Dell’introduzione della figura ‘strutturale’ del docente tutor abbiamo abbondantemente discusso (in 2 convegni CESP) e con diversi interventi scritti, qui nel nostro sito, nella nostra pagina facebook, denunciandone da un lato la pochezza retributiva e dall’altra la sua ben più insidiosa funzione dentro la messa a regime della trasformazione – in atto da oltre 20 anni – del ruolo sociale [e costituzionale] della scuola italiana, di ogni ordine e grado. Non di propaganda si tratta, ahinoi!
Certo ci fa piacere lo slittamento di 30 giorni del termine entro il quale raccogliere le candidature interne alle scuole: è un palese segno di difficoltà per i piani ministeriali e un indice di diserzione del corpo insegnante.
Ma questo non basta. E’ utile e necessario un pronunciamento palese di rifiuto degli organi collegiali, in primis il Collegio Docenti ma pure delle RSU di Istituto, di coordinamenti insegnanti e/o studenteschi. Il mal di pancia individuale, il brontolio in aula insegnanti e nei corridoi, non portano a nulla se non sono accompagnati da una forte e chiara espressione pubblica.
Non di meno diamo spazio a questa presa di posizione che arriva dal Liceo Mamiani di Roma, augurandoci che divenga corale. [G.Z]
«Una mera operazione di propaganda»
«Una mera operazione di propaganda». Cristina Zagaglia, docente di Italiano e Latino in uno dei licei più antichi di Roma, il Mamiani, sulla questione degli insegnanti «tutor» è netta: «Solo una operazione di facciata per impoverire ulteriormente la scuola di contenuti».
Cosa significa?
La direttiva è scritta in maniera poco chiara e generica, sembra infatti che il ministro parli per slogan. Nasce il dubbio che serva a dimostrare all’Europa che l’Italia utilizza i fondi contro la dispersione scolastica, ma mi pare che a tal fine l’introduzione del tutor sia una misura totalmente inutile e anche dannosa, che svuoterà ancora la scuola pubblica di contenuti per sostituirla con competenze vuote.
Bisogna tornare a discutere e a dibattere in modo democratico e partecipato all’interno degli istituti, rifiutando l’accettazione acritica e passiva di compiti burocratici
Quali sono gli elementi che la preoccupano di più?
Aspetti che possono sembrare innovativi come il portfolio dello studente e che nei fatti causano la sottrazione degli studenti ai compagni e al docente curriculare e rendono irrilevanti i contenuti insegnati in classe. La nuova figura del tutor tra l’altro inserisce gerarchie nella comunità scolastica che dovrebbe restare collegiale e democratica, infine causa il commissariamento di fatto dei docenti, sostituiti da non ben definiti percorsi personalizzati, che saranno portati avanti in maniera completamente scollegata dal gruppo classe. In sostanza è un finto percorso formativo che maschera altro.
Cosa?
Quella che io chiamo l’americanizzazione della scuola. Il governo Meloni ha già ampiamente manifestato le sue idee sull’istruzione, a partire dall’aggiunta della parola “merito” nella definizione. A lungo andare interverranno sulla didattica proponendo una formazione à la carte come nei licei americani, attraverso la quale si formerà la forza lavoro, mentre i futuri quadri frequenteranno le private.
Cosa ne pensano i suoi colleghi?
Dai dati emerge chiaramente un’adesione scarsa da parte dei docenti in quasi tutte le scuole. Nonostante l’introduzione dei vantaggi per il punteggio, il docente esperto sa a cosa andrà incontro.
Ci spieghi.
L’incentivo economico è una elemosina, è la solita logica del bonus una tantum per un surplus di lavoro burocratico e non di insegnamento. Non sono ore di straordinario ma ore sottratte alla didattica. Ai docenti andavano tolti gli obblighi burocratici per rafforzare la didattica, non il contrario.
Questo dissenso si trasformerà in una mobilitazione?
Bisogna far capire a tutti i docenti che accettare una cosa del genere fa male alla scuola, che il ministero non sembra lavorare con l’obiettivo di aumentare la conoscenza ma fa proposte fumose per affermare una idea classista dell’istruzione. La scuola ha bisogno, per essere veramente inclusiva e democratica, di rimettere al centro la didattica e i contenuti fondamentali, per tornare ad essere un luogo concreto e vivo di cultura. Io vedo un barlume di mobilitazione e di rinnovata partecipazione, ma forse lo sciopero tradizionale ha perso adesioni e forza. Bisogna tornare a discutere e dibattere in modo democratico e partecipato all’interno delle scuole, rifiutando l’accettazione acritica e passiva di compiti burocratici per restituire all’insegnamento la sua funzione autentica di formazione umana e civile delle nuove generazioni.