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L’assemblea di Napoli. Sì alla democrazia, sì alla scuola della Costituzione

da | 16 Feb 2016 | Proposte

L’assemblea di Napoli. Sì alla democrazia, sì alla scuola della Costituzione

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di Marina Boscaino

A Napoli il 7 febbraio 2016, un’affollata assemblea[1], nello splendido scenario della sala del Capitolo a San Domenico, ha deliberato la nascita del comitato promotore per l’abrogazione della legge 107/2015, che raccoglie i soggetti che si sono impegnati nella costruzione del percorso da luglio ad oggi e a cui è stato conferito pieno mandato come titolare delle decisioni e della gestione del referendum contro la “Buona Scuola” di Renzi.

Intanto, sotto l’egida diretta o indiretta del governo, si susseguono pasticci sul nuovo concorso, problemi con l’organico potenziato e il demansionamento dei docenti; inusitati atti di arbitrio da parte di alcuni dirigenti, forti del potere che la legge conferisce loro; alternanza scuola-lavoro estesa ai licei. Quest’ultima consistente – in assenza dei decreti interministeriali e di una programmazione adeguata – in un vero e proprio sequestro di persona ai danni di studenti costretti (a 16 anni) a frequentare ore ed ore di corsi di formazione sulla sicurezza dei lavoratori (sic!); oggetto di accordi poco chiari, stipulati con gli interlocutori che interverranno e non discussi nei collegi dei docenti e con la componente dei genitori; addirittura fonte di ghiotte opportunità per le parrocchie, quando non – come per molti istituti tecnico-professionali – opportunità di sfruttamento di prestazioni di lavoro gratuito (un non sense costituzionale).

Insomma, le prime applicazioni della Buona Scuola stanno rendendo evidente che l’opposizione politico-culturale che ne ha caratterizzato l’antidemocratica approvazione – a colpi di voto di fiducia – non era un’impuntatura ideologica e pretestuosa. Non era il modo, come nei più commenti più beceri si legge, di dire no alla valutazione (che nella legge si trasforma in giudizio personale e arbitrario e nell’innesco della competizione nelle e tra le scuole) e difesa dei propri presunti privilegi di categoria (che da quasi 7 anni sono immobilizzati in un contratto meno favorevole e contemperante il ruolo della scuola pubblica e dei suoi lavoratori che in tutti gli altri paesi europei); ma richiamo intransigente alla funzione democratica, democratizzante ed emancipante della scuola della e per la Costituzione. Non dobbiamo infatti mai dimenticare che la Carta assegna all’istruzione il compito di educare cittadini. Richiamo che – come è noto – è stato non solo inascoltato, ma vilipeso dai decisiori politici.

La legge per noi continua ad essere inemendabile; ma purtroppo – per motivi tecnici – non è possibile chiederne l’abrogazione totale mediante il voto popolare. E così – nel corso di una serie di assemblee precedenti – è stato assegnato il compito ad un gruppo di costituzionalisti, tra cui Massimo Villone, di provare ad individuare – sulla base di un mandato “politico” che ha sottolineato i nuclei tematici più pericolosamente autoritari della legge – quale fosse l’approccio più compatibile con l’istituto referendario.

I contenuti dei quesiti

Dalla consulenza sono nati 4 quesiti (due dei quali necessitano ancora di ulteriori analisi tecnico-formali) su alcuni dei temi in base ai quali la legge 107 letteralmente devasta la scuola della Costituzione: School Bonus (la legge prevede erogazioni liberali defiscalizzate, che possano essere offerte a singole scuole); superpoteri del dirigente scolastico (che, secondo la legge, può reclutare i docenti per costruire la sua “squadra”); alternanza scuola-lavoro e comitato di valutazione (un organismo già esistente e però modificato dalla 107, che introduce, oltre ai docenti che ne facevano parte originariamente, anche un rappresentante dei genitori ed uno degli studenti, oltre ad un “esperto” esterno, per svolgere un nuovo compito: determinare – sulla base di indicazioni già predisposte dalla legge – i criteri da affidare al dirigente affinché questi, in totale solitudine gerarchica, premi i “meritevoli”.

