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SCUOLA & PANDEMIA

da | 3 Dic 2020 | Materiali

SCUOLA & PANDEMIA

di Beppi Zambon

“Apriti Sesamo” è stata la formula magica con cui Ali Baba e i 40 ladroni aprivano la caverna del tesoro … questa stessa formula potrebbe essere invocata dal governo, dalla ministra Azzolina, per riaprire la scuola. Ma si sa che le favole rimangono nel nostro immaginario collettivo se non vengono predisposte o non trovano le condizioni materiali per inverarsi.

Ritardi, arroganza e supponenza sono alcuni dei termini, gentili, con cui può essere descritta l’azione del governo e del ministero della pubblica istruzione. Infatti, da quando, qui da noi, si è delineato il quadro pandemico da Covid19, era marzo 2020, si è proceduto con una miope politica del giorno per giorno che, dopo il lockdown generalizzato, lasciato l’estate in spiaggia, ha portato alla riapertura della scuola con la legislazione per la formazione delle classi, e tutto il resto, pre-virus. Ci si ritrova, quindi, con le classi pollaio, che già sicure non erano, che ora divengono pericolose; con il delirio delle ‘nuove’ graduatorie provinciali per docenti e ata; con i ‘concorsi’ da realizzare a tutti i costi; con i trasporti, ben che vada, pre esistenti; con spazii scolastici inadeguati; senza presidi medico/infermieristici nelle scuole; con indicazioni sanitarie rabberciate e mutevoli.

Solo grazie alla dedizione sociale, professionale e deotologica di tutto il personale, la scuola, di tutti i gradi, è potuta ripartire a scartamento ridotto, utilizzando l’esistente o il poco in più, nel momento in cui sono arrivati i pochi ‘precari covid’. Su questi punti di criticità oggettiva, su queste tematiche si sono incentrate, già prima e durante l’estate, le iniziative, i flash mob di Priorità alla Scuola, di alcuni spezzoni territoriali dei cobas della scuola, dei comitati precari, di tal’altre esperienze sociali e locali radicate nel mondo della scuola. Mobilitazioni e critiche costruttive rimaste inascoltate dal Governo, dalle forze politiche, dai Sindacati Istituzionali, ma ‘monitorate anche se distorte’ dai massmedia locali e nazionali, in quanto voci dall’opinione pubblica. Solo a settembre i Sindacatoni, dopo aver ricevuto più volte la porta in faccia dall’Azzolina e aver perso per strada il suo vice Peppe De Cristofaro [‘amico’ e in quota LeU], si ‘accorgono’ delle criticità nella gestione delle scuole e corrono a mettere il cappello alla mobilitazione nazionale promossa da Priorità alla Scuola e dai Cobas per il 26 settembre, riuscendo a svuotarla di significato, aiutati dalla pioggia battente su Roma. Ancora una volta il vecchio trucco del ‘sindacato istituzionale’, ovvero esserci per soffocare anziché potenziare la protesta sociale, è riuscito.

Poi un po’ tutto è precipitato in fretta, così come era facilmente prevedibile osservando quello che stava succedendo in Spagna, Francia, Regno Unito, fino ad arrivare al ‘bailamme’ della serrata nelle scuole della Campania, Puglia, che ha ne anticipato la chiusura per fasce nell’Italia arlecchino e il ripristino della didattica a distanza, in generale, solo per le scuole superiori e buona parte dell’Università.
In questo contesto ci si è molto spesi, con l’apporto importante degli aggregati studenteschi più attenti, contro l’uso strumentale e pervasivo che, della didattica a distanza [DaD], se ne vorrebbe fare, tanto da cristallizarne modalità e funzioni in uno specifico contratto integrativo nazionale siglato da cisl, cgil e anief [sindacato di cui è stata attivista la ministra Azzolina]. Si è dato luogo ad una battaglia culturale, pedagogica, didattica, sociale da cui è emerso con chiarezza che utilizzare la DiD/DaD non si fa scuola che integra, che sostiene alunni e apprendimenti in un momento di difficoltà relazionale, bensì si accentuano le discriminazioni, le differenze sociali, per censo, per genere, per appartenenze e per territorio. Una discussione che è uscita dal ristretto mondo degli adetti ai lavori, che è tracimata ed diventata consapevolezza condivisa in gran parte dell’opinione pubblica, della società. Abbiamo collettivamente, a più voci, ottenuto una piccola, grande, vittoria che dobbiamo continuare a sostenere, perchè nulla è dato per stabilizzato, per definitivo, tanto più quando le linee di tendenza capitalistiche vanno da tutt’un altra direzione, nello specifico verso la scuola-azienda e la macchinizzazione e standardizzazione del lavoro docente.

