Lotto Marzo(8marzo): il corteo, dopo un lungo percorso, partito dal centro città, si è concluso nel quartiere Sacra Famiglia con l’occupazione dell’ex Consultorio Famigliare del Servizio Sanitario, chiuso da 5 anni grazie alla “revisione della spesa sanitaria” operata dalla Giunta Zaia. Riportiamo qui di seguito ampi stralci dell’intervista a Non Una di Meno (Padova) pubblicata sul portale DinamoPress. G.Z.
“I consultori sono una realtà nata dai movimenti femministi degli anni 70 e poi istituzionalizzata con la legge 405/1975. Come sono cambiati il ruolo e la funzione dei consultori in questi cinquant’anni?
I consultori sono nati grazie alle lotte femministe e delle donne che hanno portato una visione politica e sessuata della salute: donne che si organizzavano autonomamente per parlare di salute, contraccezione, sessualità, maternità, violenza, relazioni. Una lotta dal basso vissuta aprendo contraddizioni e conflittualità, come avveniva con le autodenunce per aborto clandestino o il caso di Gigliola Pierobon, che hanno reso evidente la contraddizione tra negazione di un diritto e bisogni delle donne.
La legge quadro nazionale n° 405 del 1975 prevedeva che fossero le regioni a disciplinare le funzioni dei consultori. In Veneto la legge 25/1977 riconosce ai consultori “la funzione di diffusione dell’informazione sessuale e la divulgazione delle conoscenze scientifiche e psicosociali sulle problematiche della coppia, del singolo, della famiglia, della genitorialità responsabile e dell’infanzia”, inoltre istituisce un Comitato di partecipazione.
Le finalità del Comitato secondo la legge regionale è quella di indirizzo, controllo e gestione del consultorio, la composizione prevista è di «non più di 15 rappresentanti degli utenti e delle organizzazioni sociali e sindacali presenti nella zona con particolare riferimento agli organismi di decentramento comunale, ai movimenti femminili, agli organi collegiali della scuola, ai consigli di fabbrica e agli operatori del servizio».
Oggi i consultori non solo sono insufficienti, ma non svolgono più molte delle funzioni per le quali sono nati. Da quella che all’epoca è stata una grande innovazione con l’introduzione del paradigma bio-psico-sociale in sanità, si sta tornando a dare spazio al solo paradigma bio-medico. Infatti, anche i consultori attualmente aperti, sono stati svuotati della loro funzione politica quali punti di riferimento e spazi di organizzazione e di confronto per le donne, per diventare, quando va bene, poco più che ambulatori. Questo ha una diretta ricaduta sulle donne e sulla popolazione che perde servizi di prossimità fondamentali, ma ricade anche sulle spalle di chi all’interno di queste strutture lavora con sempre meno riconoscimento e maggiori difficoltà.
NUDM ha sempre insistito sull’importanza della salute in chiave transfemminista. Già nel Piano Femminista un intero capitolo era dedicato a questo tema, declinando la risignificazione dei consultori «come spazi politici, culturali e sociali oltre che come servizi socio-sanitari, valorizzando la loro storia in luoghi delle donne per le donne». Cosa significa? Come declinerete questa rivendicazione nel vostro spazio? Cosa significa per voi “salute” in chiave transfemminista?
Significa che la salute non è semplice assenza di malattia, ma poter contare su una rete di relazioni, supporto e sorellanza. In una settimana di occupazione sono centinaia le persone (abitanti del quartiere, lavoratrici, studentesse, pensionate) che hanno partecipato alle assemblee, ai laboratori sulla salute sessuale, ai momenti di socialità, persone che hanno trovato nella Consultoria una casa e un luogo accogliente dove costruire e coltivare legami di solidarietà. In questo senso la Consultoria è un presidio antiviolenza, perché come donne e libere soggettività troviamo uno spazio per parlarci, incontrarci, organizzarci contro le forme di ricatto, violenza, solitudine, sfruttamento di cui si alimenta il sistema patriarcale. Inoltre, l’apertura della Consultoria sta (inaspettatamente) generando e sostenendo un’attivazione politica da parte di singole lavoratrici della cura (psicologhe, ginecologhe, ostetriche, mediche di base…) che si sono messe a disposizione sia per organizzare momenti di confronto tra lavoratrici rispetto alle proprie condizioni di lavoro nell’attuale sistema sanitario (e, in particolare, all’interno dei consultori pubblici), sia per condividere il proprio sapere medico in contesti di gruppo in ottica di costruire potere e autodeterminazione delle donne e delle libere soggettività sul proprio corpo.
L’analisi femminista e transfemminista mette a critica l’identificazione della salute sessuale con la riproduzione poiché da questo tipo di concezione (patriarcale) discendono una serie di violenze sul corpo delle donne e delle libere soggettività: ostacolare l’aborto, dare per scontato il desiderio di maternità o l’orientamento sessuale di una paziente durante una visita, praticare la rettificazione neonatale dei genitali per le persone intersex. Al contrario, in un consultorio transfemminista (e nel percorso della Consultoria), vogliamo promuovere un’idea di salute e di salute sessuale che tenga conto delle differenze, che non dia per scontato destini di vita, che metta al centro il tema del piacere e del consenso delle relazioni, che sia un luogo dove ricevere e condividere informazioni sul proprio corpo per autodeterminarsi.
L’approccio femminista e transfemminista alla salute ci porta a desiderare la riapertura dei consultori non solo come ambulatori. Per questo non ci limitiamo a opporci ai tagli al welfare e alla privatizzazione della sanità pubblica, ma vogliamo ripensare gli attuali consultori e dare risposta a nuove esigenze, per questo crediamo nell’incontro, nello scambio di esperienze, nel racconto condiviso.”
*qui l’articolo/intervista a NdM Padova di Caterina Peroni in dinamopress.info