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NO INVALSI. La curva di Gauss e l’INVALSI: come schiacciare sulla media standard tutte le differenze

da | 19 Apr 2017 | Materiali

La curva di Gauss e l’INVALSI: come schiacciare sulla media standard tutte le differenze

di Renata Puleo da genitoreattivo

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Premessa

La Buona Scuola ha il suo manifesto culturale e politico nel testo liquidato nel settembre 2014 e consegnato “alla più grande consultazione – trasparente, diffusa, online e offline – che l’Italia abbia mai conosciuto finora” (sic). Quella che lì si delinea è la conclusione di un processo iniziato alla fine degli anni ’90 quando il riformismo socialdemocratico e quello di destra hanno iniziato la sistematica distruzione della scuola pubblica, il cui esito è ora la definitiva liquidazione a cura della sinistra quarantenne. Il cambiamento culturale in atto rappresenta una mutazione antropologica che disegna un nuovo modo di vivere la socialità, la formazione, il lavoro: una nuova forma di vita regolata sul paradigma neoliberale.

Una forma di vita è una vita inseparabile dalla sua forma, dal sistema di regole che la istruisce, che la condiziona, è una vita adattata, è adesione acritica, rassegnata, ottusa, ad un ambiente, non a un Mondo. Dove per Mondo intendiamo lo scambio relazionale continuo fra soggetti, interazione linguistica, fluire di energie fra i corpi. Una regola, per contro, modula come nelle prescrizioni monastiche, ogni momento della giornata di chi vi aderisce (G. Agamben, 2013). La creazione di un tipo umano, che è conseguenza del rispetto della regola, produce un paradosso: unicità e genericità della sua persona. Una piega dell’individuo, che oggi induce ad essere i primi, a vivere nella continua precarietà come instabilità di ogni passaggio, verso il successivo, sempre altrettanto precario, come se non bastasse la normale esposizione agli eventi che è di ogni vita animale (B. Bonato, 2014)

I testi degli atti delegati previsti all’art 1, commi 180,181,182, della L. 107/2015 confermano l’impianto ideologico-politico a cui è ispirata la norma.

Un aspetto li taglia trasversalmente: la pervasività della valutazione e la centralità del Servizio Nazionale di Valutazione di cui l’INVALSI è responsabile.

La questione non è meramente tecnica, ma valoriale, ben incardinata nell’attuale sistema economico-sociale alla cui stabilizzazione regressiva contribuisce.

Il portare a valore, il dare valore, al di là della retorica testuale, tradiscono il loro feroce significato economico. Le parole perdono il senso comune e ne riacquistano uno gergale, funzionale alla struttura economica: i valori a cui ispirare una buona educazione delle creature piccole, dei giovani, implodono nel pragmatico valore di mercato, valore aggiunto, sfruttamento delle intelligenze e dei saperi.

I dieci anni di vita dell’INVALSI sono il segno della decadenza della scuola pubblica italiana.

La scuola che abbiamo conosciuto e praticato fino al 2000 circa non era la migliore in assoluto, semmai frutto di contraddizioni e di utopie, di diverse velocità di elaborazione didattica e organizzativa. Ma leggi degli anni ’70 (la 517/77 che prepara la 104/92, ed è a sua volta ancorata ad altri testi coraggiosi a tutela dei diritti inalienabili dell’individuo, sanciti nel testo costituzionale) sono frutto di una stagione di cui in questi giorni cade l’anniversario: il 67/68. La rivoluzione culturale tentò di spezzare le gerarchie e le narrazioni a loro sostegno, l’immaginario collettivo riuscì a ispirare quello istituente. Oggi siamo in regime di “democrazia autoritaria”, garante dell’Ordunung neoliberale, “intramontabile” secondo la Merkel, “naturalizzato” nel pensiero della sinistra socialdemocratica. Il legame fra i due aspetti, la durevolezza e la naturalità, trova forza nella diffusione dei “sentimenti del capitale”. Opportunismo, capacità (o forse insieme di competenze?) di cogliere l’occasione di successo e di guadagno, ad ogni costo. Cinismo, l’accettazione della mutevolezza delle regole di convivenza sulla base dell’interesse personale. Paura, come autodisciplina. “Tonalità emotive che banalizzano il male e lo nascondono dietro l’indifferenza verso l’altro” (C. Marazzi, 2016)

Atto 384: Valutare in modo nuovo?

