Il caso della ex Miteni a Trissino, in Veneto
In provincia di Vicenza, a Trissino, c’è una delle contaminazioni più gravi d’Europa. L’azienda Miteni per anni ha prodotto PFAS che sono stati rilasciati nelle acque superficiali. Si sono diffusi nell’aria, nell’acqua, nella terra e nel sangue della popolazione in un’area tra Vicenza, Verona e Padova che conta circa 350mila abitanti.
La vicenda è iniziata sessant’anni fa quando l’azienda chimica locale Ricerche Marzotto (RiMar) acquistò i brevetti delle aziende produttrici di PFAS DuPont e 3M. Nel 1977 ci fu la prima denuncia da parte della popolazione locale: l’acqua dei rubinetti di casa era diventata gialla. Analisi successive svelarono la contaminazione da benzotrifloruri (BTF). RiMar passò per diverse gestioni fino alla definitiva acquisizione da parte di EniChem e Mitsubishi: divenne Miteni. Nel ’96 la proprietà passò interamente a Mitsubishi, che vendette nel 2009 alla tedesca ICIG per la cifra simbolica di un euro.
Le indagini sui PFAS nell’acqua potabile in Veneto
Per anni l’acqua contaminata è stata usata per l’agricoltura, è entrata nelle falde ed è stata consumata dalla popolazione e dagli animali. Un’indagine dell’Istituto di ricerca sulle acque (Irsa) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) con l’allora ministero dell’Ambiente svelò i livelli allarmanti di concentrazione nell’acqua potabile. Nel 2013, quando era tutto noto, l’ICIG comunicò all’ARPA del Veneto che sotto la fabbrica c’era un’altissima contaminazione da PFAS e altre sostanze. Si chiamò fuori da qualsiasi responsabilità. Erano state le gestioni passate. Indagini successive del Nucleo operativo ecologico dei Carabinieri dimostrarono che, in segreto, avevano già fatto interventi idraulici contenitivi. Sul territorio vennero installati filtri a carboni attivo per la distribuzione di acque potabili e cominciarono i biomonitoraggi della popolazione.
La regione fu divisa in area rossa, arancione, gialla e verde a seconda della gravità della contaminazione. Gli 85mila cittadini residenti in area rossa parteciparono a un piano di sorveglianza sanitaria regionale che mostrò altissime percentuali di PFAS nel loro sangue. Scoppiò il caso mediatico. Era il 2016, la ex Miteni continuava a lavorare sul territorio. Non produceva più PFAS: si occupava di purificare i filtri a carbone attivo degli stabilimenti di Dupont (poi Chemours) di Dordrecht, nei Paesi Bassi.
Nell’autunno del 2018 la proprietà ha dichiarato il fallimento: troppo elevati i costi di adeguamento degli impianti e di bonifica del sottosuolo. Nel 2019 è cominciato il processo per inquinamento ambientale.