di contingenti militari italiani nell’UNIFIL in Libano, così come in molti altri teatri  di guerra, e il pericolo per i nostri soldati sono solo l’aspetto sociale che più si presta ad essre sventolato come vessillo patriotico.
Il problema drammatico è che la NATO si è trasformata da guardiano degli equilibri geopolitici a struttura attiva di combattimento (diretto e/o per intrposto soggetto) contro gli ostacoli che si frappongono o ostacolano il rigenerato progetto egemonico anglo-americano. Ogni multilateratismo, ogni potenza regionale diviene nemica (compresa la UE) se va ad intralciare quel “make America great again”, indifferentemente che sia gridato sguaiatamente da un Trump o sussurato all’orecchio da Biden o chi per lui.
L’articolo che proponiamo qui di seguito da conto di quanto è avvenuto e sta avvenendo dietro le quinte dell’esposizione comunicativa dominante.G.Z.

Dieci mesi di bombardamenti israeliani contro la popolazione palestinese di Gaza e l’escalation delle operazioni delle forze armate e dei servizi segreti di Tel Aviv in Siria, Libano, Yemen e Iran rischiano di trasformare l’intero Medio Oriente nel primo campo di battaglia dove le grandi e le medie potenze si fronteggeranno in quella che sembra assumere sempre più gli aspetti di una grande terza guerra mondiale, conflitto globale, totale, forse pure nucleare. Pochi, anzi pochissimi, sono coscienti in Italia della drammaticità della crisi in atto, men che meno del sempre più diretto coinvolgimento del nostro paese negli scenari bellici internazionali. Non si è accorto nessuno, così, che alla vigilia di ferragosto l’Italia ha assunto il comando tattico dell’operazione aeronavale “Aspides” promossa all’inizio del 2024 dall’Unione Europea (in stretto accordo con Washington e il governo britannico) per fronteggiare gli attacchi delle formazioni militari Houthi alle navi che transitano nelle acque del Mar Rosso, del Mar Arabico fino al Golfo Persico e nel Nord dell’Oceano Indiano.

Il 13 agosto è stato formalizzato il passaggio di consegne tra il commodore olandese George Pastoor e il contrammiraglio della Marina Militare italiana Massimo Bonu, a bordo della nave olandese Karel Doorman, nel porto militare egiziano di Safaga. La missione “Aspides”, con quartier generale operativo a Larissa (Grecia) e a Gibuti, vede coinvolti 19 paesi e conta attualmente su cinque unità da guerra e oltre un migliaio di militari. “Si tratta di un’operazione strategicamente importante, poiché garantisce la libertà di navigazione nell’area e gli interessi economici mondiali”, spiega senza troppi giri di parole lo Stato Maggiore della difesa.

Nei primi mesi di attività, le navi da guerra UE hanno scortato 170 tra mercantili e petroliere attraverso lo stretto di Bab el Mandeb, abbattendo 19 droni e missili Houthi. I dati sono forniti direttamente dall’Alto commissario per la politica estera e di sicurezza dell’Unione europea, lo spagnolo Josep Borrell. “Gli Houthi stanno lanciando attacchi sempre più sofisticati, sviluppando una maggiore capacità di attaccare navi commerciali, minacciando la sicurezza marittima e il commercio internazionale e mettendo a rischio la pace e la sicurezza regionale”, ha detto Borrell. Una implicita dichiarazione di guerra alla forza politica e militare che controlla buona parte del territorio yemenita solo in parte edulcorata dalla successiva considerazione dell’Alto commissario UE, secondo cui “Aspides ha un mandato strettamente difensivo e non siamo impegnati in alcuna operazione contro gli Houthi a terra”. In verità ad oggi sono ignoti mandati e limiti operativi sul campo per le unità navali e i velivoli impiegati nella missione internazionale, ma il supporto logistico e di intelligence UE agli strike deliberati dai reparti USA e britannici certamente non può essere classificato di tipo “difensivo” e rischia invece di spingere i paesi partner europei allo scontro diretto con l’Iran.

Di male in peggio anche nel secondo grande fronte di guerra, quello russo-ucraino. Il 30 luglio 2024 la NATO ha annunciato che quattro cacciabombardieri Eurofighter “Typhoon” in dotazione all’Aeronautica Militare italiana sono stati trasferiti nella base aerea lituana di Siauliai nell’ambito della missione internazionale NATO Baltic Air Policing di sorveglianza aerea dello scacchiere nord-orientale in funzione di “contenimento” anti-Russia. I velivoli e il personale militare sono provenienti dal 36° Stormo AMI di Gioia del Colle (Ba), dal 37° Stormo di Trapani-Birgi, dal 4° Stormo di Grosseto e dal 51° Stormo di Istrana (Treviso). Nello scalo lituano i caccia italiani hanno sostituito i velivoli delle forze armate di Spagna e Portogallo.