L’INVALSI nasce nel 1999 con un decreto. Abrogato tale provvedimento dalla successiva ondata riformista, l’Istituto si mantiene vegeto grazie ad un lunga pletora di norme di urgenza, di commi all’interno di leggi finanziarie, di atti secondari, fino al Regolamento n. 80/2013 (impugnato di fronte al TAR-LAZIO per vizio costituzionale, come si dirà più sotto). Una sorta di eutanasia sembra prepararsi con l’ultimo guizzo del governo Renzi: l’art 32 della bozza di decreto-legge, La Buona Scuola, prefigura un Istituto per l’Autonomia e la Valutazione Scolastica (IPAV), ottenuto dalla fusione dell’Istituto Nazionale per l’Innovazione e la Ricerca Educativa (INDIRE) con l’ INVALSI. Ma l’operazione resta sulla carta.

Le ceneri su cui si edifica l’INVALSI sono quelle del Centro Europeo dell’Educazione (CEDE).

Il CEDE, istituito da uno dei decreti delegati del 1974, il n. 419, aveva vocazione di ente che guardava oltre confine, verso l’Europa che camminava incontro ad una unificazione declinata come culturale, in realtà soprattutto economica e monetaria. Occupandosi di ricerca, documentazione, avviò sperimentazioni che anticipavano alcuni aspetti dell’autonomia, come il progetto di studio del 1998 sulla futura Dirigenza Scolastica. Tutti filoni di cui non si farà nulla nell’immediato futuro. Infatti, con l’inizio del nuovo secolo urgeva una modernizzazione: era necessario un istituto più efficace per la nuova missione europea, immediatamente attivo sul piano dei cambiamenti culturali. Ma cos’è l’INVALSI a livello giuridico: istituzione, ente, agenzia, autority (un ente con carattere di terzietà nel gioco di più interessi)? Istituto dice l’acronimo, dunque effetto di un atto di istituzione ora ristabilito, stabilito senza se e senza ma, con il decreto legislativo 384.

Il testo del decreto non contiene novità, se non quelle che segnaleremo più sotto sui test e sugli esami. Semmai si ribadiscono – con tali “innovazioni” – condizioni sempre più favorevoli allo sviluppo del Sistema Nazionale di Valutazione (SNV) di cui l’INVALSI è il perno. Con questo testo legislativo il Regolamento sul SNV del 20/03/2013 n.80, trova completa applicazione.

A tal proposito, è utile riandare al ricorso presentato dalla Flc-CGIL al TAR LAZIO, il 13 settembre 2013. Le motivazioni a sostegno erano essenzialmente: l’incompetenza, l’eccesso di potere, la discrasia fra fonti giuridiche di natura primaria e subordinata. In soldoni: il contenuto extra-lege della funzione ispettiva e del reclutamento delle figure a ciò preposte; le violazioni di diritto costituzionale di cui all’art.33 della Carta; l’incompetenza del governo Monti ad emanare decreti, essendo stato già sfiduciato e obbligato quindi alla sola ordinaria amministrazione. Nel frattempo, il Consiglio di Stato espresse il suo parere al regolamento, favorevole ma condizionato; ne sottolineava alcuni degli aspetti proposti all’attenzione del TAR dal sindacato. L’Flc-CGIL depositò il 14/11/2014 presso lo stesso Tribunale Amministrativo un integrazione al ricorso, i cosiddetti “motivi aggiunti”. Si evidenziava, nella Direttiva n.11, trasmessa con la Circolare Ministeriale n.47 del 2014, la reiterazione dei comportamenti considerati lesivi, ovvero la pubblicazione del Rapporto di Autovalutazione (RAV), dispositivo ulteriormente “compressivo” della autonomia scolastica e della libertà di insegnamento.

