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Sistemi scolastici europei. Dati a confronto

da | 19 Set 2012 | Materiali

Ricerca Uil Scuola. Sistemi scolastici europei. Dati a confronto

La ricerca – on line sul sito Uil Scuola, www.uilscuola.it – è strutturata in cinque macro sezioni

– Il quadro economico
– L’Italia e gli indicatori europei
– I nuovi obiettivi di Lisbona 2020
– Formazione iniziale: 5 esperienze in Europa
– Sistemi scolastici europei: dati si sintesi

Ne riportiamo una sintesi.

Quanta parte di ricchezza nazionale riservano gli stati europei all’Istruzione?
Oscilla tra il 4% della Slovacchia all’8,7% della Danimarca la quota di Pil che viene destinato all’istruzione. L’Italia si posiziona a quota 4,70% ben al di sotto della media europea (5,44%) collocandosi in coda alla classifica insieme a Bulgaria (4,58%), Repubblica Ceca (4,3%), Romania (4,2%).

In che modo incide l’istruzione sulle spese pubbliche totali?
L’Europa investe, in media, il 10,8% delle spese pubbliche per la scuola. Germania e Francia si collocano appena al di sotto con il 10,5% e il 10,3%. Allineata sul valore medio la Spagna (10,8%).
L’Italia ha un punto di PIL in meno (9,1%) e si colloca all’ultimo posto dei 27 paesi dell’Unione.

Come si spendono le risorse disponibili?
La ripartizione media delle spese in Europa copre per il 75,6% le spese per il personale, l’8,2% le spese in conto capitale e il 16,2% le spese correnti. In Germania si spende il 77,2% per il personale, più che in Italia (75,6%), le spese in conto capitale sono pari all’ 8,2% mentre in Italia sono al livello del 5,2%, le spese correnti sono il 14,6% mentre in Italia sono di quasi di due punti in più, 16,2%.

Quanto pesa la burocrazia?
Il dato è tutto italiano: nel 2010 la produzione amministrativa del ministero dell’istruzione tra note, circolari, decreti, direttive era di 512 provvedimenti l’anno. Nel 2011 era di 486, nel 2012 da gennaio ad agosto sono stati emanati 261 provvedimenti, quasi due al giorno a cui vanno ad aggiungersi quelli regionali, provinciali, comunali: inviati è vero per via telematica, ma stampati e protocollati giornalmente nelle scuole, con un carico di lavoro e rigidità tutte italiane. Occorre, poi, aggiungere il peso e il costo di una amministrazione che non si fida di se stessa. Molti provvedimenti, che hanno ricaduta sul personale e sul funzionamento della scuola, richiedono controlli di un ministero su un altro che si concretizzano, anziché in un lavoro in team in un lungo epistolario. Ovviamente a questo si aggiungono i controlli da parte della Corte dei Conti e del Consiglio di stato.

Gli insegnanti italiani hanno meno ore di insegnamento?
No, il carico settimanale di un insegnante della scuola primaria è di 22 ore rispetto alle 19,6 della media Ue. Per la secondaria superiore sono 18 le ore per l’insegnante italiano, 16,3 per la media europea. Nella secondaria inferiore le ore sono le stesse in Italia e nella media Ue: 18.

Sono troppe le ore di insegnamento?
Nella fascia di età 7/14 anni, parametro utilizzato genericamente da Eurydice, nei paesi europei, con 6.6652 ore di insegnamento in media, l’Italia è al primo posto con 1.980 ore nella fascia d’età 7/8 anni, 3.069 ore nella fascia 9-11 anni, 3.627 nella fascia 12/14 anni, per complessive 8.316 ore. Al secondo posto per numero di ore l’Olanda (7.700), al terzo la Francia (7.432), poi l’Irlanda (7.425) e la Spagna (7.364). La considerazione che non traspare dalle statistiche è che il tempo pieno nella scuola primaria e il tempo prolungato nella scuola media, rappresentano una tipicità italiana fortemente positiva non altrettanto diffusa in Europa.

Le classi italiane sono troppo affollate?
Il dato europeo sul rapporto medio degli studenti per classe vede l’Italia con un valore medio di 21,3 studenti. In Europa la media è di 21,3. E’ evidente che in Italia c’è un problema di distribuzione che gli interventi lineari non hanno toccato per cui ci sono troppe classi con 30 alunni e oltre.

Quanto guadagnano gli insegnanti?
Da 4 a 10 mila euro in meno è questo il divario, rispetto alla media europea, tra lo stipendio di un insegnante italiano, a inizio e a fine carriera, rispetto ai suoi colleghi degli altri paesi dell’Unione. Nel dettaglio, se un insegnante italiano di scuola media ad inizio carriera guadagna 24mila euro (la media Ue è di 28 mila) un collega tedesco ne guadagna 42 mila, uno spagnolo 34 mila. Al massimo della carriera, dopo 35 anni, un docente di scuola superiore in Italia arriva a guadagnare quasi 39 mila euro lordi l’anno ( la media Ue è di quasi 49 mila) un tedesco ne guadagna 63 mila, uno spagnolo 48 mila, un francese 47 mila. Va inoltre considerato che, avendo l’Italia il carico fiscale tra i più alti, la differenza, al netto è anche maggiore.

Hanno funzionato gli Obiettivi di Lisbona?
La strategia varata nel 2001 con obiettivo 2010 ha avuto esiti non soddisfacenti. Si è aperta una nuova fase di obiettivi che puntano al 2020. Bene ha fatto l’Italia rispetto all’abbandono scolastico
in dieci anni è stato ridotto del 7% passando dal 25,9% al 18,8%. Rispetto ai livelli di innalzamento del livello di istruzione siamo allineati ai livelli europei (79%) con una crescita del 76,3% (obiettivo era 85%) . Crescono i laureati in materie scientifiche. Siamo lontani, invece, in relazione al livello delle acquisizioni delle competenze di base dove registriamo un decremento dell’11%.

Durata dei cicli scolastici, esiste un modello europeo prevalente?
E’ l’interrogativo di stretta attualità: esiste uno standard europeo per l’età di uscita dalla scuola secondaria? No, i dati mostrano chiaramente che i 27 paesi europei si dividono abbastanza equamente tra quelli che terminano il percorso scolastico a 18 anni (13 paesi tra cui Spagna e Francia ) e quelli, come l’Italia, la Germania, la Danimarca che lo terminano a 19 anni (15 paesi in tutto). Romania e Finlandia offrono due opzioni (18/19 e 17/19 se si continua il ciclo di studi)

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Pubblicato da: Cobas Veneto

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