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LA SCOPERTA DELL’ACQUA CALDA, a scuola.

da | 29 Set 2025 | Discussione, Primo piano, Senza categoria

di Beppi Zambon

Che nelle scuole, nelle aule, tra gli studenti di ogni ordine e grado pesi fortemente la classe di origine in cui materialmente vive la propria famiglia, non è certo una novità. Ci sono montagne di saggi, di ricerche, di libri che lo attestano, senza scomodare l’analisi sociologica marxista della società, ci basta, per tutt3, richiamare il nume tutelare di don Milani.
Negli ultimi 30 anni il ventaglio delle differenze economiche di status tra le famiglie di origine degli studenti è stato – scientemente, basti vedere la curva discendente del potere d’acquisto dei nostri salari e stipendi – allargato, e la forbice dei risultati scolastici, dell’accesso ai diversi ordini di scuola superiore e, tanto più all’università si è allargata.
Il risultato sociale, dopo qualche anno, è stato l’abbandono scolastico che ha superato, gli anni scorsi, il 10% portandoci in fondo alla graduatoria scolastica europea, l’accesso all’istruzione liceale è proprio solo degli studenti provenienti dal ceto medio-alto, a quello tecnico di quelli provenienti dal ceto medio-basso, al professionale di quelli provenienti da quello basso oltre che da famiglie di vecchia e nuova immigrazione.
Gli studenti portatori di deficit si sono addensati (sono stati indotti a) negli istituti professionali e tecnici, creando problematiche aggiuntive di non facile soluzione, stante la persistente carenza di insegnanti e personale di sostegno.
Questo instradamento nella scelta scolastica è stato frutto di un pianificato lavorio ministeriale, fortemente sostenuto/incentivato daile figure degli ‘orientatori’ e dei ‘tutor’, ovvero insegnati che lo fanno in base al rendimento scolastico, oggettivato dai test INVALSI. Ovviamente, le condizioni economico-sociali famigliari incrementano la propensione per l’opzione di un indirizzo scolastico piuttosto che un altro.
Pensare e scrivere che gli insegnanti sono la causa del indirizzamento classista degli studenti, è una panzana bella e buona anche se supportata da interviste, da panel o da presunti dotti ricercatori sociali.
Che gli insegnanti – come sottolinea la ricerca postata in calce – siano propensi, sulla base della loro ‘esperienza’ didattica, età anagrafica, estrazione sociale, ad indirizzare verso un percorso anzichè un altro è ‘umano’ anche se non sentitamente pedagogico.
Sono (siamo) tutt3 oberat3 da una produzione burocratica che soffoca gran parte della spinta pedagogico-didattica – educativa consunstaziale dell’attività docente, trasformata così una funzione pseudo impiegatizia.
Vogliamo aggiugere lo sgretolarsi di un riconosciuto ruolo sociale, sommiamo a ciò un corrispondente abbassamento di riconoscimento stipendiale (dal 2000 ad oggi gli insegnati hanno perso 500€ netti in busta paga!!!).
Questi sono alcuni fattori che incidono sul venir meno di una ‘passione’ nel corpo sociale degli insegnanti che, purtroppo, è/diventa, oggettivamente, funzionale alla stratificazione classista della scuola (per non parlare dell’università).
E’ urgente uno scatto d’orgoglio ‘professionale’ e di critica sociale di tutto il mondo (i soggett3) dell’educazione e della formazione.
A presto.

Pubblicato da: Redazione Cobas e Cesp Veneto

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