Una campagna per la democrazia

La consultazione sulla scuola, per altro, si collocherà nell’ambito di una tornata di referendum “sociali”, una campagna allargata per la raccolta di firme perché i cittadini possano riappropriarsi della sovranità che la Carta affida al popolo mediante pratiche democratiche attuate in prima persona. Questo significa riprendere parola e capacità decisionale su temi che interessano profondamente la società e la cui soluzione in direzione antiliberista e in ragione dell’interesse generale prefigura un diverso modello socio-economico, fondato su partecipazione, solidarietà, equilibrio, rispetto degli esseri umani e dell’ambiente. Questo fronte comprende interventi su trivellazioni in mare e terra; processi di privatizzazione e finanziarizzazione dei beni comuni avviati dal governo Renzi attraverso spending review, decreto sblocca Italia e legge di Stabilità; distruzione della scuola della Costituzione.

A questo impianto dovrebbe unirsi un referendum sul lavoro, al momento incerto nei tempi e nelle modalità, ma certamente fondamentale per puntare il dito sulla intollerabile violazione dell’art.3 della Costituzione e della dignità dei lavoratori configurata dal Jobs Act e dalle mille frange di precarizzazione che esso produce. A completare la cornice generale della battaglia per la difesa delle democrazia contribuiranno i due quesiti contro l’Italicum e – prima di tutto – la necessità politica – ma ancor più etica e civile – che il referendum confermativo dell’inaudito attacco alla Carta sferrato dal governo Renzi non sia un plebiscito a favore del Governo, protetto dai poteri forti e rinforzato da una stampa mai come oggi appiattita sul carro del vincitore.

Questa consultazione deve piuttosto determinare una chiara ed esplicita riaffermazione dei principi cardine della nostra Repubblica, che i padri costituenti hanno configurato come parlamentare, considerando – non a caso dopo l’esperienza del fascismo – la centralità dei rappresentanti dei cittadini un antidoto contro ogni autoritarismo e ogni concentrazione di potere sull’esecutivo.

Il problema è qui: provare a scalzare un’egemonia culturale che non prevede più la declinazione di principi condivisi sulla base dell’interesse generale. Trovare formule politiche giuste, semplici ed immediate per far vivere ai cittadini italiani la stagione dei referendum come un’opportunità straordinaria per riprendere parola e iniziative. E dire, dopo molto tempo, la propria su provvedimenti subiti e non negoziati; provare ad inoculare il dubbio che chi ti dice modernità, non ti dice espressamente profitto, ma lo pensa; e soprattutto lo considera obiettivo da raggiungere a qualsiasi prezzo sociale ed umano. Emancipare i cittadini – tutti i cittadini – dalla rassegnata convinzione che ogni scelta debba essere subordinata ad un’ottica economicista, anche a proposito di ciò che fa parte dei diritti inalienabili: salute, lavoro, istruzione. Che fermare le devastazioni sull’ambiente – le trivellazioni – o arrestare la deriva neoliberista sulla scuola sono atti che promuovono non il profitto di pochi, ma il benessere di tutti. Che un Paese che non sia ostaggio di un uomo solo, con Camere che non rinuncino ad esercitare pienamente il potere legislativo in rappresentanza del mandato popolare e secondo lo spirito della Costituzione, è un paese più libero. Che il lavoro è soprattutto dignità.

La battaglia che sta iniziando, insomma, ci vede paradossalmente nella necessità di riaffermare principi e valori, che dovrebbero già essere patrimonio comune ed incontestabile. I quesiti sulla scuola cercheranno di impedire al dirigente scolastico di reclutare direttamente “i migliori”, o di premiare i “meritevoli” sulla base di criteri discrezionali e soggettivi, ostacolando la possibilità di configurare scuole di serie A e di serie B (Quale toccherà a vostro figlio? Quale società prefigura l’accettazione inerte di un sistema scolastico rigorosamente divaricato su base socio-economica?) e di celare sotto le mentite spoglie della libera scelta uno strumento per finanziare occultamente le scuole private.

L’impegno per la la scuola e per la Repubblica

Vale a dire: votiamo Sì ai diversi quesiti abrogativi – ovviamente dopo aver invece detto NO alla conferma dell’oscena riforma del Senato – e prima ancora impegniamo la nostra firma per una scuola di qualità omogenea per tutti i cittadini italiani Facciamo in modo di sostenere la funzione emancipante che la scuola ha. Una scuola laica e pluralista (in cui tutti possano essere e si sentano accolti) non può concedere ad un’unica persona di valutare e premiare; perché quella valutazione non può dipendere dalla soggettività di chi – molto probabilmente – vedrà nel dissenso, nella complessità, nella non acquiescenza un ostacolo al proprio tranquillo operare per sopprimere la democrazia scolastica, tutela per lavoratori, studenti e per la collettività. Questa prospettiva – fondata sull’arbitrarietà e la gerarchia – non può misurare la qualità dell’insegnamento, criterio impossibile da determinare, perché sottoposto alle variabili infinite della materia umana, configurata dagli studenti; dalla materia sociale, configurata dal territorio in cui si opera; dalla materia individuale del singolo soggetto valutato.

