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PAROLA D’ORDINE: DEMOLIRE IL MOVIMENTO

da | 25 Nov 2012 | Materiali

PAROLA D’ORDINE: DEMOLIRE IL MOVIMENTO

di Giuseppe Calicetti

il manifesto – 24 novembre 2012

Ci sono le manifestazioni di protesta di migliaia di studenti in tutta Italia? Ci sono le occupazioni delle scuole? Ci sono sindacati che, dopo aver indetto in modo unitario le assemblee coi docenti in preparazione di uno sciopero, poi non lo fanno? Tipo Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals-Confsal, Gilda Fgu? Sì, certo. Ma ci sono soprattutto decine di opinionisti che in queste settimane hanno cominciano con la retorica contro gli studenti e chi protesta. Si ha la sensazione che ben pochi di loro cerchino di capirne le ragioni.

Non è questo che li interessa. Hanno un altro obiettivo: spezzare le gambe al movimento finché è piccolo e giovane. Si scrive a memoria, sull’onda dei ricordi. Come se i giovani di oggi fossero uguali a quelli di ieri o dell’altro ieri. E non diversi, nuovi ogni volta. È ormai quasi un nuovo genere giornalistico. Lo sport più in voga: demolirli.

A destra, facendo puntualmente, ma anche fascisticamente, di tutte le erbe un fascio. Per bollarli a imperitura memoria come pericolosi e violenti estremisti. Tutti. Senza neppure guardarli in faccia. Evocando generalmente i fantasmi di un sessantotto assassino e demoniaco in cui loro, i giovani di oggi, non erano neppure nati. È la tecnica già adottata in passato da gente che parlava di don Milani come dell’inventore dei soviet dell’ignoranza.

Ma anche i giornali apparentemente più progressisti, spesso e volentieri, ai giovani, non fanno sconti. E hanno ben poco da dire. La loro retorica? Predicare, predicare, predicare, predicare. Ciò che fa irritare ogni giovane, che dagli adulti si aspetta soprattutto esempi, più che parole. Già, le prediche. Non sanno far altro. Magari qualche sinistro condivide le ragioni della protesta, capisce. O ci prova. Condivide le preoccupazioni. Cerca. Si sforza. Ma certamente non ne condivide i metodi. Mai. Diamine, siamo adulti, mica ragazzini invasati!

I metodi! I metodi! Parliamone, di questi metodi. Lo sciopero e la piazza sono roba vecchia? Anche l’occupazione della scuola? Va bene, ma chi lo sostiene ha idee alternative? No, si capisce. L’alternativa è stare zitti. Verrebbe da dire: da che pulpito arrivano, questi consigli! E soprattutto, cosa hanno prodotto, in termini di cambiamenti reali dell’esistente?

La cosa più interessante sarebbe parlare anche della specificità di questa protesta dei giovani di oggi, piuttosto. Non è uguale a quella dei loro padri o dei loro nonni. Ma non per questo è da deridere o giudicare sempre negativamente. Vabbè, replicare ai reazionari è fin troppo facile. Buttafuoco, l’altro giorno, alla radio: «E se invece di protestare, i giovani iniziassero a studiare?» La solita vecchia battuta riciclata.

Caro Buttafuoco, e se magari oltre a studiare i giovani protestassero? Le due cose da lei non sono contemplate? Rispetto alle modalità: c’è una grande attenzione da parte degli studenti a non essere impallinati dalla logica della “narrativa della violenza” che politici e media non vedono l’ora di recitare a soggetto.

Voglio dire: sono meno ingenui di quanto pensiamo. Certo sono ben più pacifisti e non violenti di chi ha protestato in passato. E anche di chi ha licenziato 150.000 docenti dal 2008 a oggi: il più grande licenziamento di massa dalla nascita della nostra Repubblica, avvenuto a opera dello Stato, del Pubblico, non della Fiat o di un privato.

Siamo di fronte a studenti che non compiono atti vandalici, per esempio. Anzi, c’è cura e attenzione verso gli edifici scolastici, vissuti come bene comune. Anche nelle occupazioni, mi pare ci sia una nuova consapevolezza, magari anche un po’ disperata: quella che la scuola sia, di fatto, l’unica Casa dei Ragazzi che è rimasta in questo loro mondo che non li vuole e li recepisce come ostili a priori, presenza indesiderata.

Anche rispetto alle ragioni delle loro proteste ci sono particolarità. Le metteva ben in luce una recente puntata di Tutta la città ne parla dove si dava voce, oltre a giornalisti e studenti, anche ai genitori dei ragazzi che stanno protestando. È vero, sia padri che figli temono il no future, ma la loro protesta, oggi, è più mirata.

A dispetto della ridicola e ripetuta disunità sindacale in atto, che sembra assolutamente funzionale al tentativo di disinnescare qualsiasi reale protesta – parliamoci chiaro, è così che i sindacati della scuola, da anni, neutralizzano le assordanti proteste di un corpo docenti ormai sull’orlo di una crisi di nervi – il movimento degli studenti mostra ancora una eccezionale unità e compattezza nell’affermazione del proprio obiettivo prioritario: la difesa appassionata della scuola pubblica senza se e senza ma, come cuore ancora vivo e pulsante di quel che rimane della democrazia nel nostro Paese.

Cobas Veneto

Pubblicato da: Cobas Veneto

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