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OBBLIGO SCOLASTICO

da | 30 Ago 2022 | Materiali

Caspita, il Letta del PD si è accorto che sarebbe importante una scolarizzazione dai 3 ai 18, possibilmenete gratuita.
Oibò, sono insorti tutt*, da tutte le parti politiche a difesa dell’infanzia defraudata e statalizzata.
Tutt* adepti della descolarizzazione e/o di Ivan Illich? Magari!!
Tutti menzogneri da quattro soldi, smentibili in un amen.

Il popolo della scuola, quello che ha a che fare con questa Istituzione costituzionale, sanno bene che di gratuito non c’è proprio niente, dalle rete alle ex materne per finire alle ‘tasse volontarie’ delle superiori, con di più la pletora delle paritarie confessionali e non, che lucrano alla grande sul deficit di offerta pubblica, tanto al nord quanto al sud di questo Paese.
Ciò non di meno proponiamo lo scritto seguente pechè ci sembra che contenga, quanto meno, alcuni spunti utili e interessanti.
G.Z.

OBBLIGO SCOLASTICO

di Claudia Pratelli*

Anche nella battaglia più importante, quella contro la dispersione scolastica, che coinvolge tutta la comunità educante, la misura più efficace resta la prevenzione (early intervention). Agire precocemente per creare un ambiente di apprendimento accogliente, che punti sulla cooperazione e non sulla competizione, che consideri l’errore parte preziosa del processo, che restituisca un’immagine di sé positiva e adeguata: tutte le scelte pedagogiche e didattiche che favoriscono l’inclusione e il successo formativo vanno attuate dai primi anni di scuola. Perché sono i primi anni di vita quelli in cui si trasmettono e radicano le diseguaglianze; perché sono i primi anni di vita a determinare le opportunità: il cervello è più plastico, si apprende prima e meglio, si sedimentano saperi e curiosità che orientano tutto il percorso successivo.

Come noto, inoltre, le differenze socio-economiche tra le famiglie sono determinanti nei risultati scolastici dei bambini e nelle bambine. Questo ci porta alla cristallizzazione dell’ingiustizia, all’ereditarietà degli esiti scolastici e lavorativi che emerge in tutti i rapporti, da Open Polis, a Save the Children, alle ricerche di Mapparoma. In definitiva, pur con tutte le possibili contraddizioni, il sistema di istruzione pubblica è ancora il più potente pareggiatore di opportunità su cui possiamo contare.

Senza dimenticare che insieme alle diseguaglianze sociali, l’istruzione obbligatoria e gratuita da 3 anni avrebbe il grande merito di contrastare le diseguaglianze di genere, dato che i carici di cura sono ancora largamente sulle spalle delle donne.

CHI HA PAURA DELL’OBBLIGO, CHI HA PAURA DELLA SCUOLA?

Dopo la proposta del segretario del PD di sono levate voci scomposte insieme a informazioni distorte. La scuola infanzia in Italia è già frequentata da più dell’89% dei bambini dai 3 ai 6 anni, ma un fattore non trascurabile è che spesso proprio chi si trova in condizione di forte marginalità sociale sceglie di non usufruirne. L’obbligo incoraggerebbe un cambiamento culturale e ovviamente sarebbe un’assunzione di responsabilità anche per lo Stato, a quel punto vincolato a destinare programmi e risorse per garantirne l’accessibilità a tutti e tutte. Perché fa paura?

Chi sostiene che quella di Letta sia una proposta “sovietica”, perché “l’educazione è compito della famiglia” accetta e avalla le enormi diseguaglianze esistenti. Sembra incredibile dover ricordare che non è una scelta nascere in una famiglia più attrezzata culturalmente, più fortunata, o più presente.

Peraltro la scuola è da sempre alleata delle famiglie, favorisce la possibilità delle donne di restare nel mondo del lavoro e, accompagnata da un investimento sulla qualità dell’offerta formativa, potrebbe essere scuola anche per i genitori, creare spazi di apprendimento e condivisione anche per loro, affiancandoli e supportandoli nella complessità del lavoro educativo cui non si è mai preparati. Inoltre, una società democratica si dovrebbe fondare su una responsabilità collettiva degli adulti riguardo alle bambine e ai bambini e alle loro opportunità. Questa è poi una delle grandi fratture tra opzioni politiche storicamente opposte: chi riconosce solamente il primato dell’individuo e chi invece crede in una comunità solidale.

