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Senza oneri per lo Stato

da | 9 Gen 2024 | Autodifesa, Cesp, Discussione, Materiali, Primo piano

di Carmine Alba e Gianluca Maestra

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito ha pubblicato il 10 novembre 2023 il primo avviso per la presentazione dei progetti, finanziati con risorse del P.N.R.R., da parte delle scuole paritarie non commerciali del primo e secondo ciclo di istruzione, per potenziare l’insegnamento delle materie S.T.E.M. (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) e multilinguistiche.

Vediamo di capire cosa si intende per scuole paritarie non commerciali (le attività non commerciali): sono tali “quando «l’attività è svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con lo stesso» (articolo 4, comma 3 del decreto 200 del Mef). A titolo di esempio valga quest’inciso dell’ordinanza 35123/2022 della Cassazione in merito al pagamento dell’I.M.U.: “nel caso di specie la retta applicata agli studenti mediamente supera il 50% del costo del servizio, e quindi può dirsi che si tratti di attività commerciale non esente da imposta comunale”. Dunque se la retta supera il 50% del costo del servizio, l’attività è certamente commerciale1.

Il Ministero mette dunque a disposizione, per le scuole paritarie non commerciali2, un ammontare complessivo di risorse pari a 750 milioni di euro, di cui

  • 600 milioni sono destinati alla “realizzazione di percorsi didattici, formativi e di orientamento per studentesse e studenti finalizzati a promuovere l’integrazione, all’interno dei curricula di tutti i cicli scolastici, di attività, metodologie e contenuti volti a sviluppare le competenze S.T.E.M., digitali e di innovazione, nonché quelle linguistiche, garantendo pari opportunità e parità di genere in termini di approccio metodologico e di attività di orientamento S.T.E.M.”.

  • Ulteriori 150 milioni serviranno invece “per la realizzazione di percorsi formativi di lingua e di metodologia di durata annuale, finalizzati al potenziamento delle competenze linguistiche dei docenti in servizio e al miglioramento delle loro competenze metodologiche di insegnamento.

E già viene da chiedersi se la soglia massima del 50% della copertura dei costi con le rette è parte dell’atto costitutivo delle scuole paritarie non commerciali o furbescamente raggiunta con i fondi di Stato, Regioni e Comuni, elargiti in questi due decenni in misura via via maggiore e ormai “istituzionalizzati” e presenti in ogni finanziaria.

“Con queste iniziative – dichiara Giuseppe Valditara, Ministro dell’Istruzione e del Merito – lanciamo un segnale preciso: il sistema pubblico di istruzione è unico e comprende anche le scuole paritarie”.

Il finanziamento con fondi pubblici degli istituti paritari non commerciali non è certo una novità, ormai da più di un decennio. Già lo scorso anno, nella sua prima legge di bilancio, l’attuale governo Meloni fu prodigo di finanziamenti verso le scuole non statali: 70 milioni in più rispetto all’anno precedente, per accogliere gli alunni disabili, più altri 20 milioni destinati alle sole scuole paritarie dell’infanzia3.

Nella manovra di Bilancio di quest’anno si rileva che sono stati stabilizzati i 70 milioni come fondo per la disabilità 2023-2025, e i 20 milioni in più per la scuola dell’infanzia, che saranno incrementati a 40 milioni a partire dal 2024.

Il Ministero, ancora una volta, privilegia chi è già privilegiato, mentre la priorità dovrebbe essere il rifinanziamento dell’Istruzione pubblica statale, che si vede tagliare nuovamente le risorse. Ancora una volta si decide di stanziare dei fondi alle scuole private, tagliando ulteriormente su quelle pubbliche statali (le uniche previste dalla Costituzione come onere per lo Stato). Attraverso misure come il dimensionamento scolastico si faranno saltare circa 780 istituti su tutto il territorio nazionale, così da risparmiare sugli stipendi di altrettanti/e dirigenti scolastici e direttori/direttrici di segreteria (i DSGA), sebbene nella recente finanziaria vi sia stata una proroga di una anno che permetterà alle regioni di aumentare sino al 2,5% le autonomie scolastiche, permettendo di salvare circa 1854.

La quota di P.i.l. che il governo Meloni intende erogare all’istruzione passerà dal 4% del 2020, al 3,8% del 2025, per arrivare al 3,5% del 2030.

In termini assoluti si tratta di un taglio che si aggira attorno ai 4/5 miliardi di euro, che sarà difficile effettuare senza toccare il personale della scuola (insegnanti, dirigenti e A.T.A.) e il numero delle classi.

Verranno meno le risorse necessarie alla scuola statale per garantire un’“offerta formativa” inclusiva (nella neolingua scolastica ciò che dovrebbe far riferimento a percorsi di istruzione e formazione, di crescita ed emancipazione), assumere il personale attribuendo gli organici necessari, per ridurre il numero di alunni per classi (classi pollaio) e per il rinnovo del contratto collettivo nazionale.

In una situazione in cui la dispersione scolastica raggiunge il 14% (il 20 per cento in alcune zone del Meridione), gli edifici scolastici spesso non sono a norma, si sceglie di tagliare sempre più risorse alla scuola pubblica statale e di elargire ulteriori fondi alla scuola privata paritaria “non commerciale”.

È inaccettabile che i soldi pubblici vengano investiti per sostenere strutture private, venendo meno, ancora una volta, a quanto sostiene la Costituzione, all’articolo 33: “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.”

Il grande vulnus è tutto qui: istituire5 viene inteso come “fondare”, “creare”, ma una volta esistenti, istituite, le scuole private, secondo la nuova vulgata su ciò che è pubblico6, svolgono un pubblico servizio e ciò permette di destinare loro fondi statali (o meglio, fondi pubblici a privati che svolgono attività quali pubblici esercenti; non alla stregua di tabacchi, bar, centri scommesse, Internet point, …, bensì, trattandosi di scuola che offre un servizio di Istruzione e coprendo “meno del suo costo di esercizio con le rette delle famiglie”, allora è finanziabile una volta istituita7). Verrebbe da tener presente tutta la definizione dell’attuale normativa: «attività è svolta a titolo gratuito, ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione (sino ad un massimo del 50%8) del costo effettivo del servizio, tenuto anche conto dell’assenza di relazione con lo stesso». Attività svolta a titolo gratuito. Ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico. Che sia veramente così?


Riferimenti e note

NADEF-2023

 

5 Dall’Enciclopedia Treccani: istitüire (letter. institüire) v. tr. [dal lat. instituĕre, comp. di in1 e statuĕre «collocare»] (io istitüisco, tu istitüisci, ecc.). – 1. In genere, stabilire nell’uso, fondare, dare inizio a cose di pubblica utilità, o comunque d’importanza morale o sociale, destinate a durare stabilmente: i. una consuetudine, una norma; i. una festa, una cerimonia annuale; i. un organo politico, una commissione, un tribunale; i. un ordine religioso; i. una biblioteca, un’accademia, un ospedale; i. una scuola, una cattedra universitaria; i. un nuovo corpo militare; i. un premio, una borsa di studio. […]

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Pubblicato da: Cesp Veneto

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Il CESP, Centro Studi per la Scuola Pubblica di Padova, è nato nel luglio del 2004. In questi anni, oltre a promuovere dibattiti, presentazioni di libri, rassegne cinematografiche e spettacoli teatrali inerenti al mondo dell’istruzione, ha sviluppato decine di convegni sul territorio.

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