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I predatori della scuola sperduta

da | 7 Ott 2025 | Cesp, News

di Marco Guastavigna

di Marco Guastavigna

A essere ottimisti oltre che precisi, qualcuno che ha messo sotto accusa l’espediente c’è: succede ripetutamente che una piattaforma di “intelligenza artificiale” – l’aggettivo “generativa” è andato disperso nella ricorsiva trivializzazione concettuale a cui abbiamo tristemente assistito in questi ultimi due anni – di supporto all’attività didattica ti dia un accesso free e che tu lavori (gratis) a rendere più chiare le esigenze e mirate le soluzioni proposte dall’azienda di turno. Del resto, questa è la condizione che da sempre caratterizza i test delle versioni beta di un software: non siamo di fronte a una vera e propria novità, insomma, perché reclutare collaudatori tra i lavoratori entusiasti è sempre stato facile e, almeno apparentemente, indolore.

E così sono una quantità considerevole gli insegnanti che si allenano a usare dispositivi generatori potenziali – appunto! – di slide, lezioni, mappe mentali (confuse come da tradizione pluridecennale con le concept map), unità di apprendimento, sintesi, quiz, cruciverba, testi a vario titolo adattati, prove d’esame, pianificazioni temporali, immagini, oggetti da colorare, flashcard, guide per scrivere saggi e chi più ne ha ne metta, fino a canzoni e barzellette, in una sorta di albero della cuccagna pedagogica. In questo contesto sono in vigore tre indiscussi assiomi: è garantito l’approccio innovativo, inteso ovviamente come scopo e non come dispositivo di mediazione, si risparmia tempo, si va al passo con il progresso.

Il marketing è martellante: brandelli avanguardisti di istituzioni, cultori di sloganistici anglismi, lobby di dirigenti carrieristi, le suddette piattaforme, molte case editrici – in particolare quelle simbiotiche con le pratiche scolastiche di basso profilo, che hanno la banalizzazione come asset strategico –, formatori più o meno improvvisati. Galvanizzati dagli investimenti nell’ambito del PNRR, rivolti a plasmare un’istruzione subalterna al capitalismo cibernetico, promettono tutti la medesima cosa: una guida pratica al futuro, inteso come totemizzazione delle tecnologie digitali. Ovviamente a distanza, 365, 24/24, 7/7: bonus docenti non olet!

Oltre a interviste spesso imbarazzanti e qualche volta addirittura condotte sotto l’ombrellone estivo, sulla rete del social business è possibile imbattersi in varie forme di propaganda delle iniziative di formazione e di fornitura di servizi dei grandi player internazionali e di sub-servizi delle aziende di scopo nate in scia. Tra di essi spiccano i surreali annunci di attestazioni della partecipazione a corsi di ben 2 (sic!) ore sull’AI a scuola, verificate da domande a matrice pubblicitaria, il cui obiettivo è l’addestramento a un ambiente freemium in cerca di clienti. Gli acquari professionali di questo tipo sono in genere completati da una “comunità” (abuso linguistico impunito, tipico dell’epoca attuale) dedita tra varie amenità allo scambio chiavi-in-mano delle UDA, ovvero a celebrarne la riproduzione tecnica caratterizzata da costi marginali azzerati e da serietà professionale destituita. Senza comprendere che questa modalità va nella direzione della standardizzazione alienante delle prestazioni professionali, perché riduce il contesto a ordine e tipo di scuola e l’interattività a quella con il dispositivo scelto per l’occasione. E non assegna alcun valore vero alla soggettività degli insegnanti e degli studenti e al loro insieme di relazioni, riducendo la mediazione didattica a proprietà tecnica dei materiali di apprendimento, posizione che neanche il più retrivo degli editori di libri di testo tradizionali aveva mai sostenuto.

Va detto anche che le resistenze a qualsivoglia cambiamento per amore dell’inerzia restano così diffuse – e spesso pretestuose – che non è strano che vi sia chi pensa che certe forme di “innovazione” siano virtuose. Va ricordato anche che il brodo di coltura di questi esiti sono i processi di gerarchizzazione funzionale cominciati con l’istituzione della figura del dirigente scolastico e quelli di dequalificazione del profilo professionale messi in atto in piena continuità dalla governance degli ultimi decenni, che nel caso delle tecnologie digitali si incontrano nella spudorata (oltre che sessista) graduatoria Novizio (…) Pioniere, pienamente esemplificativa di una visione assolutizzata e tecno-normativa, fondata sull’imposizione e sul controllo e ostile a qualsiasi autentica emancipazione.

Insomma, dobbiamo ammetterlo, se vogliamo combatterlo: siamo di fronte a un vero e proprio smottamento professionale. Da una parte erogatori di saperi tendenzialmente tossici, dall’altra impiegati esecutivi dell’istruzione, ai quali non interessa ideare, ma pianificare, non appartiene elaborare, ma riprodurre. Avendo per contro l’ardire di usare compiaciuti per operazioni meccaniche e ripetitive il verbo “creare” e tutte le sue possibili derivazioni. Del resto, uno dei più grotteschi corollari dei postulati efficientisti dell’uso dell’IA (generativa) nella didattica è l’hype dell’incremento della creatività, che funziona come straordinario alibi cognitivo e culturale.

A determinare la nocività di queste (presunte) competenze professionali, per altro, non è soltanto il presupposto iniziale, ovvero l’idea che il modello tecno-liberista fondato su oligopoli energivori sia l’unico possibile e auspicabile. A dequalificare le modalità di formazione e di autorialità didattica in atto non sono solo la superficialità e l’insipienza con cui sono definiti i quadri concettuali. Vi sono anche motivazioni più specifiche.

Sono appena state rilasciate le “Linee guida per l’introduzione dell’intelligenza artificiale nelle istituzioni scolastiche” del MIM, che puntano a rafforzare la competitività del sistema di istruzione nazionale mediante il suo adattamento alla realtà che cambia e a rendere gli studenti leader capaci di definire il rapporto dell’IA con la società. Per raggiungere questi obiettivi, dichiaratamente subalterni a un modello di società e di cultura che esaltano l’utilitarismo individualista, il documento presenta un florilegio di esemplificazioni generiche e banali. Lo stesso approccio, per altro, caratterizza anche la sempre più diffusa manualistica.

L’articolo completo qui.


Pubblicato da: Redazione Cobas e Cesp Veneto
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