Anche quella per l’estensione dell’obbligo ai 18 anni è una battaglia di civiltà, affiancata a quella contro la dispersione scolastica e alla costruzione di una scuola che, agendo in sinergia con le altre istituzioni sociali e culturali, si faccia carico di non lasciare indietro nessuno e sostenere gli alunni più in difficoltà e i loro contesti di provenienza. Stare a scuola significa non stare in strada, moltiplicare le proprie possibilità, condividere anni cruciali con i propri pari e adulti significativi. Certo, la sfida è la capacità della scuola di tenere agganciati a sé i ragazzi e le ragazze, di essere stimolante e abitabile per diverse intelligenze e stili di apprendimento. Per questo l’obbligo a 18 anni significa una grande responsabilità per la scuola, per l’innovazione e per il cambiamento.

OBBLIGO DA 3 A 18 E MOLTO ALTRO. LE UTOPIE CONCRETE E NECESSARIE.

Rendere la scuola obbligatoria e gratuita da 3 a 18 anni, come ha proposto il segretario del Partito Democratico, è addirittura una proposta cauta in un mondo in cui la conoscenza è un diritto fondamentale. E’ un’idea maturata nei movimenti studenteschi, che da sempre pongono il tema dell’accesso e del successo scolastico come inestricabilmente connessi, cresciuta in una parte del pensiero femminista e su cui, da sinistra, abbiamo costruito nel 2018 un progetto visionario ma necessario: “la gratuità dell’istruzione dai nidi all’Università” che fu oggetto di non poca discussione nella campagna elettorale e che, tra le altre cose, prevedeva un investimento straordinario su nuovi nidi e l’abbattimento/azzeramento delle rette. Tutti impegni che sembravano impossibili e che 4 anni dopo hanno preso la forma degli investimenti del PNRR e ispirato le politiche educative che stiamo realizzando a Roma.

Nidi e università gratuite, tempo pieno garantito anche dove (purtroppo in larga parte del Mezzogiorno) non esiste, formazione continua per il personale, diminuzione del numero alunni per ogni classe, ma anche innovazione didattica, maggiore relazione tra scuola e Università, scuole aperte oltre l’orario curriculare come poli civici e culturali di costruzione di comunità. Scuole dove c’è spazio e tempo anche per l’educazione affettiva, per la decostruzione degli stereotipi di genere, per l’ascolto dei ragazzi e delle ragazze: veri e propri punti di riferimento nei territori, che influenzano i contesti in cui si trovano con occasioni di cultura e di supporto.

IN CONCLUSIONE

Queste alcune delle necessarie grandi sfide che sia affiancano alla scuola obbligatoria e gratuita da 3 a 18 anni. E a chi pensa che non si può fare perché non ci sono i soldi, perché siamo troppo indietro, perché siamo in Italia, val la pena di ricordare che di sguardo corto si può morire.

Vale la pena ricordare che uno dei più grandi obiettivi dell’educazione è accendere quella che l’antropologo Appadurai chiama “capacità di aspirare”, quella che Cesare de Florio La Rocca del Progetto Axé chiama “pedagogia del desiderio”: la possibilità di immaginarsi in una situazione diversa da quella in cui si è. E’ la principale deprivazione che subiscono i ragazzi e le ragazze nei contesti di maggiore marginalità, non avvertire più la mancanza, perché desiderare viene dal latino de-sidera: mancanza di stelle.

Si desidera quando si avverte una mancanza. Accendere, o riaccendere, quel desiderio è tra le principali responsabilità dell’educazione, e forse anche della politica.

*Assessora alla Scuola di Roma Capitale

Cesp Veneto

Pubblicato da: Cesp Veneto

Centro studi per la Scuola Pubblica

Via Monsignor Fortin 44 – Padova

Il CESP, Centro Studi per la Scuola Pubblica di Padova, è nato nel luglio del 2004. In questi anni, oltre a promuovere dibattiti, presentazioni di libri, rassegne cinematografiche e spettacoli teatrali inerenti al mondo dell’istruzione, ha sviluppato decine di convegni sul territorio.

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