Siamo, comunque, lontani anni luce dalla scuola sicura, dalla ri-apertura della stessa in sicurezza, mancando, in larga parte, delle anzidette condizioni preliminari, quali numero alunni per classe, adeguati traporti, consone e supplettive strutture fisiche, personale eccedente, presidi sanitari, screening periodici per il personale scolastico. Ricordiamo che la vita scolastica è, in sè e per sé, vita comunitaria in classi non adeguate, con contati, assembramenti e tutto quello che lo stare assieme 25/30 persone per 5/6 o 8 ore comporta. Tutto il personale è giustamente preoccupato, stressato, combattuto tra l’attaccamento deontologico al proprio lavoro, alla funzione sociale della scuola nella società e la salvaguardia della propria e altrui salute. É vero che durante la riapertura settembrina e anche fino ad ora, con le scuole dell’obbligo frequentate, non abbiamo assistito al verificarsi di un contagio dilagante nelle classi, tra gli alunni e il personale, così come abbiamo potuto constatare che, in tutta Europa, attraversata dal Covid quanto noi, le scuole sono rimaste aperte, ma sfrondiamo il refrain, per partito preso, che scuola non contagia. Non raccontiamoci balle, alcune ricerche mirate lo rilevano chiaramente. Non potrebbe essere altrimenti: la scuola si vive qui, con la pandemia in atto, non sulla Luna o in vitro. Non ci sono – a mio avviso – molti luoghi di lavoro [fabbrica, cantiere, magazzino, ufficio] così densi e, quindi, potenzialmente contaggiosi, come lo è una classe. Frequentare la scuola, per studio o per lavoro, è sicuramente rischioso, probabilmente più che la gran parte delle altre attività lavorative, conseguentemente non esserene preoccupati o allarmati sarebbe da incoscienti, non da educatori.

È opportuno, quindi, intensificare tutte le lotte e le iniziative che denunciano e rivendicano una scuola più sicura per l’oggi, ma anche per il domani, per preservarne le finalità educative, formative e critiche, per cambiarne la deriva aziendalista, posto che, aldilà delle edulcorate narrazioni istituzionali e/o pseudomediche, con la pandemia da Covid ci dovremo convivere. Pericolosamente e ancora per molto tempo, prima che il contagio sia condotto sotto controllo come lo è stato per le altre precedenti e recenti pandemie, tipo Suina o Sars, ora rese latenti. Certo è che, purtroppo, i segnali sullo stato di salute/degrado del pianeta, in questo capitalocene, non annunciano nulla di buono, anzi.
Intanto a gennaio ci ritroveremo ‘preoccupati’, con qualche pezza sopraggiunta, ma con una scuola che lavorerà con una prevenzione al Covid approssimativa, sicuramente a rischio, con la prospettiva di nuove chiusure, parziali o generali [ricordiamo che ci stiamo avvicinando al picco della morbilità per l’endemica influenza ‘stagionale’].

Link utili:

Didattica, materiali dalla e per la scuola > https://www.cesp-pd.it/spip/

Pandemia, ricerca, rilevazioni > https://www.scienzainrete.it/

Università, analisi, contributi > https://www.roars.it/online/

Priorità alla scuola > https://www.facebook.com/prioritaallascuola/

Cesp Veneto

Pubblicato da: Cesp Veneto

Centro studi per la Scuola Pubblica

Via Monsignor Fortin 44 – Padova

Il CESP, Centro Studi per la Scuola Pubblica di Padova, è nato nel luglio del 2004. In questi anni, oltre a promuovere dibattiti, presentazioni di libri, rassegne cinematografiche e spettacoli teatrali inerenti al mondo dell’istruzione, ha sviluppato decine di convegni sul territorio.

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