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SCUOLA: PRIVATIZZAZIONE GALOPPANTE

da | 27 Giu 2024 | Cesp, Discussione, Materiali, Senza categoria, Webpress

di Marco Cosentina (insegnante di scuola superiore a R. Emilia) da left.it

Da ventanni almeno denunciamo la deriva della scuola pubblica verso la privatizzazione e l’aziendalizzazione. Ci abbiamo e lottiamo contro con tutti i mezzi e gli strumenti in nostro possesso. Troppo spesso inascoltati, alle volte persino sbertucciati da dirigenti e colleghi.
Certo, con il ministro Valditara la deriva è divenuta impetuosa e senza impedimenti, anzi con il corollario dell’approvazione della legge per le Autonomie ha preso ulteriore impulso.
Certo le ‘anime candide’, che tanto per far nomi rispondono rispettivamente ai Sindaacati Confederali, al Partito Democratico, alle Regioni da esso governate, ora lanciano alti lai contro questo sciagurato percorso ma ne sono state partetecipi e colluse fino in fondo. Non dimentichiamolo.
Questo non vuol dire che non si possano trovare momenti, strumenti, lotte comuni e convergenti, purchè non si venga a mistificare o fingere indignazione per un percorso, quello della privatizzazione e aziendalizzazione della scuola e quello delle autonomie regionali, di cui sono stati i precorritori e procuratori. Non scordiamoci Luigi Berlinguer, il deus ex machina per quanto riguarda la scuola italiana.
Riportiamo qui di seguito un ampio stralcio del contributo del prof. Marco Cosentina apparso sulla rivista online Left. G.Z.

Il 24 giugno scorso, a Milano è stata presentata la Fondazione per la scuola italiana, di cui fanno parte organismi potenti quali: Unicredit, Leonardo, Enel, Banco Bpm e Autostrade per l’Italia. L’obiettivo è quello di stanziare fondi privati, circa 50 milioni di euro, da investire nella scuola. Si tratta di una vera e propria agenzia preposta a «contribuire a supportare il sistema scolastico, rendendolo sempre più competitivo», come ha dichiarato esplicitamente il ministro Valditara.

Al cuore di questo modello privatistico, ovviamente troviamo, come recitano i vari protagonisti intervenuti nella pagina di presentazione ministeriale, «la promozione delle competenze, la strategica funzione del capitale umano e la valorizzazione delle eccellenze, quali elementi sempre più centrali in un mercato del lavoro che evolve rapidamente, anche su impulso delle nuove tecnologie». Alla luce di tali pronunciamenti programmatici appare evidente un salto di qualità notevole rispetto a quelle traiettorie che dagli anni 90 stanno trasfigurando le agenzie formative, raccordandole sempre più alle specificità dei modelli produttivi, in una logica di messa a valore del sapere, in quanto merce strategica del capitalismo cognitivo.

Non siamo più quindi in presenza di un assetto a tutti gli effetti “antropologico” che era definibile con il linguaggio di Illich nei termini di un processo in cui la valenza da assegnare all’apprendimento era quella di innervare una vocazione iniziatica alla società dei consumi, bensì siamo piombati in una dimensione che vede una piena compenetrazione delle dinamiche educative all’interno dei meccanismi di produzione della ricchezza. Ovviamente i profondi mutamenti che l’avvento del digitale ha apportato nel mercato, ha senz’altro definito il campo di intervento delle strategie aziendali, le quali privilegiano una produzione di conoscenze compatibili alle direttrici dei grossi comparti dell’industria dell’immaginario. Ci troviamo quindi in uno scenario molto differente da quello della seconda metà del secolo scorso, poiché, assumendo lo sguardo dell’autorevole sociologo Paolo Perulli, ai soggetti sociali classici, sono subentrate delle nuove elitè tecnocratiche ed autoreferenziali, che si raccordano ai divergenti settori della emergente intelligenza generale, quella manodopera creativa ed urbanizzata, cosmopolita e perfettamente integrata nei segmenti produttivi più elevati, ma priva di coscienza autonoma ed incapace di esercitare egemonia. Per contrasto invece, sempre più vaste fasce della popolazione sono scivolate nella condizione di neoplebi eterogenee, escluse dallo spazio del comando, ma mobilitate nella ricerca del consenso da quei settori della classe dirigente, che sofisticamente manipolano i linguaggi populisti della post verità in una logica sovranista ed identitario-securitaria.

In Italia il fenomeno emerge anche dagli esiti delle recenti elezioni, laddove il cosiddetto asse rosso, cioè quello tracciato dalle frecce rosse dell’alta velocità, attraverso le città principali, consegna la vittoria alle forze progressiste, mentre i luoghi della provincia si asserrano intorno al blocco delle destre.

Il documento della Fondazione per la scuola italiana però assume anche due altre valenze significative, poiché da un lato si riverbera sugli scenari inquietanti che si riverseranno sulla scuola pubblica alla luce dell’autonomia differenziata, laddove l’impossibilità di garantire i Lep, destrutturerà l’articolo 3 della Costituzione, cioè quel dispositivo centrale nel nostro assetto democratico, che impone di «rimuovere gli ostacoli…che impediscono il pieno sviluppo della persona». Anche perchè verrà a mancare una prospettiva collettiva unitaria di soggettivazione civile, un piano nazionale di costruzione egualitaria della cittadinanza. Ciò ridurrà sempre più l’azione del pubblico, ed esporrà ad un’atomizzazione della coesione sociale, in un’ottica di anomia individuale, in cui i soggetti più vulnerabili, cioè la maggioranza impoverita, soggiacerà ad un asservimento totale a quelle logiche prefigurate dal manifesto programmatico di Valditara e company, (tra l’altro colossi implicati nella produzione e vendita di ordigni bellici, nello sfruttamento di risorse fossili, nella riproposizione di sistemi di mobilità e di occupazione dei territori, altamente inquinanti) che prevede la compartimentazione dei percorsi formativi, con la misurazione dei traguardi raggiunti lungo tutto il processo, per una compatibilità alle esigenze gerarchizzante della loro messa a valore.

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