Nel silenzio seguito, da parte dei proponenti e del TAR, sulle questioni sollevate dal ricorso, l’atto legislativo 384 fornisce oggi un ulteriore pilastro ai comportamenti segnalati dai ricorrenti come illegittimi. La pratica della valutazione a test, che è premessa e giustificazione della standardizione delle competenze, trova nuova, forte propulsione. Competenze declinate al plurale, fatte coincidere con le qualifiche professionali, ridisegnate nel Quadro Europeo del 2008 (EQF: European Qualification Framewok). Il tutto condensato, con un innegabile cambio di registro linguistico, più alto e convincente, nelle Linee Guida per la Certificazione a cura del MIUR (p.5). Contenuti ribaditi, ora, nel testo delegato, all’art 7.

Per maggior evidenza, è utile la prosa delle due relazioni che lo accompagnano. Come recita la Relazione Tecnica nella premessa, l’atto legislativo “rafforza la finalità orientativa della certificazione delle competenze, semplifica gli esami di Stato del primo e e del secondo ciclo”. La certificazione di cui su, integra la “disciplina vigente con metodologie in uso nelle classi […] il nuovo sistema porta con sé un nuovo approccio nella gestione dello sviluppo degli apprendimenti”. La Relazione Illustrativa, ai paragrafi secondo, e quarto che commentano gli artt 2 4, 7, 8, sottolinea le novità (veramente tale solo quella sulla somministrazione dei test):

le prove INVALSI sono escluse dalle prove di esame;

i test sono requisito all’ammissione all’esame stesso;

sono ammesse prove censuaria per il quinto anno delle superiori;

il Rapporto di autovalutazione (RAV) concorre alla redazione del Piano di Miglioramento inserito nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa.

Anche il RAV, format autoreferenziale, trova una collocazione legislativa sicura.

L’arroganza del sedicente istituto di ricerca (si può leggere che lo è nel suo statuto, non si direbbe che lo sia dando uno sguardo alle ricerche effettuate in questi anni), è premiata con una mossa paradossale: una esclusione-inclusiva dei test!

L’art 12 , Valutazione degli alunni con disabilità e disturbi specifici riesce, nei suoi 14 commi, a disarticolare la normativa vigente sul tema (la Legge 104/1992 e i testi successivi). Mentre dichiara di accompagnare i processi di inclusione obbliga alla produzione di azioni e di atti di documentazione contraddittori e assai poco inclusivi. Il nodo fra questo atto legislativo e quello relativo all’inclusione si saldano al peggio, nel richiamo reciproco fra l’art 12 suddetto e l’art 4 comma 2 del testo 378.

Atto 378 Chi è l’incluso?

Vediamo schematicamente il testo che ha sollevato più polemiche e proteste, quello che meglio di altri sembra realizzare il sogno dei rottamatori di una scuola minima, per un apprendimento minimo, verso la completa massificazione, il definitivo conformismo al modello che vede l’aristocrazia dei meritevoli assurgere a esempio di equità e oggettività di selezione.

Soprattutto vediamone le modifiche operate dalle Commissioni congiunte VII e XII che hanno espresso parere favorevole accompagnato dalla proposta di parziale riscrittura dell’articolato (dall’art 5 all’11) e da alcune osservazioni finali. Operazione di lettura non facile, dato il disordine dell’esposizione e l’incrociarsi di soggetti e di atti procedurali.

La Direttiva-MIUR 27/12/2012, più varie circolari e note interpretative, ripartiscono le situazioni oggetto dell’attuale decreto in:

Handicap e/o Diversa Abilità ex Legge 05/02/1992 n 104 (a tutela dei diritti delle persone in situazione di handicap, integrata fino al 2010 e interpretata da molte sentenze e giudizi).

