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“Insegnare a trasgredire” (Bell Hooks)

da | 23 Dic 2023 | Cesp, Discussione, Materiali, Proposte

di Cattive Maestre

Proponiamo qui di seguito un ricordo e una recensione delle proposte pedagogiche di Bell Hooks pubblicata su dinamopress dal collettivo “cattive maestre” che facciamo nostro . La teoria e la pedagogia critica di Bell Hooks, solo da pochi anni tradotta in Italia, può aiutare le insegnanti non solo a sopravvivere al mondo della scuola neolibarale e autoritario, ma può trasformarsi in parole guida per costruire comunità nei contesti in cui si insegna l’individualismo, a trasgredire dove regna il conformismo, e amare il pensiero critico dove si valutano competenze, abilità e conoscenze. G.Z.

Tre insegnamenti da non dimenticare

1.

Le parole di bell hooks si propongono di rinnovare e svecchiare le pratiche d’insegnamento al fine di rendere l’educazione “una pratica di libertà” — come recita il sottotitolo di Insegnare a trasgredire — affinché la scuola non sia “il luogo in cui chi studia subisce un vero e proprio indottrinamento volto a sostenere il patriarcato capitalista, imperialista e suprematista bianco”, ma dove lƏ discente impara “ad aprire la mente, a impegnarsi nello studio rigoroso e a pensare in modo critico”. La trasgressione del titolo è di fatto una dichiarazione d’intenti rispetto a un metodo: ciò che si trasgredisce sono i confini di una scuola bianca, patriarcale e classista, in un movimento contro e oltre gli stessi, uno “sconfinamento”, per poter pensare, ripensare e creare nuove visioni generative e trasformative affinché diventino sistemiche.

Su questo punto, abbiamo individuato diversi dispositivi che contribuiscono al mantenimento degli ingranaggi di una scuola bianca, patriarcale e di classe: non solo le forme in cui viene confezionato il sapere (conservativo) per l3 nostr3 studenti, ma più nello specifico vanno visualizzate e contrastate alcune politiche scolastiche, risultato di riforme oculatamente neoliberali, e alcune prassi amministrative che riproducono le diseguaglianze educative e l’esclusione sociale: dispositivi quali la valutazione e l’orientamento; la formazione delle classi; gli stereotipi di genere tramandati nei libri di testo sin dalla primaria; i piani BES (Bisogni Educativi Speciali), ovvero l’inclusione a costo zero della quale pagano le spese principalmente alunn3 razzializzat3; e poi ancora i PCTO (acronimo per: Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento), i crediti formativi, il test INVALSI, i RAV (acronimo per: Rapporto Auto Valutazione), i PON (acronimo per: Programma Operativo Nazionale), concessi solo in base ai risultati dei RAV, i territori, intesi come spazi di relazione con le imprese…

2.

Il secondo insegnamento di bell hooks che vorremmo menzionare qui ha sempre a che fare con uno sconfinamento, che stavolta riguarda i territori oltre le mura degli istituti scolastici: in questo senso, infatti, l’insegnamento non è inteso solo come una pratica che si svolge soltanto nei contesti educativi formali come l’università o la scuola, bensì in tutti i luoghi disposti ad accogliere contributi didattici informali. Ci parla di comunità educanti, d’insegnamento e d’apprendimento, due piani che per la pensatrice statunitense sono in costante dialogo aperto; ci parla di alleanze dentro e fuori scuola, ci incoraggia a s-confinare, ad assumerci il conflitto. E questo ci impone un’urgenza, quella di formarsi su determinati temi, una formazione ancora molto osteggiata nei luoghi istituzionali (ma non solo), specie nella fase sociale, politico-governativa postpandemica in cui ci troviamo: in molte scuole il clima è ostile, conservatore, frammentato e tristemente individualistico, pervaso di associazioni Pro Life dell’ultradestra cattolica e tutto teso verso la produttività e l’efficientismo, oltre che al limite dell’esaurimento nervoso perché oberato di lavoro. È per questo che momenti di comunità sottratti alla frammentazione che osserviamo quotidianamente sono molto preziosi: vanno innanzitutto a colmare la solitudine che noi insegnanti soffriamo nei nostri contesti lavorativi, subendo direttamente o rilevando indirettamente continui episodi di microviolenza razzista, maschilista, classista e abilista messa a sistema. Se non si può fare autoformazione collettiva dentro la scuola perché il comitato genitori o la Dirigente si oppongono alla non meglio identificata teoria gender, e allora chesi moltiplichino i luoghi che ospitano momenti di autoformazione fuori, nelle case delle donne, nelle librerie femministe, negli spazi sociali.

3.

Infine, in Insegnare il pensiero critico che chiude il cerchio di questa trilogia sull’educazione, come dice l’autrice stessa, bell hooks ha “evidenziato problemi e preoccupazioni che insegnanti e studenti hanno portato alla [sua] attenzione”, è il risultato dei sui racconti, dei tanti episodi che narra in una forma discorsiva molto accattivante e coinvolgente.

Tutti questi racconti danno vita a uno strumento teorico-pratico preziosissimo che consiste in trentadue insegnamenti: Pensiero critico, Educazione democratica, Pedagogia impegnata, Decolonizzazione, un capitolo molto bello, che infonde speranza e fiducia nel cambiamento e  dove cita i suoi riferimenti teorici, Freire, Fanon, Cabral e altri su come decolonizzare le menti, decostruire le diverse dimensioni di razza, genere e classe che si articolano nella nostra vita quotidiana; e poi ancora Integrità, Testimonianza, Conflitto… Si tratta di insegnamenti che hanno lo scopo di “rendere l’aula un luogo di impegno feroce e intenso apprendimento” piuttosto che quello spazio noioso, annichilente, passivo, d’addestramento al conformismo, all’obbedienza, all’acquiescenza, al lavoro (precario e gratuito), alla produzione, alla competizione, alla performance, all’informazione tecnica di cui noi tutt3, da studenti e/o da insegnanti/educatrici/ricercatrici, abbiamo fatto esperienza nelle nostre vite.

Nel giorno dell’anniversario della sua morte, salutiamo dunque con rispetto e deferenza l’eredità che questa pensatrice afrodiscendente ci ha generosamente lasciato, con l’impegno di assumerci la responsabilità di provare a darle continuità in un panorama ancora lontano dall’eguaglianza razziale, e cogliendo l’invito a costruire comunità allargate di riflessione e azione contro la morsa sempre più stringente dei tempi frenetici e deliranti che viviamo.

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Cesp Veneto

Pubblicato da: Cesp Veneto

Centro studi per la Scuola Pubblica

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Il CESP, Centro Studi per la Scuola Pubblica di Padova, è nato nel luglio del 2004. In questi anni, oltre a promuovere dibattiti, presentazioni di libri, rassegne cinematografiche e spettacoli teatrali inerenti al mondo dell’istruzione, ha sviluppato decine di convegni sul territorio.

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