I quesiti per il referendum abrogativo della legge 107/2015 tenderanno a rifiutare un provvedimento che spaccia per valutazione la consegna esclusiva nelle mani di uno solo di ciò che sarà possibile dire/fare/pensare nella espressione della professione docente.

Dignità del lavoro e dello studio

Infine un altro tema su cui sarà necessario contrastare gli slogan demagogici del governo e dei suoi sicofanti, ovvero la prospettiva di intervento secondo cui l’elevata disoccupazione giovanile in Italia dipenderebbe dal mancato apporto da parte della scuola nella formazione di competenze adeguate per le imprese, come affermato – sulla base del Rapporto Mckinsey – sul documento preparatorio della “Buona Scuola”: il 40% della mancata occupazione in Italia non dipenderebbe dal ciclo economico, ma dalla incapacità della scuola di fornire profili adeguati al mercato del lavoro. Affermazioni smentite seccamente da una serie di dati e di studi: UnionCamere-Ministero del Lavoro, ad esempio, in radicale contrapposizione con il rapporto Mckinsey, evidenzia che il tasso di disoccupazione giovanile imputato alla “mancanza di adeguata preparazione e formazione” è pari al solo 2% della disoccupazione giovanile complessiva. Non esiste alcuna seria motivazione razionale alle forzature sull’alternanza scuola-lavoro che abbiamo precedentemente descritto, compresa l’estensione ai licei e la configurazione di già documentate gravissime infrazioni ai diritti del lavoro. Votare Sì al quesito, in questo caso, vorrà dire riaffermare che compito primario della scuola non è subordinarsi in modo contingente alle esigenze della logica iperliberista (flessibilità, precarietà, incertezza del futuro professionale e personale del lavoro dipendente), ma garantire piuttosto competenze di cittadinanza critica e attiva. Particolarmente importante, perciò, sarà sollecitare e ottenere su questa specifica tematica la partecipazione diretta degli studenti in età tale da poter esercitare pienamente i propri diritti di elettori.

NOTE

[1] Erano presenti: Associazione Illumin’Italia, Cobas Scuola, Associazione nazionale per la scuola della Repubblica, Gilda degli Insegnanti, CoGeDe Liguria, Flc CGIL, Unione degli Studenti, Coordinamento Precari scuole di Roma, Associazione Nazionale Docenti, Cesp (Centro Studi Scuola Pubblica), Mida Precari, Unicobas, Coordinamento precari scuola di Napoli, Comitato Genitori e Insegnanti per la scuola pubblica di Padova, Collettivo studentesco Pescara, Autoconvocati scuola di Roma, Docenti consapevoli Macerata-Marche, Sindacato Generale di Base, Adida Precari, Comitato articolo 33 di Bari, Collettivo officina di Pisa, Collettivo Mambo di Roma, Link Coordinamento Universitario, Rete della Conoscenza, Adam, Non uno di meno di Milano, Rete scuole di Milano, Gruppo FB “E Adesso Uniamoci”, Il sindacato è un’altra cosa (area congressuale FLC CGIL, Collettivo studentesco Lanciano, Associazione Madonna Assunta di Napoli, Assemblea genitori ed insegnanti Bologna, Cub Scuola, Partigiani della scuola pubblica, Comitato nazionale per il sostegno alla LIP per una buona scuola per la Repubblica; Coordinamento nazionale per la scuola della Costituzione, Coordinamento docenti della provincia di Latina. Erano inoltre rappresentate anche le seguenti forze politiche: Altra Europa per Tsipras, Azione Civile, M5S, Partito della Rifondazione Comunista, Sinistra anticapitalista, Sinistra e Libertà, SEL

Marina Boscaino da Micromega

(15 febbraio 2016)

Cobas Veneto

Pubblicato da: Cobas Veneto

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Per urgenze chiamare il 347 9901965 (Carlo)

I comitati di base della scuola sono un sindacato di base nato negli anni ’80 e che da allora opera nel nostro territorio e nel territorio nazionale, con docenti e A.T.A. volontari – precari e non – disposti a mettersi in gioco.

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