Inizio 5 Materiali 5 Scuole aperte per competere

Scuole aperte per competere

da | 7 Feb 2022 | Materiali

Proponiamo qui di seguito uno stralcio di un articolo pubblicato su globalproject.info che offre uno sguardo sul ruolo di insegnante, sulla vita nelle classi, sulla funzione della scuola nel nostro modello di società, oggi. G.Z.

Scuole aperte per competere

di Fabio Mengalli*

Tra classi e singoli a distanza, segreterie con personale ridotto, docenti in malattia, viene da chiedersi come si possa diffondere il messaggio che gli istituti scolastici di ogni ordine e grado stiano garantendo la didattica. Fisicamente saranno pure aperti, ma la qualità dell’insegnamento e la socializzazione risentono fortemente della nuova ondata. Non mi riferisco soltanto alle assenze per contagio, che causano interi buchi nelle lezioni: per i e le docenti presenti il problema si crea nella compresenza di più mansioni da portare a compimento, a causa delle quali viene meno quella che dovrebbe essere la principale, cioè la trasmissione e l’elaborazione di conoscenza. Nella cornice di un tempo di lavoro cognitivo già contratto da una fagocitante burocrazia (coordinamento delle classi, progetti, verbali, PDP/PFP, relazioni, schede individuali, schede degli apprendimenti, compiti da stilare e da correggere, riunioni, collaborazione amministrativa con la presidenza, ecc.), nella scuola pandemica gli e le insegnanti sono diventati sempre più dei vigilanti della corretta condotta preventiva dei e delle minori, controllori dell’adeguata presentazione dei documenti delle autorità sanitarie per i rientri da quarantene e infezioni, tracciatori dei contatti dei positivi nelle classi. In più, premesso lo scarso tempo rimanente per preparare lezioni finalizzate all’espansione della conoscenza e non solo al trasferimento di nozioni, immaginarsi un format di didattica mista tra persone in presenza e connesse da remoto realmente inclusivo finisce per essere un puro sforzo di fantasia nel migliore degli scenari, una fonte di stress gratuita nel peggiore. Posto che le persone a distanza abbiano a disposizione una tecnologia adeguata e non abbiano difficoltà cognitive o psicologiche nel seguire attraverso un dispositivo, come può l’insegnante sorvegliare la classe che ha davanti a sé e assicurarsi che dall’altra parte dello schermo vi sia ascolto attivo? Quanto è difficile per uno studente o studentessa intervenire per fare suggestioni o chiedere chiarimenti, interrompendo la lezione, se a distanza? Quanto rimangono alti i livelli di attenzione da remoto? E quanto lo rimangono per coloro che, in aula, assistono a lunghe presentazioni PowerPoint, video e immagini creati ad arte necessari per coinvolgere le persone da casa, che non vedono la lavagna e la prossemica dell’insegnante? Come coprire i tempi morti dovuti alla caduta della connessione (spesso fornita con i dati internet privati del/la docente)? Sono domande retoriche, si dirà. La questione sta proprio nella conoscenza della risposta. Sembreranno cose da poco, ma, uniti tutti assieme, ognuno di questi aspetti contribuisce a dequalificare il sapere prodotto a scuola e ad atrofizzare l’apprendimento di percorsi di ragionamento, per i quali imparare e riflettere dovrebbero essere il risultato dell’incontro tra concetti, metodi, sensibilità soggettive, critiche e conflitto tra prospettive, idee e posizionamento, in un circolo virtuoso che tiene al suo interno docenti e studenti/esse. Nella scuola pandemica, mancanza di tempo e mezzi deficitari non gettano le condizioni oggettive per un’alta produzione di conoscenza.

Ma, dopotutto, non ci si può aspettare altro dalla scuola delle competenze, modello inaugurato negli anni Novanta, la cui parabola ha toccato l’apoteosi con la “Buona Scuola” di Renzi (L. 107/2015). Ben prima del Covid, direttive, note ministeriali e corsi di formazione hanno disseminato questa ideologia mutuata dal mercato secondo cui il docente non dovrebbe incarnare la figura dell’insegnante, bensì quella del “mediatore” o del “facilitatore” del sapere. La mediazione riguarderebbe le informazioni che presuntamente studenti e studentesse reperirebbero da internet, testi e dispense didattiche nel loro tempo di studio a casa. In quest’ottica, la scuola si trasformerebbe nel laboratorio di messa a punto, compilazione, applicazione delle nozioni carpite dalla rete e dai libri di testo a casa, in un capovolgimento dei tempi di studio e apprendimento classici (di qui i progetti di Flipped classroom). Da semplici discenti ragazzi e ragazze si fanno utenti e protagonisti, perché si presuppone che abbiano autonomia di studio e una flessibilità tale da selezionare contenuti online e seguire con dovizia un metodo di ricerca, mettendo in pratica le abilità e i concetti acquisiti nel ciclo di formazione. Essere flessibili significa adattarsi a tutte le situazioni imprevedibili e complesse, come può essere l’assegnazione di un compito (task) su argomenti ignoti, escogitando una soluzione originale (problem solving). Queste le principali capacità che vanno a comporre il ventaglio delle abilità “morbide” o “personali” (soft skills), una delle dimensioni delle famigerate “competenze”. Completamente schiacciate sul raggiungimento pragmatico e professionale di un obiettivo, le competenze mischiano nozioni perlopiù tecniche e tratti emotivo-caratteriali, e definiscono il grado di successo che un competente ha rispetto ad altre persone nella gara per l’ottenimento di un premio/riconoscimento, ad esempio un voto rimarchevole, un posto ambito di stage/tirocinio o il tutoraggio di un progetto tra pari (l’etimologia di “competenza” rimanda, tra gli altri significati, alla competizione).[4] Ecco spiegata la derivazione dal mercato del lessico contemporaneo dei programmi di istruzione: la scuola si prefigge di fabbricare individui competenti, nel doppio senso di competitori sul lavoro e di risolutori, e del saper fare qualcosa – una mansione, una professione, oppure stare in relazione. Stessa sorte tocca ai docenti, ai quali sono richieste le medesime flessibilità e problem solving nell’adattamento delle lezioni al gruppo classe, di cui devono stimolare allo stesso tempo attenzione e motivazione con tecniche brillanti e accattivanti (smart e catchy, si direbbe in gergo), adesso al centro dei manuali di formazione per insegnanti a discapito dei contenuti, del dibattito e dell’argomentazione. La forma supera il contenuto conoscitivo coerentemente con una visione del sapere strumentale alle esigenze economiche della filosofia del capitale umano.

