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La forma della guerra e la militarizzazione delle scuole

da | 6 Giu 2023 | Cesp, Discussione, Materiali, Osservatorio contro la guerra

 

Quello che segue è uno stralcio di un più ampio lavoro di Serena Tusini prodotto per L’OSSERVATORIO contro la militarizzazione, a cui come CESP del Veneto abbiamo aderito e del quale ci proponiamo di pubblicare i materiali, gli elaborati, le iniziative e le lotte. Il documento-contributo per esteso è posto in allegato.

La forma della guerra e la militarizzazione delle scuole

E c’è di più, perché, oltre e insieme a tutto questo, è necessario lavorare ulteriormente in profondità, è necessario cioè riattivare questi “valori” fondanti delle forze armate ed è proprio con questo obiettivo che la Difesa ha da tempo individuato nelle scuole un terreno da arare: a partire dalla scuola dell’infanzia fino agli Istituti Superiori non si contano gli interventi di esercito e forze dell’ordine; uomini e donne in divisa che vengono a contatto con bambin* e ragazz*, che si presentano sotto la faccia buonista, che mai accennano alla “mission” principale delle forze militari (la guerra), che a seconda delle età di riferimento fanno costruire cartelloni, parlano di Costituzione, esaltano il ruolo delle forze armate nelle guerre passate, ecc. La cultura della difesa attecchisce meglio in età e luoghi predisposti all’apprendimento e sono le stesse forze armate a pressare le scuole, ad avere un programma serrato di penetrazione, aiutate dallo stesso ministero o dagli uffici scolastici regionale e provinciali che premono sui presidi che a loro volta premono sui docenti. E così sempre più spesso assistiamo a scene degne del ventennio, con bambin* e ragazz* che, con la mano sul cuore, cantano l’inno nazionale alla cerimonia dell’alzabandiera attorniati da militari.

Da questo punto di vista il territorio della scuola si rivela strategico per respingere la cultura della difesa: come conciliare la funzione costituzionale e istituzionale della scuola pubblica italiana con la presenza al suo interno di militari e della cultura militare? Come conciliare i Piani dell’Offerta Formativa (e/o i Patti di corresponsabilità con le famiglie), che riportano sempre l’importanza della pace e dell’educazione alla pace, con attività “didattiche” svolte da militari? La contraddizione è talmente forte ed evidente che la scuola rappresenta un luogo privilegiato da cui contrastare la cultura della difesa: la scuola è molto importante per loro, ed altrettanto forte sarà la sua resistenza.

Ma se tutto questo non bastasse, c’è ancora un altro motivo, preciso, concreto, stringente per il quale la forma contemporanea della guerra ha bisogno delle nostre scuole.

Per comprenderlo occorre spostare l’attenzione sulle riforme che si stanno dispiegando in merito al reclutamento nelle forze armate, in particolare occorre attenzionare non solo le dichiarazioni di Meloni, La Russa e Crosetto che hanno cominciato a parlare pubblicamente di mini-naja volontaria, ma quello che normativamente è già stato prospettato dall’agosto 2022 con la legge 119 (votata da tutte le forze politiche: su 387 presenti, solo tre astenuti e nessun contrario), quella legge che rinvia di dieci anni la riduzione del numero delle varie forze armate in Italia che era prevista entro il 2024; in questa legge, che riforma in parte il reclutamento, sono previste delle deleghe al governo tra cui particolarmente importante l’articolo 9 c. d in cui si prevede la costituzione di una riserva ausiliaria dello stato, i cui contorni saranno appunto definiti per decreto che deve essere approvato entro 12 mesi, cioè entro agosto 2023. Vedremo il decreto, ma il progetto è chiaro ed è assimilabile a ciò che accade in altre nazioni dove non c’è la leva obbligatoria: si tratta di avere dei cittadini che non sono

a tempo pieno militari, ma che, dopo aver svolto un periodo di addestramento, tornano alla vita civile e vengono richiamati per un numero stabilito di giorni ogni anno; in caso di necessità questi cittadini hanno l’obbligo di leva (nessuna opinione pubblica potrebbe tollerare perdite umane se non su base volontaria) e per incentivare questo riserva ausiliaria sicuramente verranno inseriti vari incentivi (le anticipazioni di stampa rilasciate da La Russa parlano di “ punti per la maturità per tutti i tipi di scuola, una serie di incentivi per la laurea, come un esame in più o un vantaggio a livello di formazione e un punteggio aggiuntivo per tutti i concorsi pubblici”. Altre anticipazioni insistono su sgravi fiscali per i datori di lavoro e per i lavoratori stessi, vantaggi pensionistici, riserve posti di lavoro, ecc. Vedremo i dettagli, ma quello che è chiaro è che puntano a reclutare molti giovani, garantendo una formazione simile a quella scolastica o comunque spendibile sul mercato del lavoro, legandoli poi al richiamo sia per l’addestramento sia in caso di conflitto ( I militari della riserva hanno obblighi di servizio soltanto in tempo di guerra o di grave crisi internazionale1 ). E tutto questo impatterà in modo importante sulle scuole, soprattutto nelle zone del paese in cui più drammatica è la disoccupazione.

Ci aspettiamo dunque una forte implementazione della presenza dei militari nelle scuole italiane, sia verso bambin* (che evidentemente sin da piccoli devono sognare di fare i militari) che soprattutto verso i ragazzi e le ragazze delle scuole medie e superiori, vero bacino di reclutamento. Anche da questo punto di vista l’Ossservatorio contro la militarizzazione delle scuole è perfettamente posizionato per provare ad arginare questa pericolosissima invasione di campo.

Ma ci aspettiamo un’implementazione della presenza dei militari anche nelle strade e nelle piazze, nel tentativo di rilanciare con forza la positività delle forze armate secondo i dettami della cultura della difesa.

Crediamo però che, dopo trent’anni di neoliberismo, dopo che le popolazioni sono state abbandonate a se stesse da una politica di feroci privatizzazioni che hanno ingrassato i grandi e impoverito i medi e i piccoli, non sarà per loro facile centrare l’obiettivo di riavvicinare i cittadini a una patria, a una nazione che viene sempre più percepita come del tutto staccata dagli interessi materiali delle classi subalterne e sempre più espressione di lobby di potere con qualche differente coloro politico, ma sostanzialmente espressione dei medesimi interessi materiali.

Quali cittadini potranno seguire una nazione i cui rappresentanti sono ormai votati da poco più della metà degli aventi diritto e sono percepiti, giustamente, a una distanza siderale dai bisogni materiali della grande maggioranza? Il neoliberismo ha prodotto uno iato, sta facendo scricchiolare lo stesso modello di democrazia rappresentativa borghese; in questo iato i pacifisti devono sapersi inserire e lavorare affinché l’escalation militare sia fermata, affinché i guerrafondai che soffiano sul fuoco di una nuova guerra mondiale si sentano le spalle scoperte e temano che l’innesco di una guerra di proporzioni molto ampie possa far vacillare il precario piedistallo sul quale poggiano oggi le malate democrazie occidentali.

Serena Tusini
COBAS LA SPEZIA-MASSA CARRARA – Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole

Redazione

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