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SONO UNA MAESTRA

da | 27 Set 2022 | Materiali

SONO UNA MAESTRA

di Silvia Pennati da comune-info.org

Sono una maestra. Insegno da oltre vent’anni nella scuola pubblica. Il mio lavoro mi piace, ma vorrei mettere in chiaro che non è una missione né una vocazione. Ho studiato tanto per diventare insegnante, specializzata nella scuola magistrale ortofrenica, ho superato un concorso nazionale e continuo a studiare, perché i bambini e le bambine cambiano, perché si scoprono nuove metodologie, perché l’apprendimento è un processo in perenne mutamento. Fino a quando il nostro lavoro sarà considerato una missione o una vocazione non verrà preso sul serio.

Siamo i più sottopagati d’Europa (intanto è una vocazione…) a parità di titoli, siamo pagati meno anche dei colleghi della pubblica amministrazione (intanto la nostra è una missione…). No, il nostro è un lavoro legato alla cura ed è per questo che andrebbe retribuito di più. Ed è per questo che rimane un ripiego per alcuni e non scelto da altri, magari meritevoli e capaci, per questo non è un lavoro scelto dagli uomini. Ed è per questo che l’insegnamento non viene valorizzato economicamente e socialmente, perché nel nostro sistema solo le materie “maschio” (non umanistiche) sono considerate produttive e quindi legate alla competenza.

Un insegnante studia tanto quando un ingegnere o un economista, con due differenze: l’obbligo di formazione continua, e la “materia” umana. Allora, mi dovete spiegare perché a un insegnante chiediamo una vocazione invece di riconoscerne la competenza.

Purtroppo, nel nostro Paese, la cura è legata al “femminile” e il femminile è sottopagato e sfruttato. Il femminile, ovvero il materno, è dote, non competenza, e questa è una grande enorme frode, per noi e per gli studenti e le studentesse che abitano una scuola sempre più povera.

È competenza la capacità relazionale che non si improvvisa ma ha bisogno di applicazione e studio. È competenza non solo conoscere una disciplina, ma soprattutto, saperla trasmettere.

È competenza la materia pedagogica che un insegnante applica e studia fino alla fine della sua carriera.

È competenza la capacità di mediazione, perché un insegnante ha a che fare con più agenti: la dirigenza, le famiglie, i servizi sul territorio, l’utenza…

Mi sento umiliata tutte le volte che parlano di missione o di vocazione. E quando obietto mi sento dire: “Sì, ma all’insegnamento bisogna esserci portati”. “Perché, per fare l’ingegnere no? Non ci vuole un’attitudine?”.

E, allora, perché il suo lavoro non è considerato una missione e non gli viene chiesto di farlo in termini volontaristici come viene chiesto costantemente a un insegnante?

Non me ne vogliano le/gli ingegneri, sono solo uno strumento per far capire quanto anche il pensiero comune permetta al sistema (quindi al ministero e ai governi) di rimanere immutato e di non investire nella scuola.

Una scuola con altissimi tassi di precariato e chi è precario viene licenziato, spesso, il giorno degli scrutini. Chi è precario, investe quello che può, e non per volontà ma perché prima di capire come funziona una scuola sta già lavorando in un’altra.

Una scuola pubblica che non ha finanziamenti per i progetti che funzionano, che non possono cadere dall’alto come.

Una scuola pubblica che ha finanziamenti solo per la tecnologia. Il ministro mi deve spiegare cosa se ne fa un bambino/a di tutta la mia innovazione tecnologica quando a casa sua madre deve alzarsi alle 4 del mattino per un lavoro sottopagato, quando non ha una connessione Wi-Fi, quando non ha niente di niente?

Una scuola pubblica che chiede ai suoi insegnanti di essere burocrati, di sorvegliare perché manca il personale, di compilare papiri e papiri se si vuole organizzare un’uscita didattica.

Una scuola pubblica per cui la cultura, visite a mostre, teatro, musei, ha un costo così alto da essere inaccessibile.

Una scuola pubblica che non ha compresenze, per cui ogni docente ha venticinque alunni/e da formare tra cui studenti con Dsa e Bes (che ricordo non hanno aiuti “umani” se non strumenti).

Come genitore, pretendo insegnanti competenti non missionari. Pretendo insegnanti capaci, perché l’umanità è preziosa e la produzione è e deve essere considerata in termini di investimenti nel futuro. E li pretendo nel pubblico visto che credo nell’uguaglianza di opportunità e pago le tasse.

Come insegnante, pretendo una dignità che non mi è mai stata riconosciuta. Nel nostro Paese vale più un prodotto qualsiasi, di un studente o una studentessa.

Ma i nostri studenti sono progetti di speranza per un mondo più equo, dare dignità agli insegnanti, riconoscergli competenza, vuol dire darla ad ognuno/a di loro. Vuol dire credere che la formazione dei nostri figli/e sia al centro dell’agenda politica. Prendersi cura della scuola e di chi la tiene in piedi, in termini di miglioramento di risorse e stipendiale, vuol dire non far crepare il futuro velocemente.

Pubblicato da: Cesp Veneto

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Mozione per la pace e la difesa dei diritti umani in Palestina  Collegio docenti dell'IIS Giovanni Valle

Mozione per la pace e la difesa dei diritti umani in Palestina
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Mozione per la pace e la difesa dei diritti umani in Palestina

Come docenti impegnati nella promozione dei valori democratici, del pluralismo, della cittadinanza attiva e della difesa dei diritti umani, sentiamo l’urgenza morale di prendere pubblicamente posizione in merito alla tragedia umanitaria che si sta consumando in Palestina, che coinvolge decine di migliaia di vittime innocenti, tra cui un numero senza precedenti di bambini e di civili. Le notizie e le immagini di interi quartieri rasi al suolo, di ospedali bombardati e resi inagibili, di bambini mutilati e insanguinati, di medici, infermieri e giornalisti presi di mira e trucidati, di centinaia di civili affamati e uccisi mentre aspettano un sacco di farina, meritano attenzione, non indifferenza, anche e soprattutto ora, di fronte a un nuovo, spaventoso teatro di guerra in Medioriente che rischia di occultare quelle immagini, fino a farcele dimenticare.

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