In questo modo, il funzionamento del sistema di istruzione dipende sempre di più dall’aleatorietà dell’individuo, che si tratti di studenti/esse o di docenti. Il successo dell’apprendimento delle competenze viene demandato alla flessibilità e capacità in partenza delle e dei singoli, andando a ispessire la linea delle diseguaglianze. Dal lato studentesco, chi potrà studiare in autonomia a casa, consultare il giusto materiale e saperlo elaborare, prepararsi per le prove con sicurezza di sé e autostima immune dall’ansia da prestazione, sarà la persona che gode di un ambiente familiare accogliente e sereno, i cui membri sono in grado di prestare assistenza, spronare allo studio e fornire allo studente o studentessa risorse culturali e tecnologiche. Viene dunque meno il principio universale che reggerebbe l’istituzione scolastica a garanzia di un diritto all’istruzione di qualità e ugualmente accessibile per tutti/e. Senza contare che l’altra diretta conseguenza dell’odierno modello di scuola è l’inasprimento della competizione, da cui l’ulteriore aumento della diseguaglianza e la rottura di legami sociali solidali, reciproci e orientati agli interessi collettivi.

Si capirà, allora, come per Bianchi e Draghi l’apertura delle scuole a gennaio sia stata una vittoria. Negli istituti scolastici in carenza di personale e con classi a distanza o ammezzate, la didattica e la messa in pratica delle competenze non si sono mai interrotte: facendo ricorso a talenti personali, tecniche di adattamento e conoscenze tecnico-informatiche, gli e le insegnanti hanno potuto mettere alla prova il loro grado di flessibilità e problem solving; ancora più flessibilità è stata richiesta ai e alle discenti quando è stato domandato loro di intensificare lo studio autonomo a casa in conseguenza del minor tempo per spiegazioni esaustive in classe, dotarsi di dispositivi informatici non sempre a disposizione, mantenere alti i livelli di attenzione e superare con successo le verifiche di fine quadrimestre. Al Ministero poco importa che in questa situazione di inizio anno gli ingranaggi già arrugginiti e dalla dentatura piuttosto smussata della didattica subiscano un (ennesimo) blocco, rendendo fittizio il ritorno alle lezioni in presenza: per considerare aperta la scuola è sufficiente che si continuino a insegnare direttamente e indirettamente le competenze, in aula e nelle ore di alternanza.

Il punto qui non è stigmatizzare in sé le competenze o la conoscenza tecnico-pratica, che pure sono utili e richieste in alcuni curricula scolastici proprio da ragazzi e ragazze, specialmente negli istituti tecnici e professionali; tantomeno tornare alla scuola gentiliana delle grandi conoscenze enciclopediche prettamente teoriche e standardizzate. Il problema risiede nella progressiva misurazione della scuola sul metro del lavoro, da cui vengono le nuove linee guida didattico-educative e l’obbligatorietà dell’alternanza, a danno del tempo di studio, di laboratorio e di vita. Questa unità di misura del lavoro schiaccia il sapere sul presente posto dal capitalismo contemporaneo, legittimandolo in quanto verità, e non lascia spazio ad un sapere che sappia guardare oltre il già dato. Cioè, oltre lo sfruttamento e la dipendenza dai datori di lavoro.

*tratto da globalproject.info qui per leggerelo tutto

Cesp Veneto

Pubblicato da: Cesp Veneto

Centro studi per la Scuola Pubblica

Via Monsignor Fortin 44 – Padova

Il CESP, Centro Studi per la Scuola Pubblica di Padova, è nato nel luglio del 2004. In questi anni, oltre a promuovere dibattiti, presentazioni di libri, rassegne cinematografiche e spettacoli teatrali inerenti al mondo dell’istruzione, ha sviluppato decine di convegni sul territorio.

Categorie

Archivi

Shares
Share This