“Una bella manifestazione con una veste unitaria”: il commento di Piero Bernocchi, portavoce nazionale della Confederazione Cobas, al termine della protesta di sabato 12 ottobre “Un’altra scuola è possibile”, condotta nel centro di Roma da migliaia di docenti precari con comizi finali ai Fori romani.
Alla “Tecnica della Scuola” il sindacalista di base ha sottolineato come sino ad oggi i vincitori del concorso del 2020 abbiano puntato individualmente ad ottenere il ruolo, come quelli del 2023, poi anche i supplenti triennalisti, quelli del sostegno e via dicendo. Ognuno in questa divisione ha puntato l’acqua al suo mulino, ma così finisce che vincono i Governi. Questa volta, invece, ci si è uniti e questo è un risultato importante”.
“Cosa abbiamo chiesto? Bisogna stabilizzare il personale, perché i posti ci stanno e invece vengono assegnati solo per un anno lasciando i docenti precari. Secondo cosa: occorre ridurre il numero di alunni per classe. Vanno quindi cancellati i meccanismi diabolici dell’algoritmo utilizzato per l’assegnazione delle cattedre”.
Bernocchi, infine, sostiene che occorre “evitare il mercato dei titoli di accesso alla professione e stabilizzare con il doppio canale di reclutamento, che prevede l’immissione in ruolo per metà dai concorsi e metà finalmente dalle graduatorie”.
LOTTERIA AL BUIO
«Le condizioni di reclutamento dei precari nella scuola sono diventate insostenibili, sia da un punto di vista materiale che di dignità personale. Le vite di centinaia di migliaia di persone sono ogni anno nelle mani di un algoritmo che funziona in modo arbitrario e non tiene conto delle uniche variabili necessarie per insegnare a scuola: l’esperienza, la competenza, l’empatia e la continuità», dice Giuliana Visco, insegnante in una scuola di Roma ed attivista delle Clap, acronimo di Camere del lavoro autonomo e precario.