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Riconosciuto il lavoro subordinato per 55 ragazzi delle medie superiori. La SAVE condannata a versare 80 mila euro

da | 14 Ott 2022 | News

Riconosciuto il lavoro subordinato per 55 ragazzi delle medie superiori. La società condannata a versare 80 mila euro.

Save è stata definitivamente condannata a pagare circa 80 mila euro di contributi a 55 giovani studenti delle scuole medie superiori, che aveva ospitato come stagisti: per l’Inps si è trattato di lavoro subordinato.
Attraverso una sentenza dei giorni scorsi della Corte di Cassazione civile, riemerge così da un lontano passato un singolare contenzioso, al quale i giudici della Corte Suprema – confermando così la sentenza di Appello, sfavorevole alla società aeroportuale – hanno ora posto la parola fine.
Il verbale ispettivo dell’Inps dal quale ha avuto inizio il contenzioso, risale
al 23 dicembre 2012, quando l’Istituto condannò la società a parare 76 mila e 525 euro, «per contributi omessi e somme aggiuntive», disconoscendo quelli che erano stati presentati come «rapporti di tirocinio», ritenendo che non di stage si fosse trattato nel caso di 55 studenti delle scuole superiori ospitati negli ambienti aeroportuali, ma di vero lavoro subordinato e, come tale, coperto dall’obbligo di versare i relativi contributi dei “lavoratori” all’Inps.

Nell’agosto del 2019, la Corte d’Appello aveva rigettato la domanda di Save di dichiarare illegittimo l’accertamento dell’Inps e il contenuto del verbale. Così la società aveva presentato ricorso per Cassazione. Ma secondo i giudici della Corte Suprema lo ha fatto fuori tempo massimo, scaduti i termini di legge: così nei giorni scorsi il ricorso è stato dichiarato «improcedibile», confermando così gli effetti della sentenza d’appello a favore dell’Inps e condannando la società a pagare anche 4 mila euro di spese legali.
A marzo del 2020, i difensori della società aeroportuale avevano presentato una richiesta per riaprire i termini della giustizia, ma i giudici di Cassazione hanno dichiarato il tutto «improcedibile», non ritenendo sufficienti le giustificazioni date per la presentazione del ricorso fuori termine, in relazione all’imperversare dell’emergenza Covid.
«L’istanza,in riferimento alla auto segregrazione del difensore, avvocato professore Armando Tursi il 20 febbraio 2020 (termine di scadenza del deposito) per timore di contrazione del contagio da Coronavirus», scrivono i giudici in sentenza, «non è idonea a dimostrare che l’impedimento sia stato determinato da una causa non imputabile alla parte, perché cagionata da un fattore estraneo alla sua volontà che presenti i caratteri dell’assolutezza e non della mera difficoltà». La giustificazione presentata dalla difesa per il ritardo – temere il contagio da coronavirus – non è stata ritenuta sufficiente dal giudici. Save dovrà pagare.

Cesp Veneto

Pubblicato da: Cesp Veneto

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