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Creare dal basso e collegialmente una nuova scuola per un futuro inedito

da | 31 Ago 2021 | Materiali

Postiamo qui di seguito, raccogliendone lo spirito, l’appello prodotto da Davide Viero, che è autore del libro ‘La scuola del macchinismo. Passaggi per un’altra antropologia’ per Mimesis, oltre che essere insegnante nel vicentino e produttore di vari saggi ed interventi su roars.it. G.Z.

Creare dal basso e collegialmente una nuova scuola per un futuro inedito

di Davide Viero*

Si vuole qui fare un appello in vista dell’inizio dell’anno scolastico; un tempo in cui si definiscono le linee programmatiche per l’intero anno.

È un appello rivolto a insegnanti e genitori affinché facciano sentire la propria voce negli organi collegiali, che formalmente hanno voce in molte questioni fondamentali riguardanti la scuola. Ora come ora questi organi sono svuotati di senso nella loro funzione meramente ratificante. Si tratta di ridare sostanza e vita alla loro ormai vuota forma.

Oggi vediamo la scuola destinataria di una miriade di atti normativi e legislativi con circolari, note ministeriali che ne stanno ridefinendo il ruolo: non più quello di emancipare in vista del compimento soggettivo di ognuno attraverso il sapere e la cultura affrontati rigorosamente e con passione, bensì quello di attagliare, conformare ed adattare le soggettività degli uomini di domani al canone dominante di oggi, così che questi stessi uomini lo implementino senza mai metterlo in discussione. L’uniformazione del soggetto nella sua totale inconsapevolezza è la cambiale per avere i benefici pre-disposti da altri.

Nel versante interno alla scuola, l’artificio con cui si ottiene il cambiamento istituzionale è l’atomizzazione dei suoi elementi costitutivi e il conseguente smarrimento dell’identità. Con l’autonomia scolastica il centro è diventato l’esterno a cui conformarsi attraverso la concorrenza. Il dirigente non è più un primus inter pares, ma un imprenditore che tratta gli insegnanti da suoi operai invece di stare dalla parte di allievi ed insegnanti per il bene dei primi. Il tutto in una crescente burocratizzazione verticista che sta lentamente soppiantando la sfera umana e collegiale e che dovrebbe portare a chiedersi quale sia il fine stesso dell’organizzazione perseguita strenuamente dai dirigenti e dagli uffici territoriali; un fine che sembra assolutamente autoreferenziale.

Questa ricercata disgregazione ha frammentato l’identità della scuola rendendola plastica e malleabile rispetto alle esigenze ad essa eterogenee della sfera economica, la quale ha colonizzato la scuola con i suoi principi della concorrenza, della meritocrazia, della misurabilità e del raggiungimento di obiettivi sempre più precisi ma allo stesso insignificanti per gli uomini che la popolano. Un’insignificanza che allontana passione ed interesse profondi, sostituiti dai belletti del successo, da una competizione e da una distribuzione di identità preconfezionate (per docenti ed alunni) che fanno strame della sfera umana nel suo mutevole darsi e costruirsi. Una scuola che deve essere una efficiente emanazione della sfera economica nella precisa conformazione di stampo mercantilistico-finanziario. Un modello che, è bene ricordare, non estende i suoi benefici a tutti ma, al netto della retorica inclusiva, oramai elemento della concorrenza stessa, produce innumerevoli scarti che sono sotto gli occhi di tutti. Perché se tutto diviene una competizione, per uno che vince ci sarà una schiera di perdenti. Che resteranno tali anche al netto delle stesse politiche “inclusive”: scarti passati di mano in mano come tali per estrarre l’ultima stilla di valore e non destinatari di amorevole attenzione. Una scuola serva di questo nuovo padrone e indifferente verso gli uomini a cui essa si rivolge.

Questo appello vuole essere una chiamata ad agire contro questa forma che si sta imponendo a macchia d’olio, proprio a partire dagli organi collegiali: Collegio docenti e Consiglio di istituto.

I temi sui quali agire nelle riunioni degli organi collegiali sono molteplici. Vediamone alcuni.

– L’orario delle lezioni, con la cosiddetta settimana corta che ormai è generalizzata. Sappiamo che il lavoro intellettuale non è assimilabile a quello di fabbrica e che concentrando le ore su meno giorni non è possibile accrescere l’efficacia. Questo perché la sfera culturale abbisogna di tempi brevi e costanti: solo questi infatti permettono al sapere di lasciare traccia interiore nel soggetto. Altrimenti con le molte ore giornaliere il fare diventa compilativo, esecutivo e meccanico, conformando su tale canone le generazioni future.

