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ATA EX ENTI LOCALI: LA LEGALITA’ PARTE DALLA SCUOLA PUBBLICA. L’EUROPA CONDANNA L’ITALIA

da | 16 Mar 2013 | News

ATA EX ENTI LOCALI: LA LEGALITA’ PARTE DALLA SCUOLA PUBBLICA.
L’EUROPA CONDANNA L’ITALIA

inviata da Angelo De Finis da retescuole.net

La vicenda del personale ATA (amministrativo, tecnico ed ausiliario) già dipendente dagli enti locali e che a decorrere dal 1° gennaio 2000 è stato trasferito nei ruoli del personale dello Stato-Comparto Scuola, rappresenta il perfetto e clamoroso esempio delle illegalità che ormai da decenni bloccano il sistema di tutele dei diritti sociali ed economici nell’ordinamento interno del nostro Paese.
Con la sentenza prima della Corte europea dei diritti dell’uomo e poi della Corte di Giustizia dell’Unione europea, l’Italia è stata condannata dall’Europa.
E’ un particolare processo allo Stato italiano e alla prassi del legislatore nazionale di cambiare le regole processuali per favorire gli interessi della pubblica amministrazione e gli abusi impuniti e impunibili dello Stato.
La Grande Sezione della Corte di giustizia dell’Unione Europea il 6 settembre 2011 ha censurato il comportamento dello stato italiano sotto il profilo della violazione della direttiva del Consiglio 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, la quale vieta agli Stati di peggiorare il trattamento retributivo dei propri dipendenti trasferendo il personale senza riconoscere l’anzianità maturata presso l’Amministrazione cedente.
La Corte di Lussemburgo ha infatti rimarcato che l’assoluta equivalenza tra compiti svolti dal personale ATA degli enti locali e quelli del personale ATA in forza al MIUR, consente alla Stato italiano di qualificare l’anzianità maturata presso il cedente da un membro del personale trasferito come equivalente a quella maturata da un membro del personale ATA in possesso del medesimo profilo e alle dipendenze, prima del trasferimento, del Ministero.
l’interpretazione dell’art. 8 della L. n. 124/99, introdotta dalla legge finanziaria dopo ben 5 anni dal trasferimento del personale, quando la Cassazione aveva già riconosciuto i diritti del personale ATA connessi all’anzianità maturata alle dipendenze degli Enti locali e il suo orientamento era ben consolidato, deve essere disapplicata in quanto finalizzata ad espropriare i lavoratori ATA del loro diritto al mantenimento dell’anzianità maturata, in aperta e ricercata violazione delle garanzie di un equo processo e di legalità, sancite dall’art. 6 della CEDU e recepite dall’art. 47 della Carta di Nizza. Come evidenziato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella sentenza Agrati del 7 giugno 2011.
La Corte europea dei diritti dell’uomo con decisione del 7 giugno 2011 ha affermato anche che ha sbagliato la Corte costituzionale, che nel 2009, con la sentenza n. 311/2009, aveva conferito alla norma censurata (comma 218 dell’art. 1 della legge n.266 del 2005 – finanziaria del 2006 -) il crisma di costituzionalità. Il tutto nonostante la Corte di Cassazione, facendo riferimento all’art. 117 della Costituzione, avesse avanzato dubbi proprio in riferimento alla compatibilità con gli obblighi internazionali riguardanti il rispetto dei diritti umani previsti dalla Convenzione. La Corte europea dei diritti dell’uomo censura la Corte costituzionale di aver “interpretato” le decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo sulle “imperiose ragioni o motivi imperativi di interesse generale” che potessero giustificare la natura retroattiva della norma interpretativa dell’art. 8 della L. n. 124/99.
In realtà il legislatore italiano, con la legge finanziaria per il 2006, si è ingerito nell’amministrazione della giustizia con l’adozione di una legge falsamente interpretativa, per preservare mere esigenze finanziarie dello Stato