“Ci impegniamo a raggiungere l’eccellenza dimostrando il nostro incrollabile impegno per la difesa collettiva della NATO”, ha dichiarato il comandante della task force dell’Aeronautica in Lituania, il colonnello Michele Nasto. “A partire da oggi, potrete contare su un team coeso, entusiasta e competente il cui profondo e risoluto impegno riflette una profonda consapevolezza della fragilità dell’attuale quadro internazionale e una ferma fiducia nel suo potenziale, capacità e determinazione a eccellere”. Eccellenza bellica dimostrata subito dopo l’arrivo a Siauliai: il 3 agosto due Eurofighter italiani hanno ricevuto l’ordine dal Centro operativo per le operazioni aeree della NATO di Uedem (Germania) di rispondere a una “potenziale minaccia” all’Alleanza da parte di due Mig-29 russi in volo in acque internazionali nel Mar Baltico. I caccia hanno scortato i velivoli russi fino a quando non hanno lasciato lo spazio aereo per fare rientro in patria “dimostrando l’alto stato di prontezza ed efficienza del distaccamento italiano”, così come riporta la nota stampa del Comando NATO.

L’Aeronautica Militare opererà dallo scalo lituano per i prossimi quattro mesi, confermando il ruolo da protagonista del nostro paese nell’ambito della NATO Baltic Air Policing, missione avviata nell’aprile del 2024 e rafforzata prima nel 2014 e successivamente con lo scoppio del conflitto russo-ucraino. Alle operazioni di “salvaguardia” dello spazio aereo delle Repubbliche Baltiche concorrono 17 paesi alleati e l’Italia vi ha già partecipato ben nove volte dal 2015. Sotto il comando e controllo di uno dei due Combined Air Operations Centre (CAOC), ubicati rispettivamente a Uedem e Torrejon (Spagna), sotto la supervisione dall’Allied Air Command (AIRCOM) di Ramstein, le attività di Air Policing consistono nella “continua sorveglianza” dello spazio aereo, nonché nell’“identificazione di eventuali violazioni alla sua integrità”, dinanzi alle quali scattano “appropriate azioni di contrasto”, come ad esempio, il decollo rapido (scramble) dei caccia intercettori. Gli scramble, come quello del 3 agosto tra gli Eurofigher italiani e i Mig-29 russi, sono pericolosi faccia a faccia tra top gun che possono sfociare in veri e propri duelli aerei, specie se gli incontri ravvicinati avvengono negli spazi aerei di frontiera altamente esplosivi, primo fra tutti quello compreso tra la Polonia nord-orientale e l’enclave russa di Kaliningrad. Proprio in quest’area hanno operato fino al 31 luglio 2024 altri quattro Eurofighter “Typhoon” dell’Aeronautica italiana nell’ambito della missione NATO di enhanced Air Policing per “assicurare l’integrità e la sicurezza dello spazio aereo della Polonia, contribuendo così al rafforzamento della postura di deterrenza sul fianco nord-orientale della NATO”. I velivoli sono stati assegnati per quattro mesi alla base aerea di Krolewo a Malbork, in Polonia nord-orientale (a meno di un centinaio di Km dal confine con l’enclave di Kaliningrad), effettuando quasi 700 ore di volo e 26 scramble contro velivoli da guerra russi.

Come ha specificato lo Stato Maggiore dell’Aeronautica, “il personale dell’Arma Azzurra riesce a garantire contemporaneamente la difesa aerea italiana e della NATO partecipando alle missioni di Air Policing in Albania, nel Montenegro, in Slovenia e in Polonia”. Dal febbraio 2024 gli Eurofighter erano subentrati a quattro cacciabombardieri di quinta generazione F-35A assegnati dai gruppi di volo di Amendola (Foggia) e Ghedi (Brescia). “La flotta aerea è stata poi integrata, a partire da metà maggio, con il E- 550 A CAEW del 14° Stormo di Pratica di Mare, che per la prima volta si è schierato in Polonia permettendo all’Italia – unico Paese NATO ad avere in linea questo velivolo – di fornire un contributo fondamentale per la sicurezza delle operazioni aeree e di ricoprire un ruolo strategico in seno all’Alleanza Atlantica per la difesa dello spazio aereo”, annota lo Stato Maggiore.

L’Italia è pure il paese europeo della NATO che più sta contribuendo in termini di personale e mezzi di guerra ai gruppi tattici multinazionali delle forze di terra che la NATO ha dispiegato in quasi tutti i paesi dell’Europa orientale in risposta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022. Oltre 40.000 militari, insieme a significativi mezzi aerei e navali, operano sotto il diretto comando della NATO nella parte orientale dell’Alleanza, supportate da altre centinaia di migliaia di truppe provenienti dai dispiegamenti nazionali degli Alleati europei e da oltreoceano. Recentemente la NATO ha istituito quattro nuovi gruppi tattici multinazionali in Bulgaria, Ungheria, Romania e Slovacchia, oltre ai gruppi tattici già esistenti in Estonia, Lettonia, Lituania e Polonia. Gli otto gruppi tattici si estendono lungo tutto il fianco orientale della NATO, dal Mar Baltico a nord al Mar Nero a sud. Inoltre, al Vertice di Madrid del giugno 2022, è stato concordato il potenziamento dei gruppi tattici schierati fino al livello di brigata e l’aumento del numero di forze ad alta prontezza a ben oltre le 300.000 unità.

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Pubblicato da: Redazione Cobas e Cesp Veneto

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