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“La scuola dei talenti” (Valditara)

da | 1 Mar 2024 | News, Webpress

di AA.VV.
Riportiamo qui un ampio stralcio dell’articolo di Luciana Cimino da ilmanifesto.it, che bene segnala il retro pensiero-azione nelle scelte di politica scolastica del ministro Valditara.
Noi arriviamo a leggere questo articolo dopo aver tenuto un corso di aggiornamento CESP, giustappunto, su “Migranti e Scuola” di cui qui trovate i materiali prodotti e di accompagnamento. Abbiamo denunciato, con forza e da sempre, la carenza di una seria politica di accoglienza – anche linguistica e scolastica – per i giovani immigrati, a cui si è sopperito grazie al lavoro educativo (di supplenza) svolto dalle associazioni di volontariato o dal volontariato degli stessi insegnanti (bistrattati e malpagati).
Ora il Ministro ventila, nel suo libro “la scuola dei talenti” e nelle interviste di accompagnamento, l’inclusione dei bambin* e ragazz* stranieri in classi idonee al loro ‘potere’ linguistico: qui si evidenzia l’ignoranza ministeriale su quanto già viene effettuato nelle scuole di ogni ordine e grado a tal proposito.
L’obiettivo dunque non è tanto il superamento delle carenze linguistico-comunicative quanto differenziare il percorso scolastico per una fascia di student*. Proposta, ora, ventilata per gli stranieri ma dietro l’angolo in essere per quanti hanno un deficit d’apprendimento vero o presunto: non a caso si fa riferimento al modello scolastico francese e tedesco.
Ecco che la SCUOLA DEI TALENTI si rivela per quello che vuol essere ovvero dei TALENTI intesi come DENARO e unità di misura commerciale. G.Z.

* Il governo Meloni aggiunge un altro tassello al progetto di scuola classista su cui la destra lavora da quasi venti anni e che ora raggiunge concretezza attraverso i provvedimenti del ministero dell’Istruzione (e merito). Questa volta l’attenzione di Giuseppe Valditara si sposta sugli studenti di origine straniera, non meritevoli, per usare un verbo caro all’ideologia liberista, di stare nell’aula con gli italiani perché li «rallentano» e li «danneggiano».

L’IDEA del titolare di viale Trastevere sulle «classi di transizione», un termine elegante per dire «differenziali», non coglie di sorpresa. Già a gennaio scorso, durante un’intervista sulle polemiche seguite alle parole di Ernesto Galli Della Loggia sull’inclusione, il ministro aveva sondato il terreno parlando di «sistema (di accoglienza, ndr) che non funziona» e aveva concluso: «Per gli stranieri occorrono forme diverse». Ed ecco queste «forme diverse» nel dettaglio, così come presentate ieri sulle pagine amiche di Libero: «Ogni scuola dovrebbe verificare all’atto di iscrizione le competenze dei ragazzi immigrati – ha detto il ministro -. Dopodiché dovremmo lasciare alle scuole la scelta fra l’inserimento tout court nelle classi esistenti o, se ci sono dei deficit molto rilevanti, il ragazzo straniero viene inserito in una determinata classe, tuttavia le lezioni di italiano e matematica le frequenta in una classe di accompagnamento».

IL TUTTO AMMANTATO di paternalismo («noi vogliamo il bene di questi ragazzi»), lastricato di buone intenzioni («vogliamo realizzare una vera integrazione»), giustificato dal fatto che «in Germania e Francia fanno così» e accompagnato da slogan come «basta ghetti» anche se la sua proposta, al contrario, rischia di crearne molti. L’uscita sui figli dei migranti non è dettata dalla cronaca, come altri provvedimenti del ministro, è invece un’idea a lungo coltivata e strutturata nella destra italiana, a partire da quella leghista. Come già i suoi predecessori, anche Valditara ha affidato a un libro la sua visione dell’istruzione. Ne La scuola dei talenti, uscito pochi giorni fa per Piemme, oltre a presentare il Sessantotto e la sinistra come colpevoli del declino della scuola, il ministro dedica ampio spazio agli studenti di origine straniera: dati, statistiche, esempi a supporto dell’idea che si includa escludendo.

SI DICE FAVOREVOLE alla contestata legge su immigrazione e asilo voluta da Macron che esige la conoscenza elementare del francese per i ricongiungimenti familiari. È possibile che queste idee diventino presto provvedimenti dell’esecutivo Meloni, quello che è certo, però, è che fa scendere il dibattito sulle seconde generazioni a un livello ancora più basso, perché sono insidiose anche rispetto al concetto di Ius Scholae. Valditara è consapevole che sono concetti scivolosi e nell’intervista mette le mani avanti rispetto a eventuali critiche: «Dobbiamo decidere se far prevalere l’ideologia o soluzioni realistiche», dice, ma ottiene l’effetto opposto.

*dal ilmanifesto.it

Redazione Cobas e Cesp Veneto

Pubblicato da: Redazione Cobas e Cesp Veneto

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