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Guerra e distruzione ambientale

da | 8 Ott 2022 | Materiali

Pubblichiamo questo stralcio di un lavoro di documentazione fatto da Bruna Bianchi – storica, femminista e pacifista UniVE – sugli effetti della guerra che molto spesso vengono sottacciuti dai maggiori organi di informazione [o disinformaazione?!] G.Z.

Guerra e distruzione ambientale

di Bruna Bianchi da Voci di Pace

Dopo sei mesi di guerra le condizioni di approvvigionamento idrico in Ucraina appaiono disastrose. In agosto 1,4 milioni di abitanti non avevano accesso all’acqua e almeno 16 milioni non ne disponevano a sufficienza. Numerose infrastrutture sono state gravemente danneggiate: dighe (almeno quattro), torri idriche, condotte fognarie, stazioni di pompaggio e di filtraggio (ceobs.org).

Dopo i bombardamenti di Mariupol, l’acqua potabile è stata inquinata dalle acque reflue con grave rischio di diffusione del colera. Attualmente il 25 per cento della popolazione fa ricorso ai pozzi estraendo acqua molto spesso contaminata. La qualità dell’acqua, infatti, è estremamente peggiorata e in molte zone il ripristino delle infrastrutture idriche è considerato impossibile. Nello stesso tempo, fiumi, mari e zone umide sono stati costantemente aggrediti dall’inquinamento che ne ha minato la vitalità e la capacità rigenerativa: sostanze tossiche fuoriuscite dai depositi di carburante e di agenti chimici colpiti dai missili, particelle di cemento, vetro, amianto, diossina rilasciati nell’atmosfera dai bombardamenti e in seguito ricadute con le piogge. La distruzione dei ponti – almeno cinquanta dall’inizio del conflitto – ha modificato il flusso d’acqua dei fiumi dove, in molti punti di attraversamento i veicoli militari abbandonati si corrodono lentamente.

Anche parte delle zone umide, quelle della Polesia e della zona di Chernobyl, sono state devastate dalle azioni di guerra (newscientist.com). Grande allarme ha sollevato la condizione del Mar Nero; alle distruzioni degli ecosistemi dovute a materiali esplosivi infiammabili, caustici e radioattivi, si sono aggiunte le fuoriuscite di carburante dalle navi, mentre l’uso dei sonar e le esplosioni sotto il livello dell’acqua hanno causato la morte delle creature marine, tra cui migliaia di delfini.

Difficile avere un quadro preciso della situazione; alcune zone sono occupate, in altre è difficile l’accesso o è trascurata la costante osservazione. Infatti, i sistemi di verifica dei danni ambientali non sono entrati a far parte degli obiettivi governativi e la protezione legale dell’ambiente è debole. Gli interventi previsti dal piano di ricostruzione discusso a Lugano il 4-5 luglio alla Ukraine Recovery Conference, un incontro internazionale promosso da Ucraina e Svizzera, sono stati criticati dalle organizzazioni ecologiste non governative ucraine come peggiorative delle condizioni attuali (uncg.org.ua).

Il processo di ricostruzione sarà sostenibile se basato su un reale interesse per l’ambiente e su una conoscenza accurata delle conseguenze della guerra sugli equilibri ecologici. È quanto ha sostenuto Doug Weir direttore del Conflict and Environment Observatory (Ceobs), una organizzazione non-profit sorta in Inghilterra nel 2018, nell’articolo del 28 luglio: Sustainable Recovery? First Sustain Interest in Ukraine’s Environment.

Smilitarizzare le informazioni su guerra e ambiente

Grazie soprattutto alle rilevazioni da remoto, l’invasione dell’Ucraina è forse “il conflitto più osservato della storia” scrive Weir. Organizzazioni non governative ucraine (tra cui Ekodia e Ukranian Nature Conservation Group), pacifiste (PAX for Peace) e lo stesso governo ucraino cercano di monitorare costantemente le conseguenze del conflitto. Tuttavia, gli obiettivi che guidano l’attività di osservazione divergono sotto alcuni importanti aspetti. Mentre il governo è impegnato nella raccolta dei dati allo scopo di tradurre i danni in termini economici al fine di ottenere le riparazioni, alcune ong ucraine, come Ekodia, si propongono di agevolare la transizione del paese verso una economia sostenibile che preveda l’abbandono delle fonti fossili di energia, altre, come Ukranian Nature Conservation Group (Uncg) pongono l’accento sulla conservazione della biodiversità come aspetto importante nel processo di ricostruzione.

Benché per alcune ong l’obiettivo di difendere l’integrità ecologica conviva con il sostegno della difesa armata (uncg.org), esse hanno diffuso informazioni importanti, per lo più trascurate dai media, o denunciato la legislazione di emergenza che consente, ad esempio, di porre a cultura anche le riserve naturali e le steppe (uncg.org.ua) e che già ha messo a rischio una parte rilevante degli ambienti naturali.

L’attenzione dei media, infatti, non si è soffermata sulle conseguenze ambientali di alcuni drammatici episodi bellici; ne sono un esempio l’assedio all’impianto siderurgico Azovstal, diventato una leggenda della resistenza ucraina. Ampio spazio è stato riservato dalla stampa alle condizioni e ai rischi di civili e soldati rinchiusi entro le mura dell’acciaieria, molto minore quello riservato alle conseguenze e ai rischi ambientali rappresentati dai bombardamenti su un complesso industriale che conteneva al suo interno decine di migliaia di tonnellate di soluzione di idrogeno solforato in grado di cancellare ogni forma di vita, vegetale e animale, dal Mar d’Azov.

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qui una scheda storico – economica

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Pubblicato da: Cesp Veneto

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Il CESP, Centro Studi per la Scuola Pubblica di Padova, è nato nel luglio del 2004. In questi anni, oltre a promuovere dibattiti, presentazioni di libri, rassegne cinematografiche e spettacoli teatrali inerenti al mondo dell’istruzione, ha sviluppato decine di convegni sul territorio.

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