Disturbi Evolutivi Specifici non codificati

quadri diagnostici DSA (disturbi apprendimento ex L 170/2010)

quadri di svantaggio socio-economico, linguistico, culturale

Pur ribadendo le distinzioni di cui su, il testo delegato ridisegna il percorso di certificazione, la relativa distribuzione di risorse materiali e umane, la sistematizzazione della valutazione degli apprendimenti con l’incrocio con decreto 384 sul ruolo dell’INVALSI (sempre all’art 12).

Il testo emendato in commissione, prova a ripulire la forma dell’originale:

i) l’inclusione perde l’argomento di specificazione sulla disabilità (tutti inclusi nel totalizzante disegno formativo!);

ii) i soggetti acquistano un genere (bambine e studentesse sciolgono il maschile neutro);

iii) si inseriscono parole e locuzioni la cui ambiguità che fa sì che ognuno ci legga quel che il suo retroterra consente. Qualche esempio: la cura oltre l’assistenza (come nella ancor più ipocrita scrittura dell’atto 380 sui Poli 0/6), la qualità della vita, la continuità del progetto, sempre di vita.

1- La famiglia, nello testo originario messa da parte, torna ad avere un qualche complicato protagonismo. L’art 2 afferma: il presente decreto promuove la partecipazione della famiglia, nonché dell’associazionismo di riferimento, quali interlocutori dei processi di inclusione scolastica e sociale.

1.1- L’istanza di certificazione, ancora a cura dei genitori, è rivolta all’INPS, che vi dà riscontro non oltre 30 giorni dalla data di presentazione (art 5).

2- Il Piano Educativo Individualizzato (PEI) viene elaborato e approvato dai docenti “contitolari” (l’aggettivo è aggiunto dalle commissioni) o dall’intero consiglio di classe, con la partecipazione, con forme non specificate, dei genitori o dei soggetti con responsabilità genitoriale, delle figure professionali specifiche, interne ed esterne all’Istituzione scolastica, che interagiscono con la classe e con l’alunno o studente con disabilità (modificati in tal senso in commissione gli artt 9, 10, 11 del testo originale).

3- Fondamentale risulta il lavoro dell’Unità Multidisciplinare (art. 5 c.3) che redige il PF, formata da: medico specialista o esperto delle condizioni di salute personale, neuropsichiatra infantile, terapista riabilitazione, assistente sociale o rappresentante dell’Ente Locale.

4- Per la redazione del Profilo di Funzionamento (PF), propedeutico al PEI, è prevista, di nuovo in forme non specificate, la collaborazione della famiglia e della scuola, intesa come Amministrazione Scolastica.

5- La certificazione e valutazione della disabilità, la progettazione e la programmazione (modifiche sostanziali all’art 4 e passim della legge 104/92) trovano integrazione nel PF di cui su, redatto secondo i criteri del modello bio-psico-sociale dell’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento delle Disabilità e della Salute, Organizzazione Mondiale della Sanità, editata in Italia da Erikson, Trento, 2008). Si tratta, dunque, del testo funzionale alla definizione del PEI, e alla formulazione del Progetto Individuale (PI).

6- Il numero massimo di alunni per classe, in presenza di alunni con disabilità, torna a 20 ( 22 era il tetto massimo anche per Scuola dell’Infanzia, nel testo originale). Rimane il «di norma» che prelude a eccezioni.

7- L’assegnazione dei collaboratori scolastici vede emendamenti all’art 3 del testo originale, prevedendo lo svolgimento dei compiti di assistenza e autonomia per “genere” degli assistiti, sempre con la clausola della disponibilità delle risorse.

8- La valutazione della “qualità” dell’inclusione scolastica diventa parte integrante della valutazione sulla scuola, tramite indicatori che l’INVALSI andrà a definire partecipando all’Osservatorio per l’Inclusione Scolastica, istituito presso il MIUR (artt 4,5)

9- Particolarmente intricata l’articolazione dei gruppi dedicati all’inclusione scolastica: nell’Istituto Scolastico il Gruppo di Lavoro per l’Inclusione (GLI); in ciascun ambito territoriale il gruppo locale (GIT); a livello regionale, un gruppo interistituzionale (GLIR). Tutti impegnati a più livelli allo stesso tema.