IL NUOVO QUADRO NORMATIVO

Con le due sentenze delle Corti europee, la sentenza Agrati della Corte europea dei diritti dell’uomo e la sentenza Scattolon della Corte di Giustizia dell’Unione europea, il personale ATA transitato dagli enti locali allo Stato, risultato soccombente nelle controversie di lavoro con passaggio in giudicato di sentenze che hanno violato la normativa comunitaria in materia di trasferimento di azienda e non hanno applicato i principi del giusto processo, come è accaduto al sottoscritto, potrà richiedere il risarcimento (in forma specifica) dei danni subiti nei confronti dello Stato italiano, nel termine prescrizionale di dieci anni (cfr. Cassazione, sentenza n. 10813/2011 ), che decorre dal momento in cui è stato accertato l’inadempimento statuale, cioè non prima della sentenza Scattolon della CGUE.
La Corte di Cassazione, ha rinviato alle Corti di Appello circa 300 cause, nelle quali i giudici di merito dovranno applicare le sentenze europee. La Cassazione, rifacendosi alla sentenza della Corte di Giustizia, ha rinviato ai Giudici delle Corti di Appello la valutazione del pregiudizio economico effettivamente subito dagli ATA Ex Enti Locali. Questo non ha molto senso e allunga notevolmente i tempi di soluzione delle controversie. Le Corti di Appello dovranno decidere caso per caso la controversia nel merito, verificando la sussistenza, o meno, di un peggioramento retributivo, si badi bene, “sostanziale” all’atto del trasferimento e dovranno accogliere o respingere la domanda del lavoratore in relazione al risultato di tale accertamento. Tutto ciò è ambiguo. Si deve capire infatti che cosa dovrà fare il Giudice di merito.
Il Giudice di merito, cioè, nel caso in cui rilevi il trattamento peggiorativo e la violazione della normativa comunitaria di azienda al momento discriminante del passaggio, dovrà “capitalizzare” le differenze economiche nella successiva progressione di carriera o potrà semplicemente non applicare l’art. 1, comma 218, l. n. 266/2005 e così applicare la disciplina originaria del riconoscimento pieno dell’anzianità di servizio di cui all’art. 8, l. n. 124/1999?
In un certo senso si potrebbe dire che la Corte di Cassazione cerca di collaborare con le Corti superiori europee.
La Corte costituzionale, invece, nonostante sia stata sconfessata dalle Corti Europee per aver dichiarato costituzionale la norma interpretativa della finanziaria del 2006, il comma 218 dell’art. 1 della legge n. 266 del 2005, continua nel suo atteggiamento di sdegnosa chiusura istituzionale, di non collaborazione, fino allo scontro e all’aperto conflitto con le Corti sovranazionali e con la Corte di Cassazione.
La Corte di Strasburgo, Corte europea dei diritti dell’uomo, ha puntualizzato che la norma interpretativa (art. 1, comma 218, l. n. 266/2005) è stata illegittimamente inserita dal legislatore italiano il quale ha interferito nei giudizi già azionati nei confronti del Ministero dell’Istruzione soltanto per preservare l’interesse economico dello Stato, il quale non può mai giustificare l’emanazione di una legge interpretativa retroattiva, con l’adozione, dopo un periodo di cinque anni, di una disposizione che interpreta la norma originaria in palese contrasto con l’interpretazione della Cassazione sulla stessa norma.
L’Italia fa, quindi, una pessima figura con le autorità giudiziarie dell’Unione europea.
In Italia ormai non ci scandalizziamo più di nulla. Ciò che agli occhi di un francese, inglese o tedesco sembra assurdo a noi italiani sembra normale. Riusciamo ad adattarci ad ogni situazione anche la più inverosimile ed ingiusta. Ma nei confronti degli ATA Ex Enti Locali sono stati superati tutti i limiti.

ATA/ITP EX ENTI LOCALI: SENZA ILLUSIONI.”

Chiediamo al nuovo Parlamento italiano, in particolare ai parlamentari eletti del MoVimento 5 Stelle, di affrontare subito il tema delle ingiustizie sociali, di far prevalere il buon senso e l’interesse generale, ripristinando in tempi brevi una situazione di normalità e lo stato di diritto nel nostro Paese.
Chiediamo di risolvere il contenzioso seriale ed evitare un ulteriore ingente danno erariale alle casse dello Stato, perché è un problema che riguarda decine di migliaia di persone ATA/ITP Ex Enti Locali in tutta Italia.
La Corte di Strasburgo ha condannato lo Stato italiano a risarcire i 124 lavoratori ATA ex EE.LL. che non hanno accettato lo scippo di anzianità e indennità accessorie ratificato da CGIL-CISL-UIL-SNALS, governi di centro-destra/centro-sinistra, Corte Costituzionale, con somme consistenti individuali, predisposte dalla sentenza, che complessivamente ammontano a quasi un milione e ottocentomila euro (anche oltre gli 82 mila euro per dipendente).
Chiediamo al nuovo Parlamento italiano di recepire in pieno le richieste delle citate sentenze della Corte di Strasburgo e della Corte di Lussemburgo dando diretta attuazione ai principi di “parità delle armi”, di legalità, nonché più in generale ad un “equo processo”, sanciti dall’art. 6 della CEDU, sancendo il divieto dello Stato italiano di intervenire con leggi interpretative nelle cause in cui egli stesso è parte, per porre rimedio alle azioni giudiziarie intraprese con successo nei propri confronti.
Chiediamo quindi di disapplicare il comma 218 dell’art. 1 della legge n.266 del 2005 (finanziaria del 2006), che recepì a sua volta, i contenuti dell’accordo tra l’ARAN e i rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL e SNALS sottoscritto in data 20 luglio 2000 e il successivo decreto del Ministro della Pubblica Istruzione del 05 aprile 2001, quando la Sezione lavoro della Corte Suprema di Cassazione aveva già riconosciuto i diritti del personale ATA connessi all’anzianità maturata alle dipendenze degli Enti locali con ben 15 sentenze del 2005, univocamente orientate a dare piena tutela al personale ATA passato dagli Enti locali allo Stato, con il riconoscimento integrale dell’anzianità di servizio anche sotto il profilo giuridico.
Chiediamo di applicare l’art. 8 della legge n. 124/1999 nella sua versione (e interpretazione) originaria con il pieno riconoscimento dei diritti discendenti dall’anzianità maturata prima del trasferimento dall’Ente Locale.
In questo modo si può trovare una soluzione definitiva a questa ingiustizia, porre fine a una misera pagina della cronaca politica italiana, a una disuguaglianza tra gli stessi lavoratori ATA Ex Enti Locali determinata da una disparità di trattamento tra soggetti destinatari della stessa normativa, e si ripristina la certezza del diritto nel nostro Paese.

Angelo De Finis

Cobas Veneto

Pubblicato da: Cobas Veneto

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