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Per il ministro Profumo 18 = 24. La matematica questa sconosciuta.

da | 20 Ott 2012 | Materiali

Per il ministro Profumo 18 = 24. La matematica questa sconosciuta.

di Beppi Zambon

da <>globaproject

19 ottobre 2012

In verità nella scuola italiana, come nella società, si lavora troppo e i contratti sono carta straccia. È ora di dire basta allo stillicidio di provvedimenti e alla gogna pubblica.

Per anni ci hanno dileggiato come fannulloni, fancazzisti, sessantottini, settantasettini, per anni hanno preparato il terreno per scardinare l’impianto della scuola e degli insegnanti pubblici: prima è toccato ai maestri elementari del tempo pieno e lungo [via le compresenze, un solo insegnante in classe è il vero punto di riferimento], poi agli ITP e gli inidonei [meno laboratori, più classi, e per chi non è più in grado di svolgere attività didattica 36 ore di servizio in biblioteca], oggi a tutti gli altri [medie e superiori, da 18 a 24 ore in classe]: l’opzione [un po’ crumira!], la possibilità di svolgere attività d’insegnamento fino a 24 ore, con incremento retributivo, diventa proposta di legge per tutti ma a parità di retribuzione.

Sta scritto a chiarissime lettere nella Legge di Stabilità 2012, all’art.3.
La democrazia dove sta?!!! La dialettica tra le parti sociali?!! La contrattazione sindacale?! Ope legis. Il dato politico in tutta questa faccenda è che se passasse il concetto che un governo possa intervenire direttamente su materie contrattuali, ciò significherebbe automaticamente la fine stessa dell’istituto contrattuale, i contratti collettivi nazionali di lavoro- tutti – diventano carta straccia; un secolo, almeno, di storia sindacale passata nel tritacarne e i sindacati, grandi e piccini, sottolineano questo aspetto poco o nulla, baloccandosi sulle ferie recuperate per i precari o il dimensionamento scolastico, punti importanti, ma specifici e assolutamente secondari.

Ora circola la data del 24 novembre come possibile giornata di lotta unitaria per la scuola, non è un pò troppo avanti nel tempo? che non sia soltanto fuffa?!

Uno studio del 2005 condotto per la Provincia di Bolzano, su di un campione piuttosto consistente, ha rilevato che i docenti di ruolo lavorano 1.660 ore in un anno (divise per le settimane di lezione che sono 33 il conto è di 50 ore settimanali!). Di cosa si occupano in tutte queste ore gli insegnanti italiani? L’elenco delle attività è ovviamente lunghissimo. Quelle che assorbono maggiormente maestre e professori sono le lezioni curricolari con gli alunni, la programmazione e la preparazione delle lezioni – attività svolte prevalentemente a casa – i corsi di aggiornamento e di autoaggiornamento, e la cosiddetta ”elaborazione/valutazione/documentazione”. Ci sono poi i compiti da correggere, i colloqui con i genitori, le riunioni, gli scrutini e gli esami e mille altre attività che spesso tengono a scuola i docenti ben oltre l’orario canonico. Chi è, oggi in Italia, che fa 50 ore alla settimana e si sente, costantemente, sfottere, impotente a reagire?: gli insegnanti, quasi fossero cittadini extracomunitari irregolari, i più ricattabili tra i precari. Da vergognarci.

Ora siamo all’aumento di un terzo – da 18 a 24 ore, per legge – dell’orario a parità di salario. In Italia non ci sono precedenti in materia in nessuna categoria in tutto il dopoguerra e neppure, che io ricordi, durante il Fascismo. Solo Marchionne, alla Fiat con la disdetta del contratto e le newcom, è riuscito ad allungare oggettivamente [20 minuti] il tempo di lavoro, eliminando, in parte, le pause durante la lavorazione, scatenando le giuste reazioni operaie e sindacali. Neppure nella disastrata Grecia e in Portogallo dove, sotto i diktat BCE/FMI i governi hanno tolto agli insegnanti e al pubblico impiego, la 14^ [loro l’avevano!] e parte della 13^: ma l’orario no, nessuno aveva osato tanto e, per ora, impunemente. Dove cavolo è finito quel ragionamento politico, sindacale e sociale che affermava che si potrebbe lavorare meno, tutti e meglio, ma non solo si potrebbe ma si può perché, in Francia le 35 ore in molti settori del lavoro privato e pubblico sono ancora una realtà, e non si toccano questa la parola data da Hollande; in Germania, tanto per chiamare in causa chi viene additato come l’Orco Europeo, gli orari di lavoro pubblici e privati sono mediamente di poco superiori alle 36 ore [la nostra media è superiore alle 39], gli insegnanti di medie e superiori ne fanno 18 [come noi], i maestri 20 [4 di meno di noi] e potremo continuare alla grande con la stragrande maggioranza dei paesi della UE.

Quello che frega noi – ci dicono i Potenti – è la produttività, bassa e ora anche qualitativamente in calo: balle. tutti sappiamo che, oggi, la produttività non è più data dalla formuletta magica tayloristica ma che è un risultato sistemico, fatto di relazioni tra distretti produttivi, di sistemi di trasporto, di logistica, di integrazione sociale e assistenziale [vi siete chiesti perché mai rinascono i nidi aziendali o gli alloggi di adrianolivettiana memoria?!!].
Il gap che ci frega sono le Istituzioni del Pubblico che latitano e/o stornano gli interventi di produttività sociale pro domo loro, è il lavoro irregolare e nero, la fantasmagorica evasione fiscale e bancaria, usata mafiosamente, come scambio per l’immunità e la continuità di questa Politica.

È ora di dire basta e mettere in moto un sano moto di rivolta, così come altrimenti ci dicono Caliceti e Di Girolamo nei loro interventi nel blog Viva la scuola , così come comincia ad emergere nei crocchi di insegnanti dentro le scuole. È necessario un moto d’orgoglio che rimetta al centro dell’attenzione sociale la scuola, l’insegnamento, la formazione, partendo da rivendicazioni semplici ma sostanziose: 20 alunni per classe, ruolo unico, stipendio europeo, stabilizzazione dei precari nei posti vacanti.

Cobas Veneto

Pubblicato da: Cobas Veneto

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Per urgenze chiamare il 347 9901965 (Carlo)

I comitati di base della scuola sono un sindacato di base nato negli anni ’80 e che da allora opera nel nostro territorio e nel territorio nazionale, con docenti e A.T.A. volontari – precari e non – disposti a mettersi in gioco.

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