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GABBIE SALARIALI a scuola e nel Pubblico Impiego.

da | 8 Dic 2023 | Cobas Scuola, Discussione, Materiali, Primo piano

di Beppi Zambon

GABBIE SALARIALI a scuola e nel Pubblico Impiego.

Bolliva da tempo dentro il pentolone delle proposte per il personale della scuola della Lega, molte volte i suoi esponenti più accreditati sul tema si erano già espressi. Valditara è stato uno di questi.
Il modello stipendiale è quello già in essere delle provincie autonome di Trento e Bolzano, ad esso vi avevano fatto riferimento sia il presidente della Regione FVG Fugatti, che l’assessora parafascista del Veneto Donazzan, appoggiata dal clerico-fascista e omofobo Durigon (ora sottosegretario al Lavoro). Il ‘deus ex machina’ del Veneto Zaia, di buona scuola democristiana, non si è mai sbilanciato.
Fatto sta che – ora – nella bagare notturna di affossamento del ‘salario minimo’ è statao approvato il solito emendamento che va a conferire alle Regioni, quindi alla contrattazione di 2° livello, la possibilità di conferire dei emolumenti salariali atti a contrastare il relativo e specifico costo sociale della vita territorialmente definito.
Quindi a Milano si potrà prendere molto di più che ad Agrigento, così pure a Bologna di più che a Catanzaro e via dicendo. La giustificazione adotta e rivendicata, ripetiamo, in particolare dalla Lega, è il differenziale del costo della vita tra aree territoriali nel Paese.
Questa è una motivazione che sottende un progetto di differenzazione generale ovvero per tutto il lavoro dipendente pubblico; per quello del settore privato le differenze retributive già sono presenti per effetto della contrattazione aziendale, per i diversi rapporti di forza esistenti nelle piccole, medie e grandi aziende.
La gravità del passaggio istituzionale di questa differenziazione retributiva sta nel fissare normativamente una trasformazione strutturale nel mondo dei lavori che non riporta le lancette dell’orologio indietro nel tempo alle famose – per chi si occupa di storia sociale e sindacale – “gabbie salariali” in essere fino ad oltre la metà degli anni 60 del secolo scorso. Piuttosto tende a sancire lo scardinamento della contrattazione nazionale e con essa il ruolo del Sindacato quale rappresentate degli interessi generali dei lavoratori di questo o/e di quel settore produttivo. E’ un attacco frontale al ruolo di mediatore e di portatore degli interessi generali in capo al Sindacato, qualunque esso sia.
Con questo non si entra nel merito di quello che hanno fatto – anzi non fatto – le Organizzazioni Sindacali siano esse Confederali o anche di quelle dette di Base, ma si vuole segnalare come e quanto velocemente il progetto del Governo marci a piè spedito modificando gli assetti sociali del Paese, con o senza Premierato.

Ma torniamo alla scuola che, come spesso è successo in questi ultimi 25 anni, ha fatto da battistrada trasformativo del rapporto di lavoro. Al ministro dell’Istruzione, il leghista Giuseppe Valditara, aveva dichiarato il gennaio scorso: “Il mio obiettivo è quello di elaborare ipotesi volte a favorire la sinergia tra il sistema produttivo, la società civile e la scuola, nella consapevolezza che ci vorrà un approccio particolarmente innovativo per attrarre al sistema d’istruzione risorse sempre maggiori, in grado di elevare la dignità del personale scolastico e la qualità della nostra offerta formativa”. Non aveva richiamato le “gabbie salariali” ma nel commentare l’elevato costo degli affitti a Milano e in genere nel Nord Italia per gli insegnanti migranti, non riusciva a nascondere l’obiettivo che si era prefisso. Concetti, come si è detto, già esplicitati negli anni passati da lui stesso e dai suoi accoliti leghisti. Ma l’intenzione del governo c’era e così quello che affermava un anno fa, viene oggi fatto, furtivamente, passare di notte: un emendamento è stato infilato nella discussione sul salario minimo alla Camera e poi, nottetempo, approvato. La proposta del leghista Andrea Giaccone è passata con il parere favorevole del sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, in rappresentanza del governo, e vi si scrive di inserire una «quota variabile» di stipendio per i dipendenti pubblici, in particolare nel settore dell’istruzione, calcolata in base al luogo di attività.

Giuseppe Zambon

Pubblicato da: Giuseppe Zambon

Presidente Cesp Veneto

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