10- La proposta di quantificare le risorse da parte dei Dirigenti Scolastici è inviata al GIT. Il GIT, come organo tecnico, formula proposte all’Ufficio Scolastico Regionale (USR), cui spetta l’assegnazione definitiva delle risorse che però è legata a quel che dice il PF.

Da notare il livello di notevole confusione: nel PEI non paiono esserci cenni al sostegno didattico (art 10), mentre i sostegni – incluso quello didattico – sembrano dover essere contenuti nel PF. Se ne può concludere che a determinare e quantificare le ore di sostegno sarà l’Unità di Valutazione Multidisciplinare (punti 3,4,5).

11- Le Scuole Polo, a capo di reti di Istituti, offriranno coordinamento e supporto; malgrado il fallimento delle reti – di scopo o meno – si continua nella reiterazione della loro creazione!

12- La formazione iniziale degli insegnanti di sostegno nel testo liquidato dalle Commissioni prevede, per infanzia e primaria, un numero di crediti (art 13 testo originale) che passa da 60 a 120; viene soppresso l’articolo 14 (formazione degli insegnanti di sostegno per la scuola secondaria).

13- Per garantire la Continuità del Progetto Educativo (già “Continuità didattica” nell’art 16 originale) la prima bozza di decreto prevedeva per gli insegnanti un vincolo decennale sul sostegno, ora le Commissioni chiedono al Governo di verificare la possibilità di ridurlo, e di superarlo definitivamente al momento di entrata a regime della nuova disciplina sulla formazione iniziale e sul reclutamento degli insegnanti.

Si raccomanda che almeno per tutto l’anno venga mantenuto lo stesso l’insegnante di sostegno. La possibilità di un rinnovo del contratto per i docenti di sostegno a tempo determinato, già introdotta dal testo originale, potrà darsi solo ove ci sia stata la richiesta della famiglia, e una “reale possibilità di rinnovo” (?!). All’articolo 16 si aggiunge che al fine di garantire la continuità didattica durante l’anno scolastico, può trovare applicazione l’articolo 462 (regime trasferimenti) del TU 297/94: alla voce relativa all’argomento, il comma 2 del testo unico definisce l’anno scolastico come misura temporale del trasferimento.

Proviamo a riassumere per soggetti, organismi e tipo di documentazione:

* SOGGETTI

Disabile

Famiglia

Associazioni

Personale medico; terapeutico; sociale, ecc

Scuola

Amm. Scolastica

INVALSI

INPS

Medici legali

Medici specialisti

* ORGANISMI in verticale – in orizzontale

Commissione medica

Unità di Valutazione Multidisciplinare

Organi Collegiali (OOCC-Scuola)

Gruppi di Lavoro Inclusione (Scuola)

Scuole -Polo

Gruppi Inclusione Territoriale (GIT)

Gruppi di Lavoro Inter-istituzionali Regionali (GLIR)

Osservatorio Permanente MIUR – INVALSI

* DOCUMENTAZIONE

Certificazione

Profilo di Funzionamento (PF) stilato mediante l’uso del formato contenuto nella Classificazione del Funzionamento delle Disabilità (ICF-OMS, 2001), in base alle Linee GUIDA del MIUR (non ancora pubblicate)

Progetto Individuale (PI)

Piano Educativo Individualizzato (PEI)

Piano di Inclusione inserito nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF-Scuola)

Rispetto alla individuazione, certificazione e processo di integrazione previsti dalla legge 104/92, il testo del decreto opera una completa disarticolazione e introduce una tale pletora di soggetti e atti che sicuramente daranno corso a circolari e note ministeriali di interpretazione (e a molte sentenze…).

Particolarmente grave sembra soprattutto l’eliminazione del Gruppo di Lavoro sull’Handicap Operativo, sul singolo soggetto (GLHO), che priva la scuola della complessità di progettazione e intervento e della capacità di mettere in campo proprie forme di autovalutazione sui processi di insegnamento-apprendimento.

L’esperienza dei GLHO, in cui tutte le parti in gioco rispetto al benessere del bambino interagivano e configgevano, è stata un campo di formazione continua.

