Inizio 5 Discussione 5 Per farsi ascoltare non basta che tutti lo dicano …

Per farsi ascoltare non basta che tutti lo dicano …

da | 9 Set 2025 | Discussione, Materiali, Webpress

dal sole24ore

La lunga estate della scuola italiana è finita, si riaprono gli istituti e  i ragazzi riprendono la routine delle lezioni. Con loro, in classe, schiere di insegnanti. Precari. Con contratto stabile. Alla soglia della pensione o al primo incarico. Impegnati in strutture vicino a casa o a migliaia di chilometri dalla famiglia.

Come in tutto il mondo, la condizione di chi siede in cattedra è raccontata soprattutto in termini di criticità persistenti. Tra bassi stipendi e carichi di responsabilità burocratiche sproporzionate, affaticamento mentale e la percezione che il proprio lavoro sia scarsamente valutato. Persiste, inoltre, in tutto il mondo una carenza importante di personale docente, quando non si assiste proprio a una fuga dalle cattedre.

Evidenziava qualche tempo fa il documento dell’Ocse “Unravelling the layers of teachers’ work-related stress”* come, tra gli insegnanti «una lamentela comune (riguarda) il livello di stress legato al ruolo. Anche prima della pandemia, in media nei Paesi Ocse, il 48% valutava la propria esperienza tra “abbastanza” e “molto”stressante”. Questo è preoccupante, poiché lo stress legato al lavoro è spesso un fattore chiave che influisce sulla soddisfazione professionale degli insegnanti, sul loro benessere e sul desiderio di continuare a insegnare». Non una situazione di poco conto, anche solo considerando il loro fondamentale ruolo nel preparare le generazioni più giovani.

Continuava poi il documento Ocse: «Per quanto il 90% si dice soddisfatta in generale della propria occupazione, solo il 76% ritiene che i vantaggi della professione siano più significativi degli svantaggi. Un terzo di loro, inoltre, si chiede se avrebbe fatto meglio a scegliere una diversa professione».

Lo stress degli insegnanti. Il caso italiano

Stando all’indagine Talis (Teaching and learning international survey) dell’organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo, insegnare resta la prima scelta di carriera per due insegnanti su tre (quasi il 60% dei docenti uomini, il 70% delle insegnanti). Nel 90% dei casi, a spingere su questi percorsi è la possibilità di incidere sullo sviluppo dei bambini o di contribuire alla società. Nonostante questo, però, solo il 30% dei rispondenti ritiene che il proprio ruolo sia ritenuto di valore sociale. Il 61% si dice insoddisfatto dello stipendio che riceve per i livello di studi effettuato. E per quanto il 90% si dica almeno sufficientemente soddisfatto dalla propria professione, molti lamentano di doversi caricare di responsabilità burocratiche onerose, trovarsi in relazioni complesse con dirigenti e genitori.

Questa tendenza mondiale è confermata anche dall’analisi effettuata di recente dal Centro studi Erikson e Università di Padova sulla situazione in Italia. Pubblicato sull’International journal of education research, lo studio mette sotto osservazione la condizione, i livelli e le cause dello stress tra gli insegnanti dello stivale. Anche qui, i principali fattori di rischio per il benessere dei docenti sono la burocrazia, relazioni umane di scarsa qualità (con colleghi e famiglie); il carico di lavoro. Uniti alla mancanza di riconoscimento professionale, sia in termini economici che di opportunità di carriera.
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Pubblicato da: Redazione Cobas e Cesp Veneto

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