– Insegnanti come oggetti e non soggetti di formazione. Ricordiamo che un insegnante, se vuole insegnare, deve essere autonomo perché riceve linfa vitale tanto dagli alunni quanto dai saperi con cui si confronta; sono queste le fonti di un rinnovamento continuo e non eteronomo. Ora purtroppo si sta affermando una figura di insegnante vuoto e sempre in attesa di istruzioni; un insegnante inteso come facilitatore, esecutore di ordini di altri che di volta in volta gli dicono cosa deve essere fatto, non apertamente, ma attraverso l’imposizione del come. Un fare oggi improntato su una concezione di stampo economicista.

– Le figure organizzative e le commissioni nei singoli istituti. Figure e commissioni che sono corpi estranei rispetto all’attività educativa dal momento che sono afferenti alla sfera organizzativa. Una sfera che diventa sempre più complicata e necessaria a causa della frammentazione e dell’iperspecializzazione. Senza più il controllo dell’intero processo da parte del singolo, scrive S. Weil, sale alla ribalta la burocrazia come forma di controllo del generale. Ma più che aggiungere figure organizzative, nella scuola è giunto il momento di semplificare. Il docente e i suoi alunni. E l’universalità in questa relazione mediata dalla cultura. Il resto è in più.

– Rifiutare tutta la gran messe di progetti e interferenze del territorio sulla scuola. Tutte iniziative che sono la conseguenza dell’universalità che è stata espunta a seguito della specializzazione e dell’oggettivazione. Un’universalità che però ritorna a bussare, da fuori, sotto forma di millanta iniziative, dallo yoga all’educazione finanziaria e altre amenità; tutti sintomi di come la scuola ridotta al punto e all’attimo si senta debole e sperduta e per farsi forte e di nuovo universale accolga queste “universalità” di volta in volta, come la somma dei numeri naturali anziché affidarsi al simbolo dell’infinito. Che dovrebbe essere la porta in comunicazione con qualunque contenuto culturale affrontato a scuola. Perché l’universalità va coltivata nell’ora di lezione e in ogni contenuto, non attesa dall’esterno dopo che la si è rifiutata aprendo la porta all’iperspecialismo.

– L’esproprio della valutazione. Con l’INVALSI a guidare le procedure valutative, si sta costruendo una valutazione per test su modelli eteronomi che, come scrive lo storico Mauro Boarelli, sono di matrice economicista. Test che misurano l’interiorizzazione di stereotipie da applicare come psitacismi nelle condizioni date. La metrica di tutto deve essere sostituita dallo sguardo attento e preciso dell’insegnante, che non può essere espropriato del giudizio relativo all’alunno, oggi ridotto a poche frasi preconfezionate da scegliere da un elenco predisposto.

– I curricula verticali, che vengono affrontati nella direzione sbagliata. Perché invece che essere i gradi-scuola successivi a tenere conto delle basi costruite precedentemente, sono i gradi inferiori che si attagliano su ciò che verrà richiesto poi e lo anticipano senza dare prima le basi delle discipline; creando una scuola che non istruisce perché si accontenta di offrire vacue formule. Che solo pochi comprendono e una gran massa esegue dimenticandole poco dopo.

Tutto ciò va contrastato negli organi collegiali, che devono riappropriarsi delle questioni con la consapevolezza del proprio ruolo e attraverso deliberazioni collegiali e non ratificative. Importante a tal proposito è richiedere il rispetto della normativa e della legge che, molte volte non essendo ancora state riformate, possono fungere da solide barriere alla deriva scolastica.

Se noi insegnanti e genitori abbiamo questa consapevolezza, votando per il bene dei nostri alunni e figli e rifiutando incarichi in contrasto a ciò, sicuramente saremo sulla via per una scuola umana attraverso la cultura. Che è libertà nella rigorosità attenta all’universale.

Iniziare a contrastare con altre proposte tutti i punti citati. Sarebbe un ottimo inizio di anno. Per una nuova scuola.

* da : https://nostrascuola186054220.wordpress.com/2021/08/30/appello-per-creare-dal-basso-e-collegialmente-una-nuova-scuola-per-un-futuro-inedito/

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Pubblicato da: Cesp Veneto

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Il CESP, Centro Studi per la Scuola Pubblica di Padova, è nato nel luglio del 2004. In questi anni, oltre a promuovere dibattiti, presentazioni di libri, rassegne cinematografiche e spettacoli teatrali inerenti al mondo dell’istruzione, ha sviluppato decine di convegni sul territorio.

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