Durante lo svolgimento di un GLHO erano sotto mano almeno tre ordini di dati sensibilissimi:

il funzionamento di una classe, gruppo eterogeneo, di pari per età e di adulti: cosa significava la com-presenza di insegnanti curriculari, del docente di sostegno, dell’assistente alla comunicazione, come giocare i ruoli, le responsabilità nella forma della con-titolarità, come evitare la delega del problema al solo docente di sostegno;

il venire al pettine dei nodi epistemologici e didattici degli apprendimenti: la difformità degli stili cognitivi, il diverso funzionamento di un soggetto, che solo il riferimento alla norma fa definire portatore di handicap, oggi ipocriticamente Diversamente Abile (DA), permettono di comprendere cosa succede quando “qualunque” bambino impara a parlare, a leggere, a scrivere, a far di conto. Il soggetto che non lo può fare nei modi consueti, obbliga i docenti a ragionare su quanto si dà per scontato per tutti gli altri, i presunti uguali, i “normali”, i “normodotati”. Le modalità con cui si manifesta una disfunzionalità rispetto alla media di funzionamento, tutte le strategie messe in campo come forma di resilienza attiva, di attiva modalità vicariante, sono utili per capire come si impara. Una definizione non ipocrita di “diversa” abilità;

la relazione fra la scuola, soggetti supposti sapere (gli specialisti), le famiglie (molto, troppo spesso, le sole madri): il delicato passaggio delle informazioni fra contesti diversi (la casa, l’interazione con fratelli, nonni, amici, i luoghi della terapia e della riabilitazione), il tentativo, sempre da rinnovare, di stabilire relazioni proficue, di sostegno reciproco, di elaborazione di mille preoccupazioni e paure.

Oggi pare che tutto ciò non serva più, non c’è alcuna memoria, nessuna esperienza che si salvi dalla vis dei rottamatori.

Occorre dire che, negli ultimi anni in molte situazioni, anche i GLHO si sono degradati a rituali volti solo all’espletamento di obblighi burocratici. L’aziendalizzazione, e dunque l’emarginazione da ciò che non è produttivo, che non è soggetto alla legge del valore, voluta per i Dipartimenti Materno- Infantili, la privatizzazione massiccia di tali servizi e della scuola, non hanno certo favorito queste esperienze, ne hanno preparato l’attuale eliminazione.

Tra l’altro, sullo sfondo del profondo cambiamento culturale e antropologico proposto da La Buona Scuola che cancella, nella demenza della verticalità dei poteri, ogni collegialità e ogni forma di cooperazione. Ognuno per sé, a coltivare la privata, eventuale, “expertise”. Al vertice dell’azienda il Dirigente, Capo di una sorta di Consiglio di Amministrazione.

Concludendo, tre concetti lasciano perplessi e meriterebbero un autentico riposizionamento simbolico. In ordine, diciamo storico: inserimento, integrazione, inclusione. Concetti che ci chiamano di nuovo a ragionare sul titolo scelto per questa comunicazione, a misurare il valore socio-politico delle procedure, dei formati, dei modelli atti alla forzata assimilazione, tipica di ogni regime statale non democratico. C’è una normalità che funge da riferimento, comunque sia stata ricavata, descritta, codificata, ed essa produce lo“scarto”, quello che abita gli apici periferici della curva statistica. La divergenza è doverosamente adattata, non può attentare alla ipocrita ideologia di un diritto umano tanto universalistico quanto inesistente (S. Žižek).

Tre concetti che legano fra loro i due atti legislativi su valutazione e inclusione e sanciscono l’impianto ideologico di cui si è detto in premessa.

Cobas Veneto

Pubblicato da: Cobas Veneto

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Per urgenze chiamare il 347 9901965 (Carlo)

I comitati di base della scuola sono un sindacato di base nato negli anni ’80 e che da allora opera nel nostro territorio e nel territorio nazionale, con docenti e A.T.A. volontari – precari e non – disposti a mettersi in gioco.

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