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La scuola nelle legge di bilancio.

da | 15 Dic 2021 | Materiali

Abbiamo pubblicato giusto un mese fa il contributo di Alvaro Berardinelli e quello dei cobas della scuola in relazione al capitolo scuola presente nella Legge di Bilancio, evidenziando la latente riforma e la persistente impostazione aziendalista insiti nel dispositivo. Gli stessi commenti usciti sulla grande stampa sottolineano la necessaria urgenza dell trasformazione scolastica per garantire l’arrivo dei mitici finanziamenti UE, che sono diventati una camicia di forza per far passare “il tutto e il di più” che fino ad oggi, con grandissime difficoltà, siamo riusciti a contrastare. Qui di seguito postiamo due stralci della puntuale disamina che Carosotti-Latempa fanno della legge di bilancio 2021 sulle pagine di roars.it, a cui rimandiamo per una più completa lettura. Infine alleghiamo un corposo elaborato analitico della rete educAZIONI. G.Z.

La scuola nelle legge di bilancio

di Giovanni Carosotti e Rossella Latempa da roars.it Nell’ultima bozza della legge di bilancio si torna a parlare di valorizzazione degli insegnanti. In realtà, non si è mai smesso di farlo, perché “valorizzazione” è un termine che ha attraversato in maniera costante tutta la stagione politica riformatrice della scuola dagli anni 90 in poi. Tra varie fasi e alterne vicende, l’idea di valorizzazione del docente ha rappresentato una sorta di figura retorica nel discorso pubblico sull’insegnamento: da Berlinguer fino a Renzi. Proprio alla Buona Scuola si deve infatti, come tutti gli insegnanti ricorderanno, l’introduzione del “bonus” al merito dei docenti, elargito dal dirigente scolastico sulla base di criteri stabiliti da un comitato di valutazione eterogeneo, composto anche da studenti e genitori, e, tipicamente, da un altro dirigente scolastico, nel caso delle scuole secondarie di secondo grado. In termini quantitativi, per una scuola secondaria di secondo grado, la valorizzazione si traduceva in un fondo aggiuntivo dell’ordine dei 20 mila euro lordi, che ogni dirigente attribuiva ad una percentuale variabile di docenti, con esiti mai discussi o verificati in termini di efficacia, quanto meno organizzativa. Nel 2020, proprio una legge di bilancio stabiliva che quei fondi tornassero ad essere senza alcun vincolo di destinazione, dunque destinati all’intera platea dei lavoratori, compreso il personale ausiliario, tecnico e amministrativo. Il tema della valorizzazione, intrecciato a quello del merito e delle carriere, è tornato a dominare la scena durante la fase pandemica. Stipendi più alti per merito e più ore di lavoro, suggeriva la Fondazione Agnelli. “Il voto agli insegnanti non deve essere un tabu”, scrivevano Boeri e Perotti dalle pagine di Repubblica; fino ad arrivare al più recente titolo del Messaggero sull’ ipotetico piano del Ministro Bianchi, “Scuola, pagelle ai professori, test INVALSI anche per loro”. La bozza della Legge di bilancio, dunque, recepisce le nuove spinte meritocratiche, che troviamo già abbozzate nel PNRR, e nel successivo atto di Indirizzo del ministro Bianchi. leggi tutto qui Pare quindi evidente che, al di là delle dichiarazioni sull’importanze della scuola e dell’istruzione in generale, moltiplicatesi durante la pandemia, le scelte di governo vadano in tutt’altra direzione. Ricapitolando, dunque, sebbene il 3,6% del PIL per l’istruzione dalla scuola primaria all’università rappresenti uno dei livelli più bassi di spesa tra i Paesi dell’OCSE; sebbene la spesa per studente sia ugualmente al di sotto della media OCSE, tanto più quanto più cresce il livello di istruzione considerato (dalla primaria all’Università), il governo continua a ridurre le risorse ordinarie, approfittando della previsione di calo demografico[1], come espediente per impoverire ulteriormente un sistema già provato da anni di sottofinanziamento. La strategia governativa sembra chiara: 1) tacere sulle risorse ordinarie, affermando che la scuola non funziona e produce disuguaglianze, grazie al fiancheggiamento dei dati INVALSI, utilizzati per stigmatizzare sia l’azione dei docenti e dei dirigenti che la preparazione degli studenti; 2) sfruttare la previsione del calo demografico per risparmiare ulteriormente sulla pelle di scuola e università; 3) spacciare la scarsità di risorse dovute da destinare ai lavoratori del settore, per “valorizzazione” dei migliori, iniettando ulteriore competizione in un mondo che ne era sostanzialmente privo. 4) introdurre criteri di gestione e organizzazione del personale basati sulla cosiddetta meritocrazia (ovvero gerarchizzazione e discrezionalità del potere datoriale): carriere, figure di staff, etc, dichiarate come “autonomia scolastica”. Autonomia che, dove conviene, va opportunamente “pilotata” in maniera centralizzata (vedi proposta Cottarelli di istituire una percentuale fissa di meritevoli). 5) rafforzare la dimensione di mercato dell’istruzione: non più spesa pubblica mirata, relativa ai bisogni materiali dei territori, finanziata dal decisore con responsabilità politica, ma -attraverso la formula dei “patti di comunità”- apertura della progettazione e realizzazione dell’ordinario scolastico ad una moltitudine di soggetti in concorrenza tra loro tramite bandi (enti locali- nei territori più ricchi – privati, terzo settore, associazionismo vario), come sembra accadrà con le risorse del PNRR. Nel vocabolario della neolingua neoliberale che domina anche a scuola, valorizzazione vuol dire tutto questo. leggi tutto qui

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Pubblicato da: